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Nella serata di venerdì 6 agosto 2021 a Calderà, frazione marinara di Barcellona Pozzo di Gotto, si è tenuto un evento legato proprio alla vita della gente di mare, suddiviso in due parti: nella prima, davanti al bar ‘Tramonto’ è stata svelata una targa che ricorda l’antica Tonnara di Calderà, nella seconda, in piazza delle Ancore, si è svolta la presentazione del libro di Peppino Maio dal significativo titolo ‘Il Pescatore di Rime’. 

Organizzazione a cura della Pro Loco ‘Alessandro Manganaro’ della quale erano presenti la Presidente Flaviana Gullì insieme a Gino Trapani e Andrea Italiano. Ed il Prof. Trapani è intervenuto raccontando episodi del passato. “Fino alla seconda guerra mondiale c’era la tonnara a Calderà, noi abbiamo voluto unire il duro lavoro dei tonnaroti con l’arte, questa è l’immagine che abbiamo voluto realizzare  e che ricorda la storia del lavoro di quei tempi. Le tonnare del Tono e di Calderà erano organizzate insieme.”

A questo punto anche Andrea Italiano ha preso la parola ricordando come nel 2005 ascoltò dalla voce di sua nonna Marina Stagno, l’ultima abitante della tonnara, delle testimonianze di quei tempi. “Io sognavo questo momento perché era una cosa che mi dicevano le persone con le quali parlavo, perché a Calderà è mai esistita una tonnara? Con quella frase vedevo cancellata la memoria, la storia di tante persone che qui hanno trovato la vita, la dignità, lavoro e posizione sociale. La tonnara si estendeva dal bar Tramonto fino a bar Barca e dietro per 200 m e poi dietro. Al centro era la camparia, una zona vuota dove i tonnaroti nel periodo di fermo pesca coltivavano la campagna, assistevano. Dal Tramonto allo Scilipoti era l’hangar dove si mettevano le barche calate  a mare. Nel ’43 quando i tedeschi arrivarono a Calderà la prima cosa che fecero fu requisire queste barche per andare verso la Calabria. Da quel momento la tonnara sparì e le persone persero la loro identità. Ad esempio il mio bisnonno gestiva una tonnara poi fu cacciato fuori dai proprietari quando decisero di vendere e perse anche lui la sua identità sociale e finì male. Quando immaginavo la mattanza immaginavo ciò che vidi dopo nel quadro di Giovanni Biondo perché noi quel quadro l’abbiamo esposto con la Pro Loco nel 2012, in una sfortunata mostra che fu dimezzata rispetto al progetto iniziale. Quando ho visto quel quadro, sette anni dopo aver scritto il libro, sono rimasto folgorato perché era ciò che immaginavo.”

Il prof. Trapani ha poi ricordato che i pescatori volevano un luogo e grazie all’interesse di Nino Pino Balotta  riuscirono ad averla, il comune glielo diede. Quindi è intervenuto, in rappresentanza dell’Amministrazione comunale, l’Assessore Roberto Molino che si è congratulato con la Pro Loco e  con chi ha organizzato questo evento. “Quando si fa un passaggio della storia è sempre molto utile per la città. Quest’area ha sempre avuto come riferimento il mondo dei pescatori. Io ho cominciato a vivere d’estate questa parte della città. Qui c’era un campo di calcetto dove da piccoli giocavamo. Mio padre comprò la casa quando avevo 8 anni ora ne ho quasi 60, ne è passato di tempo.Mi ricordo che ogni sera aspettavamo i pescatori che tornavano. Era un bel vedere, la Famiglia Accetta, la famiglia D’Amico portavano avanti questa attività. Non sapevo che qui dietro c’era la tonnara quindi grazie a voi che mi avete dato questa notizia. Ben vengano questi momenti.

Quindi ci si è spostati in Piazza delle Ancore per la presentazione del libro di Maio ed il primo ad intervenire è stato Nino Sapienza dell’Associazione “Tono Sole Mare”, riguardo le attività in merito alla privatizzazione della storia della tonnara. “La nostra associazione è nata nel 1992 e da circa 20 cerchiamo di recuperare la storia delle tonnare di Milazzo e dintorni con l’apertura di un museo-mostra che racchiude tutte le immagini e informazioni che sono rimaste delle tonnare perché, come avete affermato questa sera, la storia della pesca, della vita di una volta è fondamentale per capire la storia futura che ci succede. Purtroppo noi viviamo la vita senza sapere cosa è successo prima e specialmente le giovani generazioni non hanno coscienza di ciò che ci ha preceduto e che ci ha portato a questa situazione reale, economica, sociale e lavorativa. Sono stati trovati a Milazzo, nella zona del Tono, dei reperti archeologici (dei tonni) che dimostrano che queste attività risalgano al periodo dei Romani e che i Romani, come avevano fatto precedentemente i Fenici, erano anche loro dei pescatori.Quindi la memoria è fondamentale, continuare a lavorare su questo attività perché buona parte dei giovani non conosce cosa significava tonnara, mattanza e così via. Abbiamo raccolto questi reperti e abbiamo cercato di creare questo museo-mostra. Noi cercheremo di divulgare anche alle scuole queste notizie perché i bambini devono capire cosa significa tonno perché tonno non è la scatoletta e tutto un’altra cosa. La pesca del tonno come si faceva prima era il sintomo di un mare pulito e di un rispetto delle regole della natura perché la pesca avveniva solamente in determinate stagioni. Io vi ringrazio e ringrazio gli. organizzatori.”

Dopo il lungo intervento iniziale si è entrati nel vivo della serata e protagonista è diventato il testo “Il Pescatore di Rime, una raccolta di poesie che vedono il mare al centro di tutti i versi. Ha preso la parola la figlia dell’autore, Eleonora Maio, che fra l’altro ha firmato l’introduzione del libro edito da ‘Kimerik’. “Buonasera a voi, vi ringrazio per la vostra  partecipazione, io stasera ho grande gioia ed orgoglio. Ho avuto modo di curare anche il dietro le quinte e posso assicurare che in questa raccolta c’è tutta la passione, tutto lo spirito di sacrificio, tutta la vitalità che accompagna da sempre mio padre. Quindi chi ha già avuto modo di leggere questo libro avrà notato questo, sicuramente chi lo conosce. Il tema principale è quella meravigliosa distesa di azzurro che abbiamo alle spalle. Amiamo sempre dire a casa che nel suo corpo non scorre sangue ma acqua salata proprio perché questo è l’elemento naturale che lo ha accompagnato per tutta la vita. Questo punto di vista sul mare deriva dalla sua formazione nautica, ma soprattutto dalla sua esperienza di vita reale. Vi consiglio vivamente la lettura del testo. Ringrazio il prof. Trapani per avermi invitato.

Quindi è intervenuta la giornalista Elena Grasso, in rappresentanza della casa editrice, che ha sottolineato perché si sia deciso di pubblicare questo libro, pieno di vita vissuta, di esperienza, la testimonianza di un uomo che ha vissuto il mare in maniera viva, in maniera personale, con i suol ricordi, le sue emozioni, che ha trasformato in versi onirici ma pieni di sentimenti, di trasporto. Noi siamo un gioiello incastonato nel mar Mediterraneo, la nostra storia ne è testimonianza. Immagino leggendo questi versi lui in momenti di solitudine sicuramente, inoltre credo  che questi versi siano venuti proprio in maniera quasi naturale dal suo cuore. È questo è stato il motivo per cui abbiamo accolto, abbiamo voluto dare spazio a Giuseppe insieme a tutti gli autori della Kimeric. Sono oggi all’attivo altre 2000 pubblicazioni e altri 3000 hanno pubblicato con la Kimeric. Io devo dire che sono in rappresentanza dell’Editore Gianfranco Natale. Una casa editrice che nasce a Patti tanti anni fa. Lui è stato capace, è stato coraggioso a intraprendere un percorso nell’editoria che, come sappiamo, ha subito un enorme trasformazione negli ultimi anni, incluso l’ambito del giornalismo di cui faccio parte. So perfettamente bene cosa significa scrivere testi, libri in un momento del genere. Ma Gianfranco ha voluto scommettere, prima ha iniziato a livello nazionale ma dopo tanto tempo si è reso conto che c’era anche tanto qui per creare un’attività. La casa editrice non gode di nessuna agevolazione da parte dello stato. È un’azienda a tutti gli effetti, non è una stamperia, non stampa solo i libri ma ovviamente ha uno staff operativo alle spalle che lavora soprattutto a contatto con il mondo del web nel senso che il libri sono tutti pubblicati online oltre ad essere presenti nelle librerie. Gli autori possono assiste alla vendita diretta del loro libro possono controllare. Possono richiedere delle presentazioni. La casa editrice ha anche un magazine associato. Il gruppo network è molto presente online e avuto la capacità di adattarsi alle innovazioni tecnologiche. Volevo solo presentare questa piccola e grande realtà del territorio Adesso passo la parola a Andrea e Giuseppe che sicuramente sono un po’ conosciuti nel nostro territorio.”

A questo punto ecco Andrea Italiano, da sempre elemento di spicco della Pro Loco ‘A Manganaro’, che ha così esordito: “Questa sera io e Giuseppe giochiamo in casa, io gioco proprio in casa. Sono il nipote della signora Anna e abito al civico 52, mentre Giuseppe è di Cicerata un po’ più spostato verso Milazzo. Il fatto che c’è tanta gente che ci conosce che è venuta qui è un grande risultato. È evidente che c’è una stima nei tuoi confronti e questo è già una prima vittoria che dobbiamo sottolineare. Quando qualche settimana fa mi ha presentato questo libro io subito gli ho detto che l’avremmo dovuto presentare perché meritava di essere divulgato, man mano che lo leggevo mi convincevo che avevo ragione. È un libro frutto del ‘Covid positivo’, le poesie scritte a livello prosastico, non con delle rime e versi classici. Il primo pensiero poetico inizia il 27/3/2020 siamo agli albori di questa pandemia che ci ha bloccati e l’ultimo pensiero è del 31/12/2020, tutto si compie in nove mesi quasi che questo libro sia un parto della mente di Giuseppe. La coercizione a dover stare chiusi ha permesso a Giuseppe ed a tanti altri scrittori di concentrarsi su se stessi, innescare il bagaglio della memoria e affondare le mani nelle reti profonde della memoria riportando a galla i frutti di una vita, i frutti di un’anima, di un esistenza dedicata al mare e alla pesca. Loro appartengono a una famiglia storica di pescatori, forse l’ultima che ancora vive di questo mestiere. Perché qui a Calderà fino a qualche decennio fa c’erano tanti pescherecci. Purtroppo nel corso degli anni questa attività che ha rappresentato la vita ha smesso di esistere per tanti motivi. Il pescatore è un navigante, una specie di Ulisse che torna a casa dopo aver sfidato il mare aperto. Questo ruolo Giuseppe l’ha saputo rendere in una lingua familiare cioè il dialetto, che non è una sottolingua, ma è il siciliano, la lingua madre. Quando uno deve scrivere dei concetti profondi, che sono immediati usa una lingua che gli è materna e congeniale. Gran parte dei pensieri di questo libro sono scritti in dialetto quaddarioto, che non è un vero e proprio dialetto siciliano, ma un dialetto nostro che qui del villaggio che pesca nel siciliano ma ogni tanto sfora nell’italianizzazione della lingua. Ho letto con passione il libro e mi sono immedesimato quando questi uomini cercano di portare a casa il frutto del loro lavoro. Il pensiero unico di tutti i pescatori non è tanto una pesca copiosa, ma il tornare a casa. Perché a casa ci sono le mogli, i figli, perché a casa c’è la vita.Questo momento del mare è come ci fosse una sospensione dalla vita vera, una sospensione che diventa vita per eccellenza perché Maio quando naviga, quando è in mare si sente  veramente se stesso. La parola mare è onnipresente nel libro, come lo è la parola amore quindi possiamo dire che un libro di amore verso il mare e di quello che il mare  può dare e togliere.

Chiusura in bellezza con una vera e propria intervista di Italiano a Maio: “Adesso veniamo alla seconda parte del mio intervento quello più interessante, le domande a Giuseppe Maio per farvelo sentire dalla sua viva voce.

Non tutti i pescatori scrivono, neanche nella tua famiglia. Tu sei uscito fuori dal seminato. Quando ti è venuto questo pallino, questa scintilla da elemento di lavoro comune a elemento di letteratura e quindi di scrttura la tua vita stessa?

Buonasera a tutti e grazie di essere qui insieme ad Andrea. Praticamente mi trovo a iniziare questa nuova avventura nel momento in cui rimango fermo, non so che cosa fare e rimango in casa per giornate intere e decido di scrivere. Parte la prima riga, la seconda e la terza ritorno indietro e faccio le poesie. Le poesie nascono principalmente dal cuore. Scrivo e divento un fiume che non finisce mai di scorrere.Diciamo che è colpa del covid, però sono contento di quello che ho fatto. 

Spiegaci, raccontaci un po’ della tua vita di marinaio e di pescatore. 

La mia vita da marinaio è molto lunga, diciamo che è secolare perché se vado ad aggiungere i miei anni a quelli fatti con mio padre durante le notti, 100 anni sicuramente. Quindi mi ritengo pescatore da più di un secolo. Mio padre mi ha insegnato quest’arte  perché la pesca è un’arte, come è un arte la poesia, come sono arte tutti i mestieri che sono a contatto con la natura. La pesca trasforma un uomo e non lo lega al mare. Il mare bisogna amarlo, bisogna amarlo in ogni momento anche quando ahimè diventa pericoloso. 

Tu il mare lo ami, per te diventa elemento di poesia. Quindi per te è una tradizione. Un rapporto secolare di una persona che ama scrivere, ama intervenire. Se il mare ti è stato instillato dalla tua famiglia e non possiamo fare altro, la poesia e la scrittura dove la peschi?

È nata così per caso e nel momento in cui è nata non è mai finita. Sì, mi piace scrivere, di politica ci capisco poco, ma nel momento in cui entrano nel mio campo posso fare lezioni a chicchessia, perché questo mestiere lo conosco benissimo, sono e rimango un pescatore e diciamo che non ho bisogno di lezioni da nessuno perché nasco e sono educato da un pescatore, un professore di questo mestiere, di questa nobile arte che si chiama pesca. Mio padre era ‘u prufissuri di stu mari’, mio padre era Pietro Maio. Mio padre era figlio di un pescatore. Nel momento in cui viene qualcuno che vuol farmi lezione ha sbagliato luogo. Avevo preparato un discorso che ho perso. 

Tu a un certo punto parli di un sequestro a mare in Spagna alle Baleari, che sono Europa. Il mestiere del pescatore non è facile perché oltre problemi connessi devi affrontare problemi burocratici, il fermo, il costo del carburante, le acque territoriali ecc. La politica che sembra non volta a aiutare le attività veramente produttive.Il quaddarioto ha perso la sua identità. Raccontaci il passaggio della pesca dagli anni ’50 ad oggi e come questo passaggio ti ha dato l’idea per diventare uno scrittore, mettere per iscritto tutto ciò che hai voluto dire a tutti noi.

Riferendomi a ciò che diceva il signore che ha parlato prima, delle tonnare fino a Patti, una volta i tonni venivano a riva e non c’era tecnologia. Venivano a riva perché non erano disturbati a largo, poi le tonnare che c’erano a terra incominciarono a scemare perché arrivarono i palammari, le tonnare volanti che bloccavano i tonni a largo, quindi tonni ne entravano poco. I tonni camminano a flotta, a gabbanata come si dice. Entrarono nel Mediterraneo, i Giapponesi ne facevano manbassa. Noi pescavamo con la spadara il pesce spada, per 35 anni, noi pescavamo con un peschereccio d’altura. A noi ci chiamavano le barche da crociera, noi  andavamo in Spagna. Diceva Andrea del sequestro, ci hanno sequestrato in Spagna, a Palma de Maiorca, nel  giugno 1998 e grazie a Dio siamo rimasti li una settimana. Nel momento in cui ci hanno portato a terra abbiamo chiesto l’intervento del console italiano, ma noi eravamo nessuno, noi eravamo siciliani. Ci hanno sequestrato tutto. Noi eravamo a 62 miglia da terra in acque internazionali,   fino a 50 miglia si era in Spagna, comunque ce l’hanno sequestrato lo stesso. Alla fine siamo tornati in Italia, senza rete, senza pesce e senza niente. È passato anche quello. Io in questo libro ho voluto descrivermi e descrivere attraverso la poesia che è nata cosi per caso. Ho portato al presente il mio passato di pescatore che non rinnegherò mai. In qualsiasi ora delle giornata mi fermo e scrivo. Ringrazio innanzi tutto la mia famiglia, i miei figli, mia moglie che mi hanno sostenuto e che mi sopportano. ‘U mari’ un mio amico, Stefano Giunta, l’ha musicata. Dopo questa poesia ho detto ‘voglio fare un libro’ ed i miei figli sono entrati in crisi, ma siccome sono un ariete sono andato avanti per la mia strada. Ho scritto tante poesie che sono belle, lineari, e adesso avrò modo di leggerne qualcuna. Luigi Sindoni un pittore, mi ha definito un fautore del nuovo realismo. Non ho più niente da dire. 

Con le foto di rito ed il firmacopie si è chiuso un evento perfettamente riuscito, che si è svolto, come ampiamente detto, in due fasi, tra loro strettamente legate, infatti l’antica tonnara di Calderà ed il ‘Pescatore di Rime’ Giuseppe Maio hanno in comune il mare innanzi tutto, ma poi anche storia, tradizioni, cultura… Tutto ciò è stato al centro della bellissima serata di inizio agosto a Calderà. 

(Foto di G. Maio e M. Crinò).