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di Alfredo Anselmo. 

La Sicilia più bella e vera, quella che porta avanti gli ideali di onestà e giustizia, oggi gioisce perché un proprio Figlio diventa Beato: il giudice Rosario Livatino, barbaramente ucciso dalla mafia nel lontano 1991, fa un importante passo verso l’elevazione agli Altari in una data che non è casuale, infatti proprio proprio il 9 maggio del 1993 l’allora Papa Giovanni Paolo II, divenuto poi Santo, nella Valle dei Templi, rivolse il suo invito perentorio ai mafiosi: «Convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!».

E sarà la Cattedrale di San Gerlando di Agrigento il teatro della Solenne Celebrazione di Beatificazione, presieduta dal Card. Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, alla quale saranno ammessi 200 invitati, mentre tutta Italia potrà seguire l’evento nelle dirette di Raiuno e di Tv2000 a partire dalle ore 10.00.

Un reperto diventa Reliquia: fa una certa impressione, fa venire i brividi la presenza in Cattedrale, esposta in una teca trasparente, della camicia rossa di sangue che Livatino indossava quella maledetta mattina quando dalla sua Canicattì, dove viveva insieme ai genitori, si stava recando al Tribunale di Agrigento con la propria Fiesta e fu speronato dalle auto dei killer, inseguito in un campo adiacente nella sua ultima fuga, raggiunto e ‘sparato’ a bruciapelo. “Picciotti, che cosa vi ho fatto?” le sue ultime parole.

All’epoca lo conoscevano in pochi questo giovane magistrato che divenne noto da morto con l’appellativo a nostro parere riduttivo ed ingiusto di ‘giudice ragazzino’. Livatino non aveva neanche 40 anni ma era portatore di una grande saggezza sin da adolescente. Un laico fedele e innamorato di Dio, che tutte le mattine, all’insaputa di tanti, si recava a pregare nel Santuario di San Giuseppe, attiguo al Tribunale.

Lo conoscevano bene i mafiosi, gli ‘stiddari’ ai quali aveva osato toccare la ‘robba’ ovvero i soldi, cosa nuova per quei tempi. E lui, il «santocchio» come lo chiamavano in modo dispregiativo, proprio per la sua frequentazione della Chiesa, era totalmente irriducibile a tentativi di corruzione proprio a motivo del suo essere cattolico praticante.

Papa Francesco ha definito il magistrato “un esempio luminoso di come la fede possa esprimersi compiutamente nel servizio alla comunità civile e alle sue leggi; e di come l’obbedienza alla Chiesa possa coniugarsi con l’obbedienza allo Stato, in particolare con il ministero, delicato e importante, di far rispettare e applicare la legge».

Il regista Salvatore Presti, già Assessore alla Cultura al comune di Milazzo, alcuni anni addietro ha dedicato alla figura di Rosario Livatino un bellissimo docu-film dal titolo “Luce Verticale” che legge il giudice da un punto di vista sicuramente nuovo e non scontato, sviscerandone senza preconcetti il vissuto attraverso i volti e le voci di quanti lo hanno amato e conosciuto. Una vita “normale” ma al tempo stesso con qualcosa di speciale. Un non detto da cui pulsavano, inspiegabilmente, lampi di una Bellezza non immediatamente raccontabile.

Oggi, in questa domenica in cui si festeggiano le mamme ma anche l’Europa, nella quale ricordiamo un altro grande siciliano ucciso dalla mafia, Peppino Impastato, volgiamo tutti lo sguardo verso la bella Agrigento… guardiamo all’esempio di vita del giudice Rosario Angelo Livatino che diventa Beato. Possa essere per ciascuno di noi un faro che illumina il percorso delle nostre vite, Lui non è stato un eroe, solamente una persona onesta, corretta, con la schiena dritta, che ha fatto il proprio dovere. Facile a dirsi… un po’ più complicato a farsi. 

Oggi è un giorno di festa, gioiamo insieme alla Chiesa per il dono che ci è stato dato dal Signore… il Beato Rosario Livatino.