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Il presidente di Ance Sicilia, Santo Cutrone, chiede alla Regione, alle amministrazioni locali e alle stazioni appaltanti dell’Isola di fare pressione sul governo nazionale affinché emani direttive più chiare in merito all’applicazione nei cantieri delle norme di sicurezza anti-contagio da Covid-19, oppure decida di includere anche l’intero settore delle costruzioni, pubblico e privato, fra quelli che devono fermare le attività in base al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dello scorso 11 marzo, estendendo di conseguenza a tutte le imprese edili coinvolte sul territorio nazionale la cassa integrazione e la sospensione degli adempimenti fiscali e contributivi finora vigenti per le sole “zone rosse”.
“In Sicilia, soprattutto nelle aree extraurbane, ci sono già decine di
cantieri fermi o che si stanno fermando – spiega Cutrone – a causa di
numerosi problemi. Ad esempio, le mascherine normalmente in dotazione
alle ditte sono quelle anti-polvere modello FFP1, mentre, come tutti
sanno, sono ovunque introvabili quelle per la protezione da agenti
virali, modello FFP3, e i prodotti igienizzanti; risulta spesso
impossibile garantire il trasporto degli operai nelle sedi extraurbane
di cantiere con mezzi aziendali o a noleggio, nonché i servizi di
mensa e alloggio, rispettando le distanze minime di sicurezza; ai
posti di blocco accade che il personale diretto in cantiere venga
respinto indietro; per ragioni analoghe o comunque legate
all’impossibilità di rispettare le norme di sicurezza, imprese
subappaltatrici e fornitori mancano agli appuntamenti programmati”.
Numerosi i casi registrati in appena due giorni in Sicilia: un
impianto di calcestruzzo a Campobello di Licata è stato chiuso da
un’ordinanza sindacale; operai diretti ai cantieri sono stati respinti
ad un posto di blocco lungo la Ragusa-Catania sostenendo che nel Van
non possono viaggiare più di due persone; le forze dell’ordine hanno
intimato la chiusura di due cantieri a Palermo e a Catenanuova
ritenendo che non si tratti di attività essenziali, e a Scicli con la
stessa interpretazione hanno fatto chiudere una falegnameria; alcuni
sindaci hanno chiuso i magazzini di vendita al dettaglio di cemento,
sabbia, malte e tondino di ferro; per non parlare della vicenda
dell’ordinanza con cui il sindaco di Messina ha autonomamente chiuso
tutto, rendendo necessario un successivo intervento del prefetto per
revocare l’atto .
“In questa situazione e senza norme chiare – osserva Cutrone – non è
possibile lavorare. E oltre al danno la beffa: le stazioni appaltanti
e i committenti privati, senza una previsione specifica di legge,
imputano, anche economicamente, alle imprese i ritardi nell’esecuzione
delle opere. E’ evidente – conclude Cutrone – che si tratta di una
ingiustizia causata da un vuoto normativo, anche comprensibile in un
momento di particolare emergenza. Ma è certo che ora va subito sanato,
o chiarendo con quali modalità sia possibile proseguire concretamente
le attività di cantiere, oppure emanando un provvedimento integrativo
che includa il settore delle costruzioni fra quelli da fermare e
tutelare socialmente ed economicamente, escludendo le imprese dalla
responsabilità dell’allungamento dei tempi contrattuali di esecuzione
della commessa. Per senso di bene comune è fondamentale ascoltare le
esigenze delle imprese in difficoltà, così come ha fatto l’assessore
regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone, che ha recepito la
nostra richiesta annunciando una circolare che sbloccherà il pagamento
degli stati di avanzamento dei lavori”.