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Chiusura delle indagini per cinque soggetti coinvolti nell’inchiesta sulla discarica di Mazzarà, che nel novembre 2014 portò al sequestro del sito di smaltimento dei rifiuti presente nella città dei vivai.

In pratica la fine delle indagini è giunta per gli ex presidenti di Tirreno Ambiente, Nello Giambò, Francesco Giannone ed Antonello Crisafulli, e gli ex amministratori delegati Pino Innocenti e Giuseppe Antonioli.

In sostanza è stata stralciata la posizione degli altri cinque indagati, Vincenzo Sansone e Gianfranco Cannova, funzionari dell’assessorato regionale, Armando Cappadonia, Salvatore Francesco D’Arrigo ed Eugenio Faraone, dell’ufficio ambiente della provincia. I loro casi sono destinati all’archiviazione.

Cambia lo scenario dell’inchiesta dopo quest’ultimi provvedimenti, con un clamoroso ridimensionamento. Tra i capi d’accusa, escluse infatti l’ipotesi di disastro ambientale ed inquinamento dei pozzi del’acquedotto comunale di Furnari. Rimangono in piedi solo la contestazione di illeciti edilizi, violazione del codice sui beni culturali per l’area sottoposta a vincolo paesaggistico, e violazione del codice per l’ambiente, in relazione all’eccesso di abbancamento dei rifiuti e per la gestione, senza autorizzazione, dell’impianto.

Da ricordare che l’invaso di contrada Zuppà, è chiuso dal 3 Novembre 2014, alla luce del sequestro in seguito all’indagine avviata dalla Procura di Barcellona. Tra le cause principali della chiusura della discarica, le gravi criticità sia dal punto di vista edilizio ed ambientale che di gestione. Il focus fu puntato in particolar modo sulla sopraelevazione di una vasca, priva di autorizzazione, in cui sarebbe stata ammassata una quantità elevata di rifiuti, superiore a quella consentita.

Nei fascicoli del’inchiesta, esposti e relazioni tecniche tra cui quella del perito incaricato dal Gip Danilo Maffa. Proprio quel documento aveva evidenziato gravi difetti progettuali e mancanze nella direzione lavori, nei collaudi e negli organi preposti al controllo, in relazione ai lavori eseguiti in difformità alle autorizzazioni ed all’eccessivo deposito di rifiuti. La stessa relazione, però, esclude la possibilità che siano state inquinate le acque superficiali del torrente Mazzarrà e dei pozzi idrici di Furnari. Infine, per i cinque ex amministratori di Tirreno Ambiente, la Procura opterà per la richiesta del rinvio a giudizio per le ipotesi di reato di cui sono ancora accusati.