Condividi:

Un’intera famiglia accusata di ricettazione, marito e moglie ai domiciliari, obbligo di dimora per i figli. Nell’ abitazione della famiglia Trovatello di Merì, nei mesi scorsi era stato trovato un ingente quantitativo di merce rubata che poi veniva rivenduta a prezzi stracciati.

Il Tribunale del Riesame di Messina ha infatti accolto il ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica di Barcellona, che si era opposto alla decisione del Gip di non applicare misure cautelari nei confronti della famiglia Trovatello. Il Giudice del Riesame ha dunque riconosciuto la pericolosità sociale e la condotta criminosa dei soggetti indagati e ha così disposto gli arresti domiciliari nei confronti dei coniugi Antonino Trovatello e Tindara Cannavò e la misura dell’obbligo di dimora nel comune di Merì con obbligo di presentazione alla stazione Carabinieri nei confronti dei figli Antonio e Gino Trovatello. Nel mese di ottobre, i Carabinieri avevano effettuato un accurato controllo dentro la loro abitazione e grazie al fiuto del cane labrador Ivan del Nucleo Cinofili Carabinieri di Nicolosi avevano scovato un soppalco al quale si accedeva con una scala nascosta. Nel locale, è stata rinvenuta la merce, conservata in buste separate e suddivisa per categoria: centinaia di telefoni cellulari smartphone, lettori multimediali, lettori DVD e Bluray, navigatori satellitari, autoradio, macchine fotografiche di particolare pregio con obiettivi ed accessori, fotocamere “GO PRO” oltre a strumenti per lavori di edilizia, articoli di bigiotteria, pistole giocattolo e tanto altro materiale, talvolta ancora imballato nelle confezioni originali. In casa sono stati trovati anche appunti, nei quali era elencato il materiale venduto e il prezzo, nonché pezzi di targhe di autovetture (numeri e lettere), con applicate delle strisce in velcro, probabilmente utilizzate per alterare le targhe di autovetture regolari utilizzare per attività illecite. Nell’estate 2015, i due coniugi e il più grande dei due figli, erano stati denunciati dai Carabinieri di Patti per aver commesso diversi furti seriali sulle autovetture parcheggiate nei pressi del santuario di Tindari.