Condividi:

La sentenza della V sezione pelale della Corte Suprema di Cassazione, che si è espressa sulle posizioni degli imputati del primo maxi processo “Nebrodi”, chiude definitivamente una pagina giudiziaria fondamentale per la rinascita di un intero territorio.

La conferma dell’impianto accusatorio posto alla base dell’inchiesta coordinata dalla DDA di Messina e condotta da Carabinieri e Guardia di Finanza, certifica l’azione che le consorterie mafiose ed altri gruppi criminali operanti nell’hinterland nebroideo hanno imposto per lucrare milioni di euro di fondi europei destinati al settore agricolo.

“Un giro di affari sporco portato avanti ai danni della gente onesta, lavoratori e famiglie la cui libertà imprenditoriale e personale – dichiara Giuseppe Scandurra Vice Presidente Nazionale “Sos Impresa – Rete per la Legalità” – veniva soffocata dall’imposizione di tale sistema.
Un contesto nel quale, ribadendo il plauso più volte espresso per l’attività condotta in questi anni nei confronti di magistratura e forze dell’ordine, non può essere dimenticato il coraggio di quegli imprenditori che si sono ribellati dapprima denunciando i fatti e successivamente costituendosi parte civile, nello stesso primo maxiprocesso così come in quello scaturito dalla seconda tranche della stessa operazione.
Al loro fianco, allora come oggi, l’associazione antiracket “Sos Impresa – Rete per la Legalità”, anch’essa tra le parti civili, pronta a sostenere con forza l’esempio di quegli imprenditori per ribadire l’importanza di saper scegliere la via della legalità, senza mai abbassare la guardia in una realtà ancora oggi delicata, facendo squadra con le istituzioni per l’affermazione dei valori di giustizia e libertà”.