Condividi:

Riceviamo e pubblichiamo un poemetto inedito scritto dal Prof. Carmelo Aliberti che ringraziamo per il suo impegno costante in ambito culturale.

 

TRA IL BENE E IL MALE

 

Miei dolcissimi Piccini,

oggi è il nonno che vi scrive

e con questa pagina gocciolante d’amore,

mentre il seme della catastrofe

gira l’angolo abbracciato alla bora

ed io avvelenato vi sorrido

per distrarvi dallo sguardo

delle sequenze di immagini spettrali

che i telegiornali e le rassegne stampa

ci propinano come medicine curative

e invece sconvolgono la mente

e l’ingenuo cuore  popolare,

lasciandoci sgomenti

e vorticanti sulla cima delle scale

in vertiginosi capogiri di paure

ingolfate in desertici pensieri,

che  inchiodano al dubbio doloroso

se scendere, salire o rimanere

sull’orlo delle ombre delle scale

che io mi sforzo a trattenere

per impedirvi di vederle in fondo

perché la ferita potrebbe insanguinare

del tutto corpo e anima,

a tutti noi,a voi,

che avete ridato forza alla mia fine.

Prima della scalata  alle alte cime

Illuminate dal cielo cristallino,

vorrei ancora sostare accanto a voi

per donarvi lunghi attimi di gioia,

raccontandovi  fiabe a lieto fine

e rivelarvi che il mostro in agguato

nel cuore,nel sangue e nei pensieri

è stato abbattuto dagli strali mortali

del piccolo David, eroe minuscolo

degli eroi sul pianeta

e di altre pargole vite, come voi

che con giochi  simulati al nascondino

o con altre dinamiche invenzioni mobili

riuscite a stimolare ancora

giorni di festa tra di noi.

Mentre trascorriamo ore liete

Accucciati vicini e attenti al nitore

di acrobazie intelligenti

io imparo dalle capriole

della vostra luminosa mente

e mi illumino  di gioia,

quando chiedete di scrivere

i vostri desideri di doni natalizi

a Babbo Natale  sotto l’albero

o accanto alla capanna del Bambino

tremante sulla paglia per il gelo.

Spesso volete sentire la storia

di Babbo Natale e del bambino

ed io non so come

spiegarvi con chiarezza

che Giuseppe è il padre putativo.

Del Bambino che ride sulla paglia.

Per voi Dio è  parola incomprensibile

ed io forse potrò essere più chiaro

quando torneremo ad essere vicini

nella città dell’eterna armonia

nella dimora d’oro del grande Padre,

sempre in attesa sulla soglia

con un concerto di Angeli

che sventolano trecce di ulivo

come fratelli nel suo caldo nido,

e parlerete con un Bambino tremante

sulla paglia che  riscalderete

con il fiato di domande affettuose

e nel dialogo ci farete sentire

il sentimento di essere fratelli.

Beato sarà quel giorno assai lontano,

sarà il primo della  Gioia vera

quando potremo cancellare

le stimmate che ci hanno angosciato

nel fango insanguinato della terra.

2 )

Ci hanno  estirpato dalle  labbra spente

mentre seduti sul pavimento sorridenti

impegnati nei segreti  dialoghi

di Mascia e Orso sincronici nel gioco

come veri fratelli,

e magiche esultanze vibrano

nel dolce suono della vostra voce

che ripete  lezioni di affetti familiari

ai suoi scolari immersi nei sogni amici

e di reciproco soccorso contro i lupi affamati

più spontaneo del gelido egoismo

della sterpaglia  umana.

Un boato di fuoco esplode

sulle nostre labbra assiderate

e il ciclone d’agosto ci ridesta alla vita

inchiodati stupefatti e pronti

ad accarezzarvi gli occhi sorridenti.

3)

Il mio giorno che incomincia ad annottare

mi trattiene ancora sul ciglio del tramonto

per portarmi dentro la notte buia

l’incanto eterno dei vostri cinguettii.

Se la luce del giorno occhieggerà ancora

dietro i rami velati dei cipressi

sarà il più bel regalo ai nostri anni

che vedono solo scorrere la vita

nei laghi limpidi delle vostre ciglia

balbettanti di luce e di speranza.

Festeggerete ancora con papà e mamma

i  compleanni, e noi vi saremo lieti accanto

mentre soffiate sulle candeline

gli anni che scorrono e si disperdono

con la  fiamma che cerca  nell’aria

i vostri  sogni.

Noi saremo già  illuminati

dentro la stella polare,dopo la partenza

dal pianeta popolato non più da uomini

ma da bruti, che ci hanno strappato

dagli occhi e dalla gola

il germe del sorriso, che dolcemente

vi accoglieva con la parola Gioia

quando uscivate rossi di allegria

stringendovi la mano,e correvate

insieme tra le mie aperte braccia

mentre io sussurravo bisbigli d’amore

per voi con il cuore avido di tenerezza:

e tornavamo in fretta dalla mamma

che era in attesa ansiosa sulla soglia

per trattenervi nelle sue calde braccia

che illuminavano di eterna primavera

anche i plumbei giorni dell’inverno.

Ci hanno tolto la gioia di morire

tra la dolcezza dei vostri sguardi

addolciti dalle nostre carezze

 

4)

Ci hanno relegati come bruti

nel ghetto dei relitti umani

in pasto agli avvoltoi e alle iene

con la soluzione finale dei tiranni.

Ci  hanno ridotto a un lume spento

con il viso stremato negli escrementi

dei cani dei potenti che tappezzano

le vie  di cadaveri truciolati

lentamente da vermi puzzolenti..

I farisei e i pubblicani  profanano

ancora le porte del Tempio con tappeti d’oro

e nell’agorà vendono bugie edulcorate

per proseguire a torturare con.soprusi

violente bestemmie e rappresaglie

nel retrobottega  del sacrario

il libero pensiero di chi vuole vivere

con il soave. Dio. nel. cuore. e. nella mano

Nel tempio di Demetra fingono. Il peana

attorno al sarcofago del caro amico ucciso

e insozzano l’Agàpe divina

con l’insulsa lingua di peccato.

Ora la maniacale febbre del potere

ha trascinato  il mostro  umano nel girone

fetido del Male più profondo

con carica di ordigni distruttivi,

nascosti nello zaino del pane:

nei gloriosi musei  piangono

solo gli eroi morti con i droni

della guerra invisibile

che ha devastato la bellezza delle mura

violentate del cuore  sanguinante nel petto:

i ristoranti sono fumosi e affollati

di veleni, di  ventri avidi di sesso.

Le metropolitane sono chiuse ai vagabondi

e alle puttane che vendono la carne

per tre monete d’oro di mangime.

I campi sportivi, le sinagoghe e le pievi,

dove il vecchio prete  venne sgozzato

dall’ impietoso coltello dell’apostata,                                                                                                         mentre chiuso nel silenzio dei peccati

protendeva ai credenti e miscredenti

l’adorata pisside dorata, e ogni labbro

affondava nel sangue che scorreva

dai sacri gradini dell’altare

come il sangue purissimo del Giusto

caduto nel Tempio ai piedi dei mercanti

abbagliati da un altro paradiso

affollato di piaceri, di ninfe avide e di sante

poligame e  vergini devote

al nettare satanico di Eros

avvelenato  da occulte  mani .

Ma i porci di Circe come ubriachi

non conoscono la  selenica dolcezza

del morbido seno della madre

e il pianto del bambino

che succhia il nulla al capezzolo

di misere, schiacciate dalla fame

dall’empio piede sopra il volto

di chi ignora perchè vivere o morire,

e distrugge l’azzurro  del Creato,

dono catartico di un dio sconosciuto

profumato nell’anima deserta

dove fiorisce  la radice  del sole

e  la vetta zigrinata  della luce d’oro

che oscilla senza quiete,

tra lo squarcio  invisibile del male

e il mare frizzante dell’ oro di ogni bene,

dinnanzi al libero arbitrio stuprato.                                                                                                                                 5)

Oh!  Nostro Caro Vecchio Dio di Abramo

che osservi  da un pertugio dell’ignoto

i nostri passi incerti, vacillanti verso il buio

della valle sperduta nella siepe

fiorente di spine avvelenate,

Dio della vita, dell’acqua e del fuoco

adorato per secoli  dagli avi,

eroe primiero di ogni  fede

pronto a folgorare il seme amaro,

per noi  agnelli violentati                                                                                                         con l’ansia del tuo perdono sulle labbra,                                                                                                           Ti supplico, con le ciglia folgorate,

non rimanere indifferente

alle stragi  selvagge consumate

tra fratelli sul proscenio della Tua bellezza.

Dio paterno misericordioso e giusto,

DIO  UNICO di tutti noi, miseri mortali

ciechi,ma ricchi di  fede e sperduti

nel rosso deserto del nostro cimitero

inumati dal male,tuo nemico.

Tu, DIO-Soldato PACIFISTA

che consoli le pie donne oltraggiate

con creature in grembo

e i figli tuoi soldati torturati

dai conflitti  crudeli con Caino.

Tu, Padre Santo dei nostri pensieri,

Suprema creatura di paradiso e Amore

per il mansuete gregge  di diverso colore

Tu, che hai creato  il Bene

e il Male che non ti appartiene

ma è il correlativo oggettivo eliotiano,

cartina di tornasole del tuo splendore

che hai accolto  tra le braccia spalancate

lacrime  e urla  di odio e di guerre fraterne

nella storia, e custodisci ancora

devotamente il mondo gocciolante di fiele

che barbaramente si accanì sul vecchio prete

con la bianca colomba svolazzante sul capo

e il ramoscello d’ulivo stretto in mano,

mentre si sentiva vicino  al grande volo ,

aggrappato al Crocifisso che piangeva                                                                                              segretamente il suo pastore

immerso nell’ascetica preghiera,

congiunto a te, invocato a perdonare,

ora che assistiamo al massacro

nelle famiglie, dove i figli-Giuda

sgozzano i padri aggrappati al crocifisso,

per implorare perdono,

come Tu, Spirito Santo e Dio,

sul Golgota  inchiodato e insanguinato

con ferri di fuoco nelle vene,

come il Pellicano per amore

donò il suo cuore da mangiare

ai suoi implumi pargoli affamati

sul punto di morire,

Tu, anche Tu, fratello Cristo trafitto

nella gola con il sangue raggrumato

da spade criminali nelle piaghe,

Tu,immerso nella consustanziale preghiera

anche per i figli, inghiottiti

dai paradisi artificiali

che incendiano anche il tuo prezioso dono

del libero arbitrio per salvarsi

dal rogo del male e allontanare

i venditori di morte dalle strade,

dai portoni delle scuole,

da caserme deviate dall’ orrore,

dalle discoteche notturne carbonare,

dalle parrucchiere incipriate,

da chiese,insozzate di  malefiche vergogne,

dove si scambia la sacra ostia con il Male,

la polverina e il nettare graduato

che inceneriscono il cervello umano

e rendono ciechi,incapaci di capire

il gesto criminale della mano,

pronta a colpire  dovunque all’impazzata

il bersaglio del corpo umano e del Buon Dio

come fecero i giudei:

e GESU’ pregò il Padre con morbide parole:

“Padre perdona loro, perché non sanno

l’orrenda azione che stanno compiendo”,

senza paura di essere puniti,

perché avvolti nella spirale del potere

che protegge  persone-mostri pitturati d’oro

nella bolgia infernale della dipendenza,

che  hanno immolato fedeli creature

con orribili torture e con gli sputi

che premia i blasfemi rapaci,

avidi nel ventre,di sesso e di Bacco.                                                                                                                                                                                                                  Dio dei vinti, dei ladroni e degli assassini

Ora che torme umane  fuggono  impaurite

dagli stragisti di ogni colore,

dicci le nostre colpe, quale  la nostra meta

e chi allatterà il bambino dormiente nella culla. .

Se siamo stati soli a combattere sconfitti

da milizie di una cultura adulterata                                                                                                           per quello che credevamo il vero Bene ,                                                                                                   con ecatombe di madri e di lattanti

torturate e stuprate con violenza bruta,

che spinge i selvaggi di tutta la terra

a scorribande  e  eccidi nelle scuole,

nei ristoranti affollati, nelle sinagoghe

nei centri commerciali affollati di povera gente

insanguinati dall’odio

immemori della tua lezione d’amore

e di perdono per chi per trenta denari

ha tradito e venduto il  suo Maestro

e continua a dissacrare il Tempio dei mercanti

imbottito di allucinazioni incontrollate

nel corpo, nell’anima e nel sangue,

randagi crivellati da storture

cresciuti nel dolce inferno della strada,

madre di vizi, di odi e di paradisi illusivi

ora affamati di tutto   febbrilmente

invadono  con le loro ombre

i cerchi angelici del Cielo

e cercano le morbide carezze della madre ,

facilmente rimaste intrappolate

dagli orrori delle guerre dilaganti,

dai nuovi barbari e da fantocci di califfi

ben reclutati su Internet o da scafisti

tra giovani stravolti  nella psyche

con le lusinghe dell’Eden dorato

o  da vicende traumatiche vissute

dove il loro Dio  li attendeva

per saziarli di sesso e delizie incantatrici

dove si respirano  montagne di rifiuti

e si appagano di ogni piacere  corporale,

gestite da aziende incerottate

che si assicurano i grossi appalti senza gara

nel loro regno tappezzato di puttane,

e senza alcuni vincoli di ordine legale

o di norme di sicurezza igienica e ispezioni

sul cemento, sul ferro e sui mattoni,

nell’infinito giorno di libertà totale,

i nuovi Ungari  gli hanno incenerito

la mente, l’anima,  il cuore,

spinti a rovesciare  la ragione

con implacabili  veleni  sconosciuti

per frantumare ogni ordine terrestre,

bruciare sul rogo la resistenza dei valori

e cancellare ogni  impronta della nostra civiltà

destinata da loro a sbriciolarsi  nel  fuoco

di una moderna Apocalisse

per seminare sulle sue rovine

le spinose ortiche di una folle fede

e il sangue della loro civiltà.

Ora, Italia ,morbida culla

del più grande impero  della storia  umana

risonante nei secoli dei vibranti versi

di soavità, di amore e di etiche armonie.

di poeti dei gentili che intrecciavano ritmi                                                                                                           di amicizia, di orgoglio di patria,  di etica

coniugale, di amore per i gioielli

di Lucrezia-madre , per Enea affettuoso

ed eroe per la difesa della sua città,

offesa da ratto di Paride ubriaco,

che strappò Elena divina a Menelao,

scatenando la guerra decennale

voluta dagli dei del Parnaso

tra Argolidi e Troiani per vendetta e amore.

Il  Poema sacro ci donò  la nostra lingua

e con il periglioso viaggio ultraterreno

il  poeta divino rintracciò la via del perdono

al di là delle intrecciate vie del Firmamento.

Poi  Petrarca, il poeta vate, indicò le coordinate

Di Eros, che “solo e pensoso”elaborò

e concluse nella silenziosa quiete

della modesta casa di Arquà illuminata dal cielo,

dove i potenti credenti ancora

nella catartica forza della poesia

collocarono su una grande lapide di bronzo

sopra l’ingresso, il nome della casa e del poeta

che insegnò i piccoli e lunghi passi pazienti

di un amore  che vuole diventare eterno

nel sublime inno alla vergine Maria.

Le divine Grazie furono il porto d’oro

del tempestoso  mare interiore

della vita randagia e disperata

dell’eroico poeta che si illuse

del sogno di una patria libera e unita

in un mosaico  di fratellanza e Amore

per una giustizia  uguale per patrizi e plebei

per feudatari, valvassori, valvassini  e schiavi

finalmente uniti nel sincero abbraccio.

E l’amore suo e quello universale

Inseguì l’Hortis sempre lacerato

e inappagato di quello corporale

lo ricercò più nobile e ideale

nei Sonetti cantato lo innalzò

dal coito banale, a pura illusione

nelle Odi,  oscillanti tra  passione pura

e sogno trepidante di poesia

che vince di mille secoli il silenzio.

Catastrofica fu l’illusione imperiale

che ringhiottì  per un attimo nel buio

Ugo ancora incerto tra il Bene e il Male

Pedestre,  squallida e insensata

la presenza umana sulla terra

sospesa sul vuoto del suo nulla:

Era giovane ancora quando rifiutò

Il tradimento facoltoso della patria

e di notte fuggì oltre Le Alpi verso la Manica

dove coperto di debiti e di stracci

ritrovò la figlia Teresa affettuosa

venuta al mondo da un fugace amore.

Fu ritrovato coperto di miseria

inseguito dai tanti creditori,

ma altissimo si librò il suo Carme

che innalzò con i suoi versi nel Parnaso

gli uomini grandi della  storia,

di cui inneggiò la gloria delle gesta

e le immortali imprese e le scoperte

di ingegni sacri. In ciò recuperò  il senso

della vita, se vissuta per gloriosi doni

all’uomo necessari,”finchè  il sole

tornerà a risplendere sulle sciagure umane”

se l’uomo percorrerà la via

del bene  e ridarà  luce alla poesia

per illuminare ogni destino umano.

Il Marchese di Brusuglio giansenista

dopo una conflittuale adolescenza

scoprì tra i libri sacri il suo sentiero

e sciolse i nodi del suo pensiero

nello scandire con la Musa

gli Inni Sacri della retta via.

Le due inimitabili tragedie

di Adelchi e di Ermengarda

a cui affidò i messaggi eterni

delle vittime innocenti per amore

confortati nell’ingiusto dolore

dal  Vero Padre che “abbatte e che consola”

che li accolse nel suo eterno regno

con festoso abbraccio.

Per vent’anni il Padre celeste fu il suo tutore

e lo sostenne invisibilmente con amore

nel Calvario del dolore per i figli sventurati,

ma gli donò l’ingegno per smaltire

scorie industriali affidati

ad agenzie fantasma create a tal fine

per i nuovi barbari assetati di bottino,

di febbre dell’oro e del potere

in cui nuovi Nerone sguazzano a piacere

con nuovi metodi di scippi e di rapine,

con il sangue impazzito  sepolto nelle vene.

Tutte le organizzazioni criminali della terra

hanno già aggiornato le loro strategie;

non più delitti d’onore, nè estorsioni

a piccoli artigiani travolti dalla crisi

né danni ai beni delle cavie da spolpare,

7)                                                                                                                                                                                                             Né sgarbi a politici e potenti,

ma calorosi sorrisi saettanti

per siglare un  pubblico inganno di amicizia

finalizzata al mutuo arricchimento

con la lupara celata sotto il braccio

pronti  a gioire per la folle strage del suo gesto

e bere il fiume di sangue che scorre

nei quartieri  bui  dei  grossi affari

per potersi proclamare nuovi eroi,

protettori  degli indifesi , beni da spartire

tra i nuovi alleati paralleli , organizzati

per governare tirannicamente il mondo

e potersi incoronare  imperatori                                                                                                           di ogni germoglio d’oro, e decretare

la sorte futura del pianeta.

Per loro ogni uomo è un burattino                                                                                                           e la vita umana è carne per i cani.

Solo loro  hanno il diritto di godere

la vita con gli appalti miliardari

assegnati iniquamente ai burattini

asserviti al potere come camerieri

il buon Ministro sa distribuire equamente

le fette   della torta infiorettata e  brindare

con champagne molto invecchiato

con il sovrano degli illuminati, già lanciati

verso Sodoma e Gomorra, nelle cui bolge

infuocate i  dannati rimescolano il sesso

e le mollezze di ogni appagamento del piacere.

Nella villa dorata sui colli di Roma,

baciata dal sole da mattina a sera.

L’uomo riduce in cenere la sua “dolce vita”.                                                               8)

Ora, cara Roma,maestra di potenza e di cultura

O amata Roma un tempo  perla  adorata,

quando agli dei  tu eri  devota

quando cavalcavi orgogliosa per l’Europa

ed eri divina per i popoli terrestri.

Oggi i tuoi figli

Che escono di casa sono invasi

Da odori e  da cimiteri di rifiuti

senza più vedere l’azzurro del cielo,

I turisti che un tempo correvano felici                                                                                                        Per bere le tue acque verdi e pure

della stupenda “Fontana di Trevi

si sentivano eroi al Colosseo                                                                                                                                  e sorseggiavano  sfilacci di cultura

ancora gorgheggianti nel clan di Mecenate.

Ricchi di bellezza e di aria pura                                                                                                          rientravano nelle loro abitazioni                                                                                                        e raccontavano felici ai loro figli                                                                                                            la storia e le bellezze della  città eterna.

Ora sei stata abbandonata

sul ciglio della  Rupe Tarpea,                                                                                                         ora sei la vespasiana  culla

preferita dai croushar di ogni paese ,                                                                                                      e vedi  i colletti bianchi  scendere le scale

per orinare liberi e fuggire alla stazione,

senza passare davanti al Parlamento                                                                                                                                         dove  si gioca con divertimento

a inutili carte costituzionali                                                                                                          e l’uomo politico del pisciatoio                                                                                                         che da mesi si raggira a vuoto                                                                                                           per le affumicate stanze del potere

il girone infernale in cui l’uomo brucia

accettando di essere libero e senza padroni

e divorare il pane rubato con gli amici topi.

E Tu, Divino Cieco

della poesia che vede lontano

nelle pagine della storia del futuro,

Tu,aedo dio degli eroi

che piantarono nei secoli bui

palme d’amore,

celesti amori di virtù eccelse,

che riempisti i secoli di eroi

della famiglia, della patria, dell’infrangibile

mastice di amicizia immortale,

tremante vegliardo del rogo di Didone

vittima  di un tragico e immortale amore,

ma anche pudico cantore del lindo sentimento

della gentile Nausicaa dalle bianche braccia,

di Penelope,stupenda sposa eroina di affetti,

aedo profetico d’amore di Telemaco,

ma anche in pena per la triste sorte di Laerte

e di Argo fedele che acciambellato sulla soglia

immerso in un sonno di dolore

per il compagno-padrone lontano

con il grumo di una lacrima incollata

all’angolo dell’occhio.

E come non pensare alle irresistibili seduzioni

che tu,con i tuoi dei,preparasti come prova

di resistenza ai fragili sensi del tuo eroe.

Così illuminasti l’uomo di ogni tempo

Sulle insidie nascoste nell’abbaglio

della bellezza  e del soave canto

dell’incanto delle Sirene ingannatrici

pronte a sedurre e a strangolare gli amanti

caduti nella loro diabolica rete,

che tu, Ulisse,figlio di una dea,

riuscisti  ad eludere, e insegnasti al mondo,

nove secoli prima del Grande Giorno

che portò sulla terra anche il tuo dio.

Tu, fratello terreno o immortale maestro,

insegnasti al tuo discepolo che siamo nati

“non per viver bruti,ma per seguir

virtude e conoscenza”.

Il  Poeta Divino seguì le tue nitide impronte

e riuscì a salvarsi dai mostri della Selva

per indicarci le impervie orme della speme.

Tra i molti,anche il barone di Brusuglio

resistette ai dolori della vita

con la Provvidenza sepolta nelle vene.

Ma all’ombra del gelso del Caos,

il cuore e la mente vacillarono

e scivolarono nella trappola del dubbio

che la ragione umana attese a lungo,

per poter spiegare all’uomo che si ostinò

fino alla fine a rimanere incagliato

nei suoi personaggi senza autore.

Ma l’autore è sempre esistito

arso nei cicloni tossici  delle ciminiere

 

dove con il buio e il gelo del mattino

 

con gli occhi accecati va a tentoni

 

dietro il cancello della fabbrica

 

e in silenzio trema nell’attesa

 

di entrare per poter bere

 

un altro sorso di liquido mortale

 

desiderando soltanto di morire,

 

perché da anni vive

 

con il fiele della vita che non fu amore

 

mai, mai, amore, ma soltanto vittima

 

di un illusorio perverso bene

 

dell’orrido fantasma che celava

 

sotto  la maschera dell’upupa o del gufo

 

le sembianze sataniche di un pene in bocca

 

giorno e notte avida di bere.