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Per la seconda volta in pochi mesi, “Il Mattino” di Napoli, uno fra i più letti quotidiani italiani, dedica buona parte della pagina culturale agli studi compiuti da Antonio Catalfamo, critico letterario e docente universitario barcellonese, intorno all’opera di Cesare Pavese.

L’articolo è firmato da Massimo Novelli, uno dei giornalisti e scrittori più apprezzati a livello nazionale e oltre, e riguarda l’uscita del ventunesimo volume di saggi internazionali su Pavese curato, come tutti i precedenti, da Catalfamo, nell’ambito della collana “Quaderni pavesiani”, da lui diretta, per conto di Guida editori di Napoli, prestigiosa casa editrice specializzata in pubblicazioni accademiche.

Il titolo del libro, che consta di circa 300 pagine, è: “Cesare Pavese, un amico ‘speciale’ e la società digitale iperconnessa”. Ad esso hanno collaborato con loro interventi docenti universitari e critici di chiara fama provenienti da varie parti del mondo, che rientrano nel novero dei collaboratori (un centinaio) dell“Osservatorio permanente sugli studi pavesiani nel mondo”, di cui Antonio Catalfamo è coordinatore, per incarico della Fondazione Cesare Pavese di Santo Stefano Belbo (Cuneo), autorevolmente presieduta da Pierluigi Vaccaneo.

Il titolo riprende una definizione di Franco Ferrarotti, padre della Sociologia italiana, che collabora anch’egli con un suo scritto al volume e che, per l’appunto, definisce Pavese un suo “amico speciale”, che in gioventù gli ha insegnato ad accostarsi alla vita ed alla letteratura senza pretendere di essergli “maestro”, nella consapevolezza che la ricerca è “frusta culturale e civile tv”, come scriveva Pietro Gobetti nel motto della sua rivista, il “Baretti”, vale a dire continua scoperta, da rimettere sempre in discussione.

Catalfamo, richiamando Ferrarotti, sostiene che nell’età contemporanea Pavese è “amico speciale” di tutti gli studiosi seri, i quali non considerano l’ “umanesimo” una comoda “poltrona”, su cui adagiarsi per godere i risultati ottenuti, ma ricerca inesausta. E, infatti, gli scritti ospitati nel presente volume si occupano delle “grandi questioni” del nostro tempo, così come si presentano nella “società digitale iperconnessa”, con uno spirito “pavesiano”, vale a dire problematico, tutt’altro che dogmatico, nella consapevolezza che tutte le “verità” intorno all’uomo e al mondo in cui egli vive sono “relative”, tali da esser sempre ridiscusse.

L’articolo di Massimo Novelli pubblicato da “Il Mattino” di Napoli concentra la sua attenzione sull’ampio saggio di apertura di Antonio Catalfamo, il quale approfondisce la spinosa questione del “Taccuino segreto”, pubblicato postumo in volume per la prima volta nel settantesimo anniversario della morte di Pavese, nel quale lo scrittore langarolo, durante il periodo trascorso in esilio volontario tra Serralunga di Crea e Casale Monferrato, per sfuggire alla coscrizione obbligatoria nell’esercito della Repubblica di Salò, purtuttavia esprime giudizi positivi sui nazi-fascisti. Questa pubblicazione ha innescato una polemica tra chi considera le poche pagine del “taccuino” come un momento di debolezza di Pavese, isolato dai suoi amici, che sono saliti in montagna per combattere i tedeschi e i fascisti, e chi, invece,  prende spunto da esse per dimostrare un presunto atteggiamento compiacente dello scrittore verso la dittatura mussoliniana ed il regime hitleriano, oppure, quantomeno, una sua confusione ideologica.

Antonio Catalfamo, attraverso un dettagliato studio filologico di documenti e testimonianze, dimostra che si trattò solo di un momento di “fragilità” umana e culturale di Pavese, il quale, nella stessa fase trascorsa nel casalese, come precettore, sotto falso nome, presso il Collegio Trevisio dei Padri Somaschi, era in contatto con i partigiani comunisti che operavano clandestinamente nella zona. In particolare, Catalfamo fa riferimento, per dimostrare la sua tesi, ad un’importante scoperta compiuta da Mariarosa Masoero (nella foto con lo stesso Catalfamo), docente di Letteratura italiana all’Università di Torino, presso la biblioteca comunale di Casale Monferrato. Si tratta di una copia de “La Voce del Monferrato”, organo della Resistenza, datata 4 maggio 1945, che contiene tre scritti di Pavese firmati a nome del Partito comunista. E’ stato possibile attribuire la paternità di tali testi allo scrittore langarolo attraverso l’analisi della corrispondenza da lui intrattenuta con due personaggi: Giovanni Pinto, anch’egli docente presso il Collegio Trevisio, e Michele Vallaro, dirigente comunista di Trino Vercellese e dell’intera area del casalese. Furono costoro a metterlo in contatto con i comunisti locali, che assegnarono a Pavese il compito di scrivere i tre articoli a nome del partito. L’estrema fiducia accordatagli dimostra inequivocabilmente che lo scrittore era già da tempo in contatto con gli ambienti comunisti clandestini e collaborava con essi. Nei tre articoli Pavese esalta il ruolo democratico esercitato dal Partito comunista italiano nella Resistenza. Questi scritti dimostrano non solo che le pagine del “taccuino segreto” sono una breve sbandata, ma anche che Pavese era in contatto con il Pci prima del suo rientro a Torino e della sua collaborazione con l’edizione piemontese de “L’Unità”, organo del partito, iniziata il 20 maggio 1945, con il famoso articolo intitolato “Ritorno all’uomo”, che attesta com’egli si sia ormai affrancato definitivamente dai “mostri sanguinari” del nazi-fascismo che, facendo riemergere il suo inconscio, gli hanno ispirato i concetti confusi compresi nel “taccuino”.

Massimo Novelli, nel suo articolo su “Il Mattino” di Napoli, dà ampio rilievo al saggio analitico di Antonio Catalfamo, compreso nel ventunesimo volume pavesiano, e si sofferma sulla figura di Giovanni Pinto, il professore di matematica che fu collega di Pavese al Collegio Trevisio e che, a quanto pare, assieme a Michele Vallaro, lo mise in contatto con gli ambienti comunisti casalesi. Pinto era originario di Napoli, città alla quale tornò dopo la Liberazione. I suoi rapporti con Pavese, testimoniati da due lettere, si concludono nel giugno 1950.
L’ampia risonanza che Novelli ha voluto dare agli studi di Antonio Catalfamo, dedicando ad essi buona parte della pagina culturale del giornale, dimostrano che questi è ormai fra i più autorevoli studiosi di Pavese, come confermano le numerose citazioni dei suoi scritti nelle nuove edizioni delle opere dello scrittore langarolo, ristampate da grandi case editrici come Einaudi, Mondadori e Feltrinelli, nonché le centinaia di citazioni contenute in tesi di laurea e di dottorato, discusse in Università italiane e straniere.
Il saggio richiamato da Novelli è destinato ad imprimere una svolta significativa negli studi sull’opera di Cesare Pavese e sui suoi rapporti con il fascismo e l’antifascismo. Nelle prossime settimane si preannunciano altri riconoscimenti in tal senso da parte della grande stampa italiana ed estera.