Condividi:

Antonio Catalfamo, poeta, critico letterario, docente universitario, direttore del Centro Studi “Nino Pino Balotta”, nel trentacinquesimo anniversario della morte, ha voluto inviare alla redazione di OraWebTv un ricordo dello scienziato e umanista barcellonese. Lo pubblichiamo qui di seguito.

Trentacinque anni fa, precisamente nella notte tra il 25 e il 26 luglio 1987, moriva, nella sua abitazione di Via Operai, a Barcellona Pozzo di Gotto, dove viveva da solo, Nino Pino Balotta. Era un’estate torrida, come quella di quest’anno, lo scienziato ed umanista probabilmente era stato colto da malore, aveva fatto forza con le braccia sulla testiera del letto per alzarsi e chiedere aiuto, ma non c’era riuscito. Il suo corpo esanime era stato trovato il giorno dopo da persone amiche.
Era nato nella città del Longano, nel 1909, nell’ambito di una famiglia aristocratico-borghese. Personaggio poliedrico, si era cimentato nei vari campi dello scibile umano, sfuggendo, però, all’improvvisazione. Corriere antifascista tra l’Italia e la Francia, nelle file di “Giustizia e Libertà”, arrestato nel 1931, 1932 e 1937. Intellettuale e militante d’ispirazione anarchica e libertaria, aveva guidato lo sciopero generale dei braccianti disoccupati, a Barcellona Pozzo di Gotto, il 2 gennaio 1948, era stato ferito ed incarcerato ed era uscito di prigione dopo l’elezione al Parlamento nazionale, nelle file del Partito comunista italiano, prima come indipendente, e poi, a partire dal 1953, come iscritto al partito, fino al 1963, allorquando non aveva riproposto la sua candidatura alla Camera dei Deputati. Scienziato e docente di Zootecnica presso l’Università di Messina, nel 1952 l’Accademia Veterinaria di Francia gli aveva conferito uno dei massimi riconoscimenti. Umanista e poeta, in lingua e in dialetto, aveva ottenuto nel 1956 il Premio Viareggio per la poesia dialettale siciliana con la raccolta “Mminuzzagghi” (“Rimasugli”).
Hegel ha scritto che il filosofo è come la nottola di Minerva, che si alza in volo al crepuscolo. E questo per dire ch’egli, così come gli altri studiosi delle discipline che analizzano la storia umana in tutte le sue sfaccettature, può esprimere giudizi ponderati solo a distanza di molto tempo, perché ciò gli consente il distacco necessario, nonché di far tesoro dell’esperienza che nel frattempo è maturata. A 35 anni di distanza, noi possiamo, dunque, esprimere ora un giudizio meditato su Nino Pino, come uomo e come intellettuale. Egli ha rappresentato un punto di riferimento obbligato per quanti, nella sua città, sono stati animati da un’ansia di libertà, di emancipazione economica, sociale, politica e culturale, in una realtà che, ancora nel Novecento, conservava (e conserva tutt’oggi, nel Terzo Millennio) elementi persistenti di semi-feudalità: figure eslegi di militanti anarchici e libertari, antimilitaristi della prima ora, spinte ai margini della vita sociale e ridotte in condizioni di miseria; artigiani che ricordavano, con la loro carica antisistema, con le loro curiosità culturali, con il loro “ribellismo” congenito e continuamente alimentato da letture “sovversive”, anche se affrontate da autodidatta, l’arrotino Calogero della vittoriniana “Conversazione in Sicilia”; contadini desiderosi di pane e lavoro, che lottavano per un palmo di terra e per condizioni di vita più dignitose; giovani d’estrazione proletaria, ma anche borghese, che rifiutavano i limiti ristretti del “provincialismo” politico e culturale dominante e sognavano un sistema di valori più avanzato e progressivo, con connotati anche rivoluzionari. Questa avanguardia umana, così variegata ed articolata al suo interno, con la presenza di originali caratteristiche personali, diverse da individuo ad individuo, bussava fiduciosa alla porta di Nino Pino Balotta e riceveva sostegno, intellettuale, umano, materiale, rappresentando un’alternativa al sistema dominante. La Consulta popolare, nata per iniziativa del Nostro, avente sede all’ultimo piano della sua abitazione di Via Operai, ha costituito uno strumento di democrazia diretta che merita di essere studiato ed approfondito in tutti i suoi risvolti.
La morte di Nino Pino ha rappresentato, dunque, una grave perdita per quella città alternativa al potere di turno che ha costantemente bisogno di un punto di riferimento intellettuale e materiale.
Nino Pino è stato un personaggio poliedrico, dicevamo. Anche qui è possibile riflettere con distacco, a distanza di tempo, sul suo pensiero e sulla sua concezione generale del mondo, per rilevarne tutta l’attualità. La sua visione è integralmente materialistica, fondata sulla convergenza tra illuminismo e positivismo. Per lui l’universo è un insieme di sistemi e di relazioni, in continua evoluzione, al centro del quale c’è l’uomo, essere condizionato ed essere condizionante (per usare le sue parole), nell’ambito dei rapporti uomo-se stesso, uomo-società, uomo-natura. Il suo materialismo è impregnato del materialismo storico e dialettico d’impronta marxista e, segnatamente, gramsciano. E’ dominato da un “nuovo umanesimo”, che si distingue da quello quattrocentesco e cinquecentesco, il quale prendeva come modello non l’uomo contemporaneo, ma quello classico, assieme ai suoi valori, naturalmente mitizzati. L’umanesimo di Nino Pino è “nuovo” nel senso che questa definizione ha, per l’appunto, nel lessico gramsciano. L’uomo a cui fa riferimento è quello concreto, contemporaneo, storicamente determinato, che si trova al centro di un sistema di relazioni, relative ai rapporti tra gli uomini e tra questi e il mondo vegetale, animale, visti nel loro complesso, il quale, con la sua azione, s’impegna a cambiare queste relazioni in senso progressivo e rivoluzionario, in funzione di una società di liberi ed eguali: una società prima socialista e poi comunista.
Le sue concezioni di tipo filosofico, antropologico, estetico, si sono riverberate sul mondo di fare poesia di Nino Pino. Egli si configura come un “biotipo”, punto di sbocco di un processo biologico-sociale che rimonta nei secoli, anzi nei millenni, comprendendo i mutamenti del mondo esterno e di quello interiore della sua stirpe, e, quindi, la componente conscia, razionale, e quella inconscia, irrazionale, comprensiva dell’inconscio individuale e dell’inconscio collettivo. La sua poesia si presenta, allora, come una concrezione di vita, di storia, di cultura, strettamente legata al territorio in cui egli è nato e vissuto, alle varie civiltà che in esso si sono stratificate nei secoli, con i loro valori. “Mminuzzagghi” (“Rimasugli”) e “Volga voga marinaru” (1970) sono il punto di approdo di questa sua visione di poetica e di estetica, nonché del suo essere uomo, “biotipo”, strettamente legato al territorio di appartenenza, vale a dire all’area della provincia di Messina racchiusa tra Barcellona Pozzo di Gotto e Milazzo.  Rivive nelle due raccolte di poesie dialettali tutto l’ “ethos” dei contadini, dei pescatori, degli “spiritari” (lavoratori che estraggono le essenze dagli agrumi), che operano nella suddetta area, con tutto il loro bagaglio di cultura, di valori, di usi, di costumi, di tradizioni, di riti, che affondano le radici nei millenni.
Purtroppo, oggi l’opera di Nino Pino, a 35 anni dalla morte, non ha il rilievo che meriterebbe nell’ambito della critica e degli studi specialistici riguardanti i vari settori nei quali egli si è cimentato. Durante la sua vita si sono occupati di lui studiosi ed intellettuali come Antonio Piromalli, Francis Gastambide, Giacinto Spagnoletti, Fernando Palazzi, Aldo Capasso, Oronzo Parlangeli, Diego Valeri, Vincenzo  Santangelo. Dopo la sua morte, il sottoscritto, come direttore del Centro Studi a lui intitolato, ha dedicato a Nino Pino diversi convegni e seminari, ai quali hanno partecipato come relatori personalità del calibro di Vincenzo Consolo (scrittore), Luigi Chiofalo (docente universitario di Zootecnia), Antonio Pugliese (docente universitario di materie veterinarie), Federico Martino (storico), Rocco Familiari (regista e autore di teatro), Jean Paul De Nola (linguista). Inoltre, ha pubblicato una corposa monografia (“Il ‘neoumanesimo’ di Nino Pino”) e alcuni saggi, ospitati da riviste accademiche, come “Sincronie” (Università di Roma “Tor Vergata”), “Critica marxista”, “Letteratura & Società” (fondata da Antonio Piromalli e diretta da Tommaso Scappaticci), “Testo e Senso” (Università di Roma “Tor Vergata”), “Materialismo storico” (Università di Urbino “Carlo Bo”). Merita di essere segnalato, inoltre, un saggio pubblicato a firma di Nino Sottile Zumbo dall’importante rivista americana “Forum Italicum” e incentrato sui rapporti tra Nino Pino e il Futurismo.
Il Centro Studi “Nino Pino Balotta”, da me diretto, conta di continuare nella sua attività di divulgazione del pensiero e dell’opera dello scienziato e umanista barcellonese, in piena autonomia da ogni potere istituzionale e senza il ricorso a fondi pubblici, nel rispetto di quello spirito libertario che animò Nino Pino.