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Ci sono situazioni in cui è necessario spegnere tutto, resettare, arrestare il sistema, trovare gli errori e, infine, ripartire con ordine e pulizia.

Questa è la grande occasione di cambiamento offertaci dall’inchiesta “Patti & Affari”, al di là dei nomi coinvolti e dai risvolti giudiziari che da essa scaturiranno.

I nomi delle persone coinvolte interessano relativamente e già li conoscete, non ho neanche intenzione di alimentare il pettegolezzo sterile, no! Sono qui per ricordarvi – e ricordarci – che siamo animali sociali, che le nostre città sono la nostra casa (in grande sì, ma pur sempre la nostra casa) e come tale dobbiamo trattarle; così, come quando vediamo della polvere in casa e ci adoperiamo per toglierla, non è possibile nascondere la polvere delle nostre città sotto il tappeto ma è necessario trovarla ed eliminarla.

Non voglio neanche lanciarmi in spericolate accuse né fare prediche sull’etica e sulla morale perché, se nel corso degli anni si è creata questa situazione davvero riprovevole e imbarazzante per l’intero paese, la colpa è di tutti noi, non solo degli amministratori, anche di tutti noi elettori, di tutti noi cronisti, di tutti noi osservatori disattenti, di tutti noi indolenti, di tutti noi complici anche inconsapevolmente (che non è un’attenuante) di un sistema sbagliato; voglio semplicemente riflettere ad alta voce, insieme a voi, ed analizzare, elaborare questi dati che inquirenti e quotidiani riversano quotidianamente sulla nostra ingenua inconsapevolezza, scansionarli e comprendere i danni che questo “virus” ha causato al nostro “sistema”.

Qualche giorno prima che scoppiasse il caso, in un articolo intitolato “Welcome to hot august nights in Pattistock”, scrissi: “[..]anche nelle cose che sono piacevoli, esclusive, belle ed originali, si insinuano sacche di negatività che non sono lì per caso, che non è possibile ignorare, che non è neanche giusto ignorare, che sono lì perché è lì una certa forma mentis che, magari, non dovrebbe esserci. [..] so che abbiamo 12 chilometri di coste meravigliose fra sabbie, faraglioni, scogli, grotte, dune e laghi salati… ma anche questi 12 chilometri sono soli (e non solo per la mancanza di bagnini, strutture attrezzate e quant’altro). Anche le industrie presenti sul territorio sono sempre più sole ( le più importanti sono morte anzitempo e le nuove sono sempre più isolate e non decollano). Anche chi vuole e può fare è solo e da troppi decenni ormai chi ricopre ruoli di rilievo in questo paese non è all’altezza della situazione. Patti e Tindari sono il mio paese e quel che vedo, sento, leggo e non leggo non mi piace per niente”, bene, queste scarne riflessioni di qualche giorno fa valgono a maggior ragione adesso e, in parte, trovano una spiegazione in ciò che sta emergendo dall’inchiesta attuale.

Ma a cosa siamo di fronte? A qualcosa di poco grave, da minimizzare come ritengono alcuni? A fatti che riguardano solo le persone interessate come sostengono altri? Ad un polverone che si risolverà nel nulla come ripetono in molti? No! Siamo di fronte ad un sistema malato, a fatti che – per quanto la portata economica degli stessi sia limitata per via dei miseri avanzi che lo Stato e la Regione passano al nostro piccolo paese – sono gravi e che trascendono le responsabilità delle singole persone! Si tratta di un sistema infetto che cerca di estendere i suoi tentacoli su tutto ciò che tocca, dai servizi assistenziali e sociali alle sagre del pesce, dalle scuole all’assegnazione delle case popolari passando persino dalle colonie estive in spiaggia solo per mantenerci in tema con l’inchiesta. Commentando sui social, paragonai questa situazione a quella venutasi a creare nella capitale e ribattezzata “Mafia Capitale”, perché, fatte le dovute proporzioni, il sistema è identico, medesimi gli interessi ed uguali i settori su cui personaggi di malaffare, politicanti in cerca di voti e potere, imprenditori senza scrupoli, intrallazzieri e traffichini di ogni risma mettevano le loro mani; anche in questo caso mi fu detto che esageravo, che questi nostri sono solo ruba galline. Beh, certo, se prendiamo in considerazione solo l’aspetto economico – dove i nostri “eroi” ( alcuni – molti – consiglieri, alcuni assessori ed ex assessori, alcuni funzionari etc.) si accapigliavano fra loro anche per ottenere un proprio nominativo favorito per un impiego di 15 giorni per delle colonie estive e per un importo di circa 250 euro – la vicenda potrebbe essere scambiata per una tragicommedia; in realtà le ripercussioni etiche e morali di questi intrallazzi sono tutt’altro che risibili e hanno esiti infausti su tutta la nostra società, considerando anche che si va a speculare sui bisogni elementari delle fasce di popolazione più bisognose di attenzioni, quali poveri, anziani, bambini, disabili. Sui bisogni di tutta questa gente si sarebbe costruito un sistema per ottenere consensi (voti!), incarichi (appalti!), potere, e, in un caso, sembrerebbe, persino favori sessuali.

No, davvero tutto questo non lo possiamo accettare! Dobbiamo trovare il coraggio di aprire gli occhi quantomeno, di cambiare le cose, di indignarci veramente per una buona volta e di agire, ognuno per quel che può e sa, per arrestare questa corsa al fondo del fondo del fondo del pozzo nero che è ormai diventato l’intero sistema Italia, Patti inclusa a pieno titolo.

Ma è possibile mai che debba vedere, invece, che si pensi solo all’immagine ed al buon nome del paese? E’ possibile mai che una certa stampa preferisca ancora una volta mettere la testa sotto la sabbia e andare a caccia non dei fatti o della verità, non dei principali responsabili di questa situazione (perché se è vero come è vero che siamo sempre tutti coinvolti, c’è anche una bella classifica delle responsabilità e c’è chi è ai vertici di questo sistema, di questa società corrotta), ma di coloro che “parlano sempre male di Patti”, di coloro che “buttano fango su Patti”? D’accordo, siamo tutti garantisti, sappiamo tutti cosa siano e a cose servano gli avvisi di garanzia (46 indagati) d’accordo torniamo adesso dalle vacanze (per chi le ha potute fare) e tutti dobbiamo attendere le conclusioni dei magistrati (anche se va ricordato che, oltre a quelle respinte, sono 7 le misure cautelari già approvate dal GIP con ben 4 arresti domiciliari, 2 sospensioni dai pubblici uffici ed 1 divieto di dimora nel comune di residenza!), ma è cosa dell’altro mondo far finta di niente, prendersela con chi cerca di fare un punto e rimandare una riflessione urgente e necessaria sulle tante, troppe, zone d’ombra che avvolgono questa nostra pur bella (non dico ridente) cittadina. Patti non è un’isola felice, che nessuno cada dalle nuvole, Patti ed il suo circondario fanno parte di un sistema più complesso e anche qui si replicano (sempre con le dovute proporzioni) gli stessi schemi che ritroviamo altrove. Dire che è tutto bello e che tutto va bene e che siamo la terza città della ormai ex provincia di Messina non cambia affatto le cose e, anzi, serve ad intorpidire le coscienze. Minimizzare le cose, scagliarsi contro chi parla chiaro, è rendersi attivamente complici di un sistema malato (anche se capisco che non tutti riescano ad elaborare questi concetti un po’ più complicati del normale).

Posso capire l’esigenza di credere che si viva in un’oasi di pace e serenità, di giustizia e cortesia, capisco anche l’esigenza di un lavoro, di una casa… ma non a tutti i costi, non a tutti i costi! Il lavoro è pane, è dignità, è libertà, sì, ma solo fin quando non si scende a compromessi; finché non ci si umilia per chiedere il favore al solito politicante di turno che poi utilizzerà questo bisogno – e, di conseguenza, questa persona bisognosa – per il proprio tornaconto, che se ne servirà per controllarla e per ottenere più potere. Il lavoro ottenuto tramite raccomandazione e non per propri meriti e in base ai propri mezzi e possibilità non ha nulla di dignitoso perché toglie libertà, anche quando non sembra, anche quando ci si fa raccomandare da un parente! Capisco che l’essere liberi e fedeli ai propri principi (quelli che dovrebbero essere naturali, insiti in ognuno di noi) ha un costo, così come ha un costo, anche notevole, riflettere prima di agire, fermarsi a pensare che forse certe cose che riteniamo indispensabili in realtà non lo siano affatto ha un costo, non avere nulla da chiedere a nessuno ha un costo, un costo che non tutti purtroppo possono o hanno la forza di pagare, costo che si paga in antipatie striscianti, in un certo quale isolamento, in mancanza di serie opportunità lavorative (nel senso di stabili e ben remunerate in base alle proprie competenze e capacità) e tante altre cosucce antipatiche che in molti sicuramente conoscono. Ma anche essere tutto questo, essere di sani principi – come si diceva una volta – non può essere più sufficiente. Anch’io, come certamente un elevato numero di concittadini, sono una persona libera, mai scesa a compromessi con questo falso potere che riesce ad ingabbiarti solo se sei tu a volere entrare in gabbia, anch’io, come tanti, posso permettermi di pensare e scrivere ciò che voglio (ivi compresa la presente riflessione), tuttavia sento prepotente il senso di colpa e la necessità di chiedere scusa a me stesso in primis ed anche ai miei concittadini, perché, nella mia veste di cronista lato sensu, non ho saputo osservare con sufficiente attenzione la realtà che mi circonda, perché non ho capito fino in fondo a che punto di bassezza si è arrivati, perché ho smesso di seguire con assiduità il consiglio comunale e le varie dinamiche amministrative, stufo di sentire ore ed ore di nulla che si traducevano sempre in una nullità dei fatti (sopratutto per quelli per i quali non c’era il basso interesse utilitaristico di qualcuno dei tanti o di tutti i politicanti insieme), ritrovandomi così fagocitato anch’io nell’ignavia dei tanti scribacchini e pennivendoli che infestano edicole e siti internet del nostro comprensorio.

Leggendo le carte, con un minimo di sale in zucca, si riesce a capire perché certe cose vengono fatte e perché vengono fatte in un certo modo, non occorre essere dei geni ma serve attenzione e costanza, quella che, in mancanza d’altri, avrei dovuto avere io. Per questo mi scuso e per essermi ad un certo punto stancato di dover sempre “parlare male” del paesello in solitudine e nel dileggio di quelli che, chissà come (in Italia, paese di Santi e naviganti, i miracoli accadono) si ritrovano con un pezzo di carta rettangolare, un tesserino, che li qualifica quali giornalisti (anche quando magari non sanno mettere insieme non dico una frase ma due parole accostate correttamente) e per essermi dedicato a cose certamente più frivole.

Tale senso di colpa dovrebbe essere provato da tutti credo, in particolar modo coloro che sono direttamente legati a queste vicende e che invece di chiedere scusa mettono le mani avanti e proclamano la loro innocenza. Ripeto, a prescindere dagli esiti della vicenda giudiziaria, il quadro che ne emerge è davvero squallido e giustificarsi o trovare delle giustificazioni plausibili non è più tollerabile (che le raccomandazioni esistano da sempre, che le combine siano all’ordine del giorno non è cosa nuova ma tutto questo non può essere un alibi, sopratutto perché le vittime sono sempre le persone più deboli).

Parliamo dell’intero settore sociale gestito dal nostro comune; assistenza domiciliare agli anziani e d ai disabili, assistenza educativa ai minori, colonie estive, assistenza igienico – sanitaria per le scuole, telesoccorso e in tutto questo non c’è proprio nulla di banale! Parliamo di intercettazioni telefoniche ed ambientali raccolte dal 2011 al 2013, figlie casuali della precedente e collegata inchiesta “Fake” e di ben 480 pagine di ordinanza applicativa di misura cautelare, non di aria fritta.

Quel che è peggio è che siamo passati da una poderosa richiesta di cambiamento emersa durante le elezioni amministrative del 2011 ad uno scenario tipicamente gattopardesco; dove sembrerebbe, in una cera misura, che il “nuovo” si sia appropriato degli stessi sistemi, degli stessi meccanismi, del “vecchio” con l’ausilio dei medesimi personaggi nei medesimi uffici (pronti ad esperire pratiche e bandi con ogni accorgimento del caso) e dove il “vecchio” avrebbe comunque (benché teoricamente sconfitto e fuori dai “giochi”) continuato ad agire indisturbato in virtù di favori presumibilmente elargiti (richiamo qui il “comandamento” proposto in copertina: <<Tu devi favorire gli amici, quelli che ti possono salvare la pelle.>>) durante il suo corso.

Ma torniamo a ragionare insieme, se queste cose sono emerse dal 2011 in poi, a seguito di “Fake” e del nuovo ramo “Patti & Affari”, cosa avremmo trovato scavando negli “affari” degli anni precedenti? Cosa negli anni in cui, presumibilmente, circolavano più denari? Perché non si riesce ad allontanare – concretamente intendo e non solo sulla carta – dalle attività politiche persone che per decenni hanno dominato la cosa pubblica portandoci alle attuali circostanze? (Qui a dover riflettere di più credo che sia una particolare area dell’attuale opposizione). Tutto questo noi non lo sappiamo ed io ho il legittimo timore che le cose che non sappiamo possano essere decisamente più sostanziose. Se penso a tutto ciò di cui non siamo a conoscenza mi viene la febbre; mi viene la febbre pensando a chi e cosa, a quali interessi possano celarsi dietro a quelli che qualcuno ha definito “ladri di polli”. Mi viene la febbre al solo pensiero di come vengano gestiti tutti gli altri settori dell’Amministrazione (senza per questo voler fare di tutta l’erba un fascio s’intende, ma la riflessione è più che legittima!), dai lavori pubblici alla pianificazione urbana, dall’ambiente alle attività produttive, dalla pubblica istruzione all’edilizia scolastica etc. etc. Mi viene la febbre al pensiero che, mettendo piede fuori città ed andando in giro per le altre città del comprensorio, quando si parla di Patti la gente lo percepisca spesso come un paese dall’indole massonica.

Magistratura e Polizia di Stato hanno reso in questi anni un grande servigio al nostro paese, questo è innegabile come è innegabile l’abnegazione di uomini e donne appartenenti a questi organi dello Stato che, per il loro operato, hanno ottenuto meritati riconoscimenti ed encomi. Tuttavia – per una serie di considerazioni banali ma evidenti che riguardano le lungaggini burocratiche, la perenne carenza di personale, la “cultura” di una determinata popolazione ed altre cosucce di pertinenza della morale e dell’etica con le quali non starò qui a tediarvi – logica vorrebbe che a vigilare dovremmo essere in prima istanza noi tutti; certamente non ho ricette vincenti e nemmeno consigli utili, solo riflessioni da proporre. Non dico che si debba creare un clima di sospetto, per carità, ma si dovrebbe prestare maggiore attenzione ai gruppi politici di cui si fa parte ad esempio, osservarne accuratamente dinamiche ed interessi prima di aderirvi, conoscerne i referenti e la loro storia. Converrete con me che siamo sempre stati un po’ refrattari alla vita politica del nostro paese – vuoi per disinteresse verso tutto ciò che è pubblico, vuoi perché si ritiene che una volta delegato il politico di proprio gradimento il proprio ruolo sociopolitico sia assolto, vuoi perché spesso non riusciamo a guardare più in là del nostro orticello, vuoi per convenienza o per incapacità di comprendere etc. – ma questa nostra indole ha fatto si che, nel tempo, si venisse a formare una koinè politichese di gruppi d’interesse statici, sempre uguale, con ricambi quasi sempre provenienti dall’interno dei gruppi stessi ( da quella cioè che, con termine inflazionato, potremmo definire “casta”). Questa koinè, che parla la stessa lingua, che utilizza gli stessi codici che per noi, ormai, risultano oscuri, ha anche degli interessi in comune che solo superficialmente sembrano divergere; passati alla storia da tempo i “valori” e gli “ideali” politici, sembrerebbe che anche i concetti stessi di “maggioranza” ed “opposizione” abbiano perso vigore e valore, livellandosi sull’unico metro del “consenso” che genera “potere”. Cosa si può fare? Beh, facile a dirsi ma difficile ad applicarsi temo. Si potrebbe tentare di scardinare questa “koinè” iniziando col privarla delle sue “parole chiave”, ossia, appunto, “consenso” e “potere”, sorvegliarne l’operato e costringere i vari “gruppi” a svolgere realmente il proprio mandato, metterli, de facto, sub iudice seguendoli passo dopo passo, chiedendo conto di ogni scelta e decisione, anche con ostinazione e pur rischiando di essere assillanti. Si potrebbe cercare di spezzare le catene forgiate da questi gruppi con le classiche promesse di lavoro, di una casa etc. magari istruendosi di più e con qualche sacrificio personale che sarà ripagato certamente in leggerezza d’animo. Nelle piazze e nei locali i capannelli sono sempre gli stessi, basterebbe forse semplicemente evitarli ed evitare di omaggiarli con saluti e riverenze e, sopratutto, di porgere richieste a tali soggetti. Forse potrebbe bastare una mano sulla coscienza (ma qui dalla riflessione ci immettiamo nella strada dell’utopia temo) e dire no! Dire no a chi ci propone “lavoretti” per l’estate a 250 euro perché magari ha l’aggancio con chi può assumere, dire no a chi propone scorciatoie per case popolari o lavori socialmente utili, perché se vi toccano, è un vostro diritto, se è un vostro diritto non dovrete alcun favore, se non è vostro diritto avere queste cose, allora bisognerebbe riflettere sul danno che si fa ad altri che magari ce l’hanno, se è vostro diritto e questi soggetti non vi prendono in considerazione, la via migliore non è quella di cedere alle contingenze del momento ed alle proposte, ma quella di stringere i denti, fare le cose secondo coscienza e secondo la legge ed aspettare che chi ha il dovere di controllare lo faccia, magari grazie alla vostra collaborazione. Le scorciatoie nascondono spesso insidie e non è retorica. Delle volte è necessario saper dire di no! Di veri bisognosi d’altra parte non credo che ce ne siano veramente; i veri bisogni elementari sono quelli della fame, della sete, del riposo e della salute, tutto il resto è un di più; non ci si lava la coscienza pensando che se si accetta il ricatto morale della raccomandazione lo si fa per bisogno, no, non è così! Pane, acqua ed un letto non credo manchino qui a Patti, vestiti firmati, borse, cellulari, pizze con gli amici, discoteca etc. possono attendere. Disinteressandoci della politica nel suo senso più alto, ci siamo disinteressati ai valori reali, dando spazio invece agli istinti ed alla contingenza. Queste sono le cose che dovremmo pensare sempre prima di agire, questi i discorsi che dovremmo farci, a qualsiasi ceto sociale apparteniamo e qualsiasi posizione rivestiamo. Questi sono i ragionamenti che prima di noi comuni cittadini dovrebbero farsi coloro che governano e amministrano le città del nostro comprensorio, coloro che sovraintendono e coloro che dovrebbero controllare, questi i discorsi che dovrebbero farsi sindaci, assessori, consiglieri, funzionari, raccomandati, imprenditori stessi e quant’altro prima di agire. Anche coloro che hanno già sbagliato potrebbero farsi queste riflessioni invece di mettere le mani avanti (magari affrettandosi a stilare comunicati coi quali si professa innocenza ed inconsapevolezza); potrebbero magari riparare a qualche svista, a qualche torto, chiedere scusa se ci fosse da chiedere scusa a qualcuno, fare un passo indietro, avere la forza di dire no (no!) alle seduzioni del consenso e del potere, dei patti e degli affari (o del malaffare), dire no ai capannelli, dire no ai sodalizi, dire no ad un sistema di schiavi e schiavisti che si contorce su sé stesso, dire no alla prigionia nel “campo di lavoro”, dove il lavoro non rende per niente liberi (né il carceriere né il carcerato).

C’è poi chi ha paura delle intercettazioni magari per un malinteso senso della privacy o per paura di regimi anti-democratici retaggio di un passato non troppo lontano. Certamente possono essere perplessità legittime, eppure anche in questo caso bisognerebbe magari fidarsi o affidarsi un po’ di più delle o alle strutture preposte al controllo; d’altra parte chi ha la coscienza pulita non può temere torti (che non rimarrebbero impuniti per sempre), incomprensioni, accanimenti e cose simili. D’altra parte tutto quello che è venuto alla luce è venuto fuori proprio grazie a delle riflessioni di privati cittadini che chiedevano venisse fatta luce su determinate dinamiche della pubblica amministrazione, fatte a voce alta (pubblicamente) sul tanto vituperato social network facebook, quindi più si riflette, più si pensa, più si ha un peso concreto, più si dà modo di portare a galla ciò che c’è nell’ombra.

Bisognerebbe infine insistere sulla trasparenza degli atti amministravi, sulla partecipazione diretta e sul controllo. Magari ognuno di noi potrebbe provare di più a richiedere documenti degli atti di pubblico interesse, magari ognuno di noi potrebbe partecipare di più alla vita pubblica piuttosto che allontanarsene sdegnosamente. Magari i consigli comunali potrebbero essere più trasparenti, più concisi e più diretti durante la discussione dei punti all’ordine del giorno, per evitare fiumi di parole inutili e battibecchi di facciata, magari le commissioni potrebbero essere aperte a tutti e trasparenti, magari gli uffici potrebbero produrre i documenti richiesti dai cittadini nei termini regolamentari, magari si potrebbe evitare di votare per l’amico o il parente che non si ritiene all’altezza del compito a posto di dare un voto obbligato, magari si potrebbe tenere a mente che amministrare significa amministrare e non comandare e che il “potere” nasconde mille insidie anche per le persone più integre e rette e che mai andrebbe abbassata la guardia… magari si potrebbero fare tante cose, forse la prima di tutte è quella di essere più onesti verso noi stessi e verso gli altri, tenendo a mente che la cosa giusta dovrebbe venire sempre prima di quella utile e che la cosa giusta è tanto più giusta quanto più giusta è per la collettività.

Dopo tante, forse eccessive, riflessioni, è ora tempo di concludere con delle speranze, che sono quelle di un cambiamento di rotta vero (fatto da gente che non voglia prendere il posto di chi l’ha preceduta), e con dei sogni, che possono essere quelli di un paese che sia il paese della trasparenza e della partecipazione piuttosto che dei “servizi”, della rettitudine, del rispetto e dell’integrità morale più che della “cultura”.