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Nel tardo pomeriggio di ieri, domenica 7 novembre 2021, si è tenuta a Barcellona Pozzo di Gotto presso la Parrocchia San Giovanni Paolo II di Portosalvo, l’inaugurazione di un campo di calcio a 5 dedicato alla memoria del Beato Rosario Livatino, il magistrato di Canicattì ucciso dalla mafia ad Agrigento il 21 settembre 1990 a soli 38 anni.

Tante le presenze importanti all’evento organizzato dalla Parrocchia stessa di concerto con l’Amministrazione Comunale ed il padrone di casa Padre Vincenzo Otera ha invitato innanzitutto Sua Eccellenza Mons. Cesare Di Pietro, Vescovo Ausiliare di Messina, che ha officiato la Celebrazione Eucaristica. Altre presenze di spicco quelle del Vice Prefetto Aggiunto Dott. Cosimo Gambadauro e del Sindaco di Barcellona Avv. Pinuccio Calabrò accompagnato dall’Assessore Roberto Molino. Padre Otera ha letto anche un messaggio di ringraziamento ricevuto direttamente dalla Prof.ssa Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso a Capaci.

Presenti i vertici barcellonesi delle Autorità Militari ed i rappresentanti della Figc oltre alla Croce Rossa, ai Carabinieri in pensione e alla Fanfara dei Peloritani che ha suonato l’Inno Nazionale nel momento in cui è stato tagliato il nastro del campetto in erba sintetica veramente bello. Non poteva mancare la sfilata dei Bersaglieri con la caratteristica corsa all’interno del rettangolo verde, fra giochi pirotecnici. È giunto a Barcellona anche il cugino del magistrato Livatino, il Prof. Salvatore Insenga, colui che nella cerimonia di Beatificazione ebbe l’onore di portare in processione la Reliquia del magistrato ovvero la sua camicia intrisa di sangue che indossava il maledetto giorno della propria uccisione.

È stata scoperta la targa commemorativa di intitolazione dopo brevi interventi di Padre Otera che ha ringraziato chi ha contribuito a questa importante realtà che nasce a Portosalvo, del Sindaco Calabrò che si è detto compiaciuto d’aver completato un percorso iniziato dalla precedente Amministrazione, del Dott. Gambadauro e del Presidente cittadino della Figc Molino. Infine la gara fra alcune rappresentative di Carabinieri, Polizia e Guardia di Finanza e giovani dell’Oratorio San Giovanni Paolo II.

A chiusura della giornata abbiamo incontrato il Prof. Salvatore Insenga, cugino diretto del Beato Rosario Livatino, giunto a Portosalvo per assistere a questa inaugurazione, accompagnato dalla sua amica Prof.ssa Michela Di Dio, il quale ci ha gentilmente concesso l’intervista che segue, in esclusiva per la Testata “OraWebTv”.

D. Professor Salvatore Insenga, lei è cugino del Beato Rosario Livatino, cosa ha provato nel partecipare a questa serata?

R. Sì, è proprio così, sono l’unico cugino diretto in quanto mia mamma e suo papà erano fratelli. È stata una bellissima e straordinaria iniziativa, ringrazio veramente di cuore il parroco per aver pensato a Rosario per questo campo sportivo dove spero che molti ragazzi possano giocare, divertirsi e magari farsi venire la curiosità di conoscere Rosario, visto che ormai sono passati trent’anni e non sempre si riesce a far memoria in un paese come il nostro. Speriamo che questo campetto serva anche a questo.

D. Come definirebbe suo cugino Rosario Livatino?

R. Figlio, cugino fratello, un uomo, un giudice, uno che non c’è più e non ha potuto avere figli e non ha potuto arricchire più la nostra vita con la sua persona, uno che nel momento in cui è morto sono morti i suoi genitori. Rosario era un ragazzo che profumava, di bontà, di gentilezza ma anche di fermezza, era fermo nel suo essere giudice, sapeva qual era il suo dovere, era centrato nel suo essere uomo, giudice, figlio, cristiano, cioè profumava di buono e quel profumo mi manca perché non l’ho sentito in nessun altro.

D. Ci dia un messaggio per i giovani e in particolare per quelli che vogliono intraprendere la professione di magistrato, in un periodo storico nel quale questa figura è molto discussa.

R. Ai ragazzi io auguro sempre di non avere paura di essere felici. Lo noto anche da insegnante, i ragazzi di oggi hanno questa paura perché si fanno prendere molto dalle convenzioni del mondo. Noi spesso come adulti non siamo in grado di trasmettere quelle sicurezze che servirebbero loro. Riguardo i giovani magistrati, io non lo sono ma ho avuto l’esempio di Rosario e posso dire che c’è un solo modo col quale si può fare questa professione, se si è credenti, sotto la tutela di Dio, come ha fatto Rosario, perché nessuno di noi è veramente in grado di essere al di sopra di chiunque e quindi giudicare chicchessia, anche il peggiore dei malviventi. Se non si è credenti, occore fare il proprio dovere per la società civile, una forma diversa di religiosità. Quando la giustizia è applicata con correttezza, allora fa da collante per tutta la società civile. Quindi io auguro a tutti i giovani magistrati di poter avere questa linea, sia che siano credenti sia no, perché in questo periodo complicato per la magistratura c’è bisogno di nuova aria, di nuova energia e come sempre sono i giovani che possono dare tantissimo, come fu giovane Rosario, che purtroppo diede anche la vita, possano dare la loro vita nel senso più bello alla giustizia, la professione più bella insieme a quella dell’insegnante.

D. A tal proposito mi viene in mente un’altra domanda, lei è un insegnante, gli insegnanti devono educare oltre che istruire i giovani. E allora che messaggio lancia agli insegnanti?

R. Oggi la troppa burocrazia ci fa spesso dimenticare che siamo insegnanti. Troppe cose da fare, riunioni, però noi non possiamo non amare i ragazzi che abbiamo davanti. Io sono un buon insegnante nella misura in cui riesco ad amare tutti i ragazzi indistintamente, sapendo che da noi anche quando non sono d’accordo con noi ci stanno chiedendo aiuto, dobbiamo dar loro non solo competenze ma anche conoscenze, la capacità di leggere il mondo. Rosario è Rosario perché ha avuto ottimi insegnanti.

D. Che effetto le fa avere un futuro Santo in famiglia?

R. Ma io sa sono cresciuto con mia madre che mi faceva vedere i santini, quando eravamo bambini arrivava il parroco e ci dava i santini, San Giuseppe, San Bartolomeo, poi a Canicattì c’è Don Gioacchino Lumia, che ancora non è Santo, è Servo di Dio ma è venerato come un Santo e sono pieno anche di immaginette di questo frate, bene, io li ho sempre immaginati come qualcosa di lontano, e ora ho un cugino Beato. I tempi della Chiesa sono lunghi, spero di riuscire a vedere pure la Santificazione, però quello che è veramente notevole in tutta questa storia è che è stato l’uomo che quando ero bambino mi ha tenuto in braccio, che mi ha offerto il gelato, con lui abbiamo parlato di Hegel, con cui abbiamo parlato di giustizia e fede ma ci siamo fatti anche delle risate. Per me è una cosa stranissima, perché io so che è Beato, però è qualcuno che ho conosciuto fisicamente, intellettualmente, spiritualmente, ovviamente con il grado di cugino, però era lì, ed è veramente nel quotidiano che avviene una cosa così grande, un miracolo così grande.

D. Professor Insenga la ringraziamo per l’intervista concessa alla nostra Testata e chiudiamo con una domanda che non può mancare: quale è il suo ricordo più bello legato a Rosario Livatino?

R. In verità sono due, il primo quando è morta nostra nonna, lui era più grande e mi fece da fratello maggiore. Mentre c’era la veglia funebre a casa lui mi portò a spasso, mi offri un gelato, un momento che ricordo con grande dolcezza. Il secondo, l’ultima volta che ci siamo visti mi è rimasto nel cuore, il nostro ultimo abbraccio in una Canicattì assolata di inizio giugno, ripromettendoci di rivederci presto. Non ci siamo più visti perché tre mesi dopo, in settembre, Rosario fu ucciso. Quando in occasione della Cerimonia di Beatificazione mi sono ritrovato a portare la Reliquia in processione, ho visto quella camicia intrisa di sangue, ecco in quel momento per me è come se si fosse rinnovato quell’abbraccio.