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È una “batosta improvvisa” quella che scuote la comunità di Pace del Mela: lo stabilimento Cargill di Giammoro, sito produttivo di pectina con circa 49 lavoratori a rischio, rischia la chiusura definitiva. Quello che era un presidio industriale, parte fondamentale dell’economia locale, è ora minacciato non da una crisi momentanea, ma da decisioni aziendali che lasciano ben poco spazio a speranze immediate.

Quando la multinazionale Cargill, nel 2015, acquisì lo stabilimento di Giammoro, furono tante le attese: investimenti, sviluppo, promesse di crescita.

Il motto “One team” suonava come impegno per coinvolgere il territorio. All’inizio le cose sembravano andare in quella direzione: sicurezza, manutenzione, qualche miglioria. Ma dal 2023 le cose sono cambiate drasticamente. Gli investimenti si sono quasi azzerati, il personale non è stato sostituito, le linee ferme durante l’estate si sono moltiplicate, e l’azienda ha iniziato a comunicare che, se non si fosse trovato un acquirente entro settembre 2025, la chiusura sarebbe stata inevitabile.

Dietro quei 49 posti di lavoro ci sono vite: famiglie, mutui, figli, speranze. Non è un numero astratto: è la differenza tra potersi svegliare ogni mattina con una prospettiva, e svegliarsi con il peso dell’incertezza. Le sigle sindacali – Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil – hanno denunciato la mancanza di un piano industriale concreto per Giammoro, e la percezione che lo stabilimento sia stato “tolto dalla mappa” delle priorità aziendali. Sono state richieste decine di volte risposte dall’azienda, e un tavolo istituzionale urgente con Regione, sindacati, enti locali.

Dal sindaco di Pace del Mela all’assessorato regionale produttivo, tutti parlano di “grande amarezza” e richiedono chiarezza. Il deputato regionale Alessandro De Leo (FI) ha espresso forte contrarietà verso la decisione di chiudere lo stabilimento, definendola “inaccettabile” e chiedendo un intervento immediato. Anche la comunità intera non rimane silente: non solo i lavoratori, ma anche le famiglie che dipendono dall’indotto, gli esercizi locali, chi fornisce servizi, trasporti, mense. La possibile perdita dello stabilimento pesa come una sentenza sull’economia locale.

Due domande che non possono restare senza risposta: “People First” è solo uno slogan?

È il motto che Cargill usa nei suoi materiali istituzionali. Ma davvero le persone vengono “prime”, se cinquanta famiglie vengono lasciate senza prospettive concrete, senza un piano industriale, senza garanzia di continuità? Se vengono costrette a vivere con l’ansia del licenziamento imminente o della inattività?

Perché Giammoro e non altri impianti europei?

Se l’azienda cita come causa la “difficoltà di mercato” o i costi energetici, queste motivazioni appaiono insufficienti quando altrove lo stesso prodotto – la pectina – è in crescita. Pare evidente che ci siano scelte strategiche che privilegiano siti più “efficienti” o più agevolati, rischiando di abbandonare territori già fragili come il nostro. lavalledeitempli.net+1

Convocazione immediata di un tavolo istituzionale con la partecipazione della Regione, del Comune, dei sindacati e dei vertici Cargill. Deve essere un luogo di confronto reale, non di scaricabarile.

Ricerca concreta di un acquirente serio, con incentivi pubblici e garanzie occupazionali.

Possibili modelli di riconversione industriale o ibridi, che mantengano parte della produzione e accolgano altre attività compatibili, per non lasciare il sito completamente vuoto.

Un piano di cassa integrazione o misure compensative immediate per i lavoratori, specie se la procedura di licenziamento si avvia.

Maggior trasparenza: rapporti pubblici chiari sull’andamento del sito, i numeri, i costi, le prospettive.

Questo non è solo un problema di posti di lavoro: è la prova della tenuta sociale del territorio. È la dignità di chi ha creduto in quella fabbrica, la fiducia nella comunità, l’orgoglio di una terra che ogni volta paga un prezzo alto per i ritardi, per i vuoti lasciati dalle grandi promesse. Le scelte non sono neutrali: chi firma, chi decide, chi tacciono, costruisce il domani. E il domani di Milazzo, Pace del Mela e del suo hinterland non può essere scritto sacrificando vite, lavoro e sogni.

Parole che, se non diventano fatti, restano segni vuoti su un manifesto. I lavoratori della Cargill di Giammoro chiedono solo che quei segni diventino impegni — subito, ora.