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In occasione del centesimo anniversario della nascita di Pasolini, sono state prese, a livello nazionale ed internazionale, tutta una serie di iniziative per ricordare questa figura di intellettuale poliedrico, morto tragicamente nel 1975, e la sua opera. La Sichuan International Studies University, avente sede a Chong Qing, la più popolosa città metropolitana della Cina (33.000.000 di abitanti), ha deciso di concorrere a questa ricorrenza affidando una lezione di circa 3 ore ad Antonio Catalfamo, poeta, scrittore, docente universitario, autore del recente volume “Pasolini ‘eretico solitario’ e la lezione inascoltata di Gramsci” (Solfanelli Edizioni, Chieti). All’incontro hanno partecipato un’ottantina di studenti, sia del triennio che della specialistica, collegati per via telematica, che hanno assistito con grande interesse e hanno beneficiato della traduzione simultanea in cinese da parte di diversi specializzandi, utile, in particolare, per gli studenti dei primi anni.

 

La professoressa Chen Ying (nella foto), titolare della cattedra di Letteratura italiana e direttrice del Dipartimento di italianistica, ha esordito ringraziando Antonio Catalfamo per la disponibilità dimostrata e sottolineando com’egli sia un collaboratore ormai fisso della cattedra, avendo tenuto parecchie lezioni su vari autori della letteratura italiana, appartenenti ai diversi secoli. Ha poi evidenziato come l’opera di Pasolini sia fortemente attuale, tanto che in Italia e nel mondo, di fronte ai grandi avvenimenti, non solo gli “addetti ai lavori”, ma anche l’opinione pubblica in generale, si chiedono che cosa ne avrebbe pensato Pasolini.

Ha quindi passato la parola ad Antonio Catalfamo, che ha ringraziato la direttrice del Dipartimento e gli altri colleghi, nonché gli studenti, per aver voluto intensamente l’incontro. Dopodiché ha analizzato dettagliatamente  l’opera di Pasolini nei vari campi in cui si è concretizzata e nelle varie fasi che in essa si possono individuare. Ha riconnesso grande importanza alla fase giovanile, trascorsa in Friuli, terra natale della madre, che ha ispirato allo scrittore diverse raccolte di poesie nel dialetto della “piccola patria”, vale a dire dell’area ristretta raccolta intorno a Casarsa, ben diverso dalla “koinè” regionale, rappresentata dal dialetto di Udine. Catalfamo ha individuato il retroterra culturale di questa scelta, costituito dagli studi filologici compiuti da Pasolini all’Università di Bologna, nel corso dei quali il giovane studente ha riconosciuto una matrice provenzale nel dialetto friulano e, in particolare, in quello della riva destra del Tagliamento. La scelta del dialetto della “piccola patria”, inoltre, ha avuto ben precise motivazioni ideologiche e di poetica, in quanto Pasolini cercava una lingua vergine di ogni tradizione letteraria, che fosse in grado di esprimere il mondo contadino primigenio, portatore di valori semplici, sani, improntati alla solidarietà e ad una profonda religiosità, diversa da quella della Chiesa ufficiale.

Catalfamo ha affermato che la fase friulana va rivalutata ed approfondita, in quanto, a suo avviso, è la più feconda ed originale dell’opera di Pasolini, che in essa manifesta tutta la sua carica realistica e rivoluzionaria, che, andando al di là delle poesie in dialetto, trova il suo punto di sbocco in un romanzo, “Il sogno di una cosa”, dedicato alle lotte dei contadini per l’applicazione del “lodo De Gasperi” , per il miglioramento delle loro condizioni di vita, ma anche per il cambiamento radicale della società in senso socialista, con caratteristiche prettamente italiane. Pasolini, ha proseguito Catalfamo, ha potuto fare tutto ciò in quanto aveva conoscenza diretta ed approfondita del mondo rappresentato, essendo non solo insegnante in una scuola media, ma anche segretario di una sezione locale del Partito comunista.

Antonio Catalfamo ha, indi, ricordato come Pasolini sia stato costretto ad abbandonare il Friuli in quanto accusato di presunti rapporti omosessuali con ragazzini e si sia trasferito a Roma. Qui egli è venuto in contatto con il mondo delle borgate, in cui ha ritrovato, in un primo momento, quella realtà umana incontaminata dal capitalismo che aveva incontrato nel Friuli materno. Catalfamo ha analizzato i due romanzi romani, “Ragazzi di vita” e “Una vita violenta”, notando come in essi cominci a manifestarsi un mutamento di poetica e di estetica rispetto alle opere friulane, in quanto l’autore, se, da un lato, attribuisce valore emblematico al personaggio di Tommaso Puzzilli, che, a contatto con gli ambienti delle sezioni comuniste di borgata, va incontro ad un processo di formazione umana ed ideologica, acquisendo una logica solidaristica ed uno slancio rivoluzionario, dall’altro, rappresenta il mondo delle borgate come dominato da una componente nichilista, distruttiva ed autodistruttiva, che riemerge anche nei primi film di Pasolini, come “Accattone” e “Mamma Roma”.

I limiti ideologici di Pasolini trovano la loro massima concretizzazione nella silloge “Le ceneri di Gramsci”, cha appalesa il rapporto contrastato che lo scrittore ha con il proletariato e con il pensiero marxista e gramsciano, che oscilla tra l’adesione istintiva, viscerale, e la presa di distanza razionale, che lo spinge a prendere atto della realtà della società borghese, del suo carattere disumanante, a denunciarla in maniera estrema, ma, nel contempo, ad escludere la possibilità di una prospettiva rivoluzionaria. Sta qui, secondo Antonio Catalfamo, il “mancato ascolto” della lezione di Gramsci da parte di Pasolini, la cui rivoluzione si ferma a livello estetico e di posa letteraria.

Questa sfiducia nelle possibilità rivoluzionarie all’interno della società borghese si riverbera anche nella produzione cinematografica pasoliniana, che regredisce sempre più verso il mito, la degenerazione erotica, che pure presenta delle valenze positive, come nell’ultimo film di Pasolini, “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, in cui egli dimostra come la repressione della società capitalistica avanzata finisca per investire anche le parti più intime dell’umanità, come gli stessi corpi.

Catalfamo evidenzia come la denuncia del carattere criminale della società borghese, nella sua fase tecnologica, stia al centro anche dell’attività giornalistica del Pasolini “corsaro” e “luterano”, ma come, nel contempo, questa denuncia si limiti alla fase “destruens”, non riuscendo a prospettare un modello sociale alternativo.
Antonio Catalfamo ha, quindi, concluso la sua lezione affermando che il grande merito di Pasolini è stato quello di aver rappresentato senza timori reverenziali il carattere liberticida del sistema capitalistico, che si accentua sempre più nella fase della sua “maturità”.

Catalfamo, dopo la conclusione della sua lunga disamina, è stato incalzato dalla professoressa Chen Ying e, per il suo tramite, dagli studenti, ad approfondire il concetto di “omologazione culturale”. Egli ha proceduto, allora, ad un aggiornamento della sua analisi, toccando anche la “società digitale iperconnessa”, vale a dire la società capitalistica odierna, nella sua forma dell’estrema informatizzazione, che ha prodotto un processo di ulteriore “omologazione” delle masse, soprattutto giovanili (ma non solo), che è sfociato nella cancellazione pressoché totale dell’autonomia decisionale in seno al singolo individuo, oltre che in capo alla collettività. L’ “omologazione”, infine, ha preso le forme di un tentativo di creare, a livello internazionale, un modello “unipolare”, gravido di gravi pericoli per l’intera umanità e tale da poter sfociare in una guerra mondiale, persino atomica, con l’estinzione dello stesso genere umano.

La lezione di Antonio Catalfamo ha suscitato viva emozione nei presenti e per questo la professoressa Chen Ying lo ha ringraziato a nome di tutti i presenti, esprimendo l’augurio, anzi la certezza, che il rapporto di collaborazione possa continuare nel futuro.