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Dallo sconquasso alla rigenerazione, lungo un percorso catartico in cui mito, storia e memoria collettiva si fondono per dare vita ad un viaggio epico verso la rinascita. L’ottava edizione di Tyndaris Augustea, manifestazione ideata nel 2018 dalla direttrice artistica Anna Ricciardi e co-prodotta dal Parco Archeologico di Tindari (diretto dall’arch. Giuseppe Natoli) e dalla Proloco di Patti (presieduta da Nino Milone), piomba sulle rovine del sito archeologico come un vero “terraemotus”, trascinando il pubblico in un’esperienza immersiva, in un rito collettivo di salvezza.

In scena tre performance – Vulcanalia, Terraemotus, Medea – costruite sulla formula del site-specific e accomunate dal tema centrale della catastrofe, intesa non solo alla stregua di terremoto fisico ma anche come scossa dell’anima: metafora di tutto ciò che smuove e impaurisce, ma che sottende ad ogni transizione e ad ogni forma di catarsi. Le Insulae VII e VIII, la Cisterna e il Teatro greco assurgono così ad epicentri emozionali, da cui si dipanano storie di tradimenti e di conflitti, ma anche di passioni e di rinascita spirituale, in una risalita, fisica e ideale, che dalle aree sottostanti del sito conduce alla sommità del teatro. “Se rimanete vivi tra i morti, il vostro destino è tenervi in piedi in un mondo di rovine”: l’incipit di Giano, dio delle porte e dei passaggi, che simboleggia il cambiamento e le transizioni, sintetizza compiutamente il canovaccio di una delle più fortunate edizioni di “Tyndaris Augustea”.

Ipnotica la danza rituale del fuoco eseguita della magnetica Gemma Lo Bianco, che con la perfomance “Vulcanalia” ha segnato i momenti cruciali dell’intera piece. In “Terraemotus”, seconda performance in programma, Elio Crifò (Giano), Luca Fiorino (il Decurione) e Gabriella Casali (Demetra) hanno restituito, con delicatezza e impeto, una straordinaria forza espressiva al testo rielaborato e tratto da Plinio e Croci. In chiusura Medea di Euripide (traduzione del prof. Filippo Amoroso), in scena al teatro greco per la regia di Carlo Emilio Lerici, con uno strepitoso Edoardo Siravo (Giasone) e una passionale Franceca Bianco (Medea), capaci di interpretare con straordinaria intensità la profondità dei conflitti umani.

Così com’è iniziata, la Tyndaris Augustea si chiude con un boato: non più quello del terremoto, ma degli applausi a scena aperta per un’edizione che segna il record di presenze. Ancora una volta l’area archeologica è stata saggiamente utilizzata come scenografia naturale, in cui gli attori si sono mossi in un costante dialogo con l’ambiente circostante, grazie anche alla scenografia mobile che ha accompagnato la rievocazione del terremoto che colpì la città di Tindari nel IV secolo a.C.. L’installazione, dal titolo “Motus”, è stata realizzata da Davide Motta, con Federica Mercuri, Chiara Corsetti e Martina Cristaudo (foto di Alessandra Antonini) del Sicily Lab diretto dal prof. Antonino Saggio. Sapiente anche l’allestimento delle luci (Antonio Barone e Salvo Barone) e la cura dei costumi (Francesca Pipi). Insostituibile, infine, l’impegno di tutti i collaboratori e i volontari della Proloco di Patti. Nell’ambito dell’ottava edizione di Tyndaris Augustea, gli spettatori hanno anche avuto l’occasione di visitare la mostra multimediale “Sguardi incisivi, Visioni digitali” di Andrea Di Santo e Michele Fasolo.