di Antonella Cavallaro.
Pare che Sciacca abbia origini molto antiche, ed era popolata nel periodo preistorico sul monte Cronio. Inoltre secondo un’antica leggenda sull’origine della città, circa 3000 anni fa attorno all’anno 1000 a.C., Dedalo per sfuggire a Minosse che lo voleva morto, sbarcò sulle coste della Sicilia occidentale ad Ingo e fu accolto dal re Sicano Cocalo. Sul Monte Cronio Dedalo impiantò i bagni a vapore (le stufe di San Calogero) e costruì per il re il castello di Camico su una cima difficilmente accessibile.
Inoltre sembra che vi fossero scambi commerciali con l’Africa e che da Sciacca passarono anche i Fenici. Durante il periodo romano il monte San Calogero fu un luogo di culto dedicato al Dio Saturno. Sciacca possiede una flotta di pescherecci che era seconda in Sicilia dopo Mazara del Vallo. La pesca più praticata è quella del pesce azzurro che viene conservato sotto sale.
La produzione di ceramica a Sciacca ebbe invece inizio nel XIV secolo e la città possiede molti maestri ceramisti. La città fu anche chiamata granaio di Sicilia per la presenza del caricatore, una grotta per l’ammasso delle granaglie. È la più antica città termale della Sicilia per le sue acque sulfuree dalle proprietà terapeutiche.
Da una scalinata si arriva all’immensa piazza Angelo Scandaliati, con balcone panoramico sul porto, dove numerosi pennuti cinguettanti trovano riparo dal caldo, fra le fronde degli alberi che delimitano la piazza. Proseguendo si arriva subito al Duomo intitolato a S.S.Maria del Soccorso patrona di Sciacca, la cui costruzione risale al 1108 per volontà di Giulietta la Normanna, figlia del conte Ruggero.
Interessante la visita alla Casa Museo Francesco Scaglione, un’appassionato collezionista di ceramiche, tele e manufatti antichi di inestimabile valore, la cui volontà fu quella che la sua casa diventasse proprio un museo.
Un capitolo a parte merita il museo Nocito del corallo, che è stato una vera scoperta. L’oro rosso di Sciacca è conosciuto in tutto il mondo: grossi banchi di corallo scoperti fortuitamente da un pescatore hanno portato grande ricchezza alla città di Sciacca, che ebbe un aumento straordinario della sua popolazione. Si può ripercorrere tutta la storia attraverso il racconto del papà di Laura e Mario, discendenti dei Nocito, gioiellieri ed orafi da quattro generazioni.
Laura come direttrice artistica della sua azienda è stata insignita di recente a Venezia del titolo di Maestro d’Arte e Mestiere ed iscritta al libro d’oro dei tesori immateriali d’Italia. L’ingegnere Giuseppe attraverso stampe gioielli e antichi coralli ci porta con un coinvolgente racconto a scoprire la storia dell’oro rosso di Sciacca.
Affascinante il racconto documentato da stampe antiche di un vulcano sommerso, che improvvisamente emerse nel 1831 a seguito di un’eruzione sottomarina e dopo potenti scosse sismiche. Il grande stupore quando all’improvviso colonne di fumo, fiamme e lava furono avvistate da navi di passaggio in mezzo al mare. L’isola Ferdinandea lunga circa 4 km creò una disputa internazionale per averne il possesso, in quanto si trovava in un punto strategico del Mar Mediterraneo.
Gli inglesi la chiamarono isola di Graham e piantarono la bandiera inglese. In seguito la Francia la ribattezzò come isola Iulia, perché comparve nel mese di luglio e innalzarono la bandiera francese. E infine il re Ferdinando II, vedendo l’interesse delle altre nazioni per l’isola, inviò il capitano Corrao che piantò la bandiera borbonica e la battezzò col nome di Ferdinandea in onore del sovrano. Questa nasceva su un territorio che faceva parte del Regno delle Due Sicilie. Ma essendo l’isola composta prevalentemente da tefrite, che è un materiale roccioso eruttivo ed erodibile dalle onde, questa scomparve definitivamente nel gennaio del 1832.
Una descrizione parziale la mia in quanto molti altri tesori custodisce la città di Sciacca. Sicuramente tornerò a scoprirli presto e vi racconterò.
(Testo e foto di Antonella Cavallaro)