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Scuote cuori e menti di un intera comunità e non solo, il dramma verificatosi oggi pomeriggio a Femminamorta presso la ditta Costa, con un bilancio attuale terrificante di 5 morti e 2 feriti gravi. 

Sul tragico evento interviene anche la Parrocchia di Calderà San Rocco, con il messaggio, di Padre Alfonso Bruno, forte intriso di suggestione e riflessione sull’accaduto.

“Commossi cerchiamo risposte al dolore di Barcellona – esordisce nella lettera pubblicata sui canali ufficiali -. L’esplosione del deposito della fabbrica di fuochi d’artificio in contrada Cavaliere-Femminamorta di Barcellona Pozzo di Gotto miete vittime e feriti suscitando cordoglio e solidarietà in tutta la popolazione.

Come l’effetto di un fulmine a ciel sereno un boato irrompeva alle 16:30 del 20 novembre 2019 nell’atmosfera di Barcellona Pozzo di Gotto squarciando vite e ferendo i cuori di amici, parenti e conoscenti delle vittime dell’esplosione della fabbrica dei Fuochi Pirotecnici della Ditta Vito Costa.
La vita non sempre colpisce dove meno te lo aspetti ma si accanisce alle volte sulle dolenti piaghe non ancora cicatrizzate del passato.
Era il 1996 – me lo hanno raccontato – quando in un analogo incidente perdeva la vita il figlio del socio Nicola scomparso solo quest’anno e salutato alla fine del funerale da una batteria di “giocufocu” così come in Sicilia si chiamano i fuochi pirotecnici, onnipresenti testimoni di importanti eventi.
Conoscevo personalmente la famiglia Costa fornitrice dello spettacolo pirotecnico nella festa patronale di S. Rocco a Calderà.
Avevo incontrato l’ultima volta Nino e i fuochisti lo scorso 31 ottobre in occasione dell’installazione della statua di S. Massimiliano Kolbe a Santa Maria del Cenacolo.
Persone perbene e laboriose, appassionate del loro mestiere al quale aggiungevano arte e originalità gratificati da riconoscimenti in gare internazionali.
Rispetto e preghiera per le vittime che non ce l’hanno fatta e auguri di pronta guarigione ai feriti.
Tutta una comunità cittadina piange i suoi figli nel dolore che per alcuni sembra estraneo alla vicenda umana.
E’ bastata una scintilla creativa per fare l’universo voluto da Dio; è bastata una scintilla forse di saldatura per disfare vite e storiche attività in un fatale innesco deflagrante.
Puntuale a ogni tragedia, credenti e non, si chiedono dove fosse Dio nel momento della disgrazia, quando questa piomba inaspettata e repentina seminando lutti e mietendo vittime.
Tali questioni, in certo qual modo, superano i confini della Rivelazione e penetrano nel mistero di Dio stesso; così come non possiamo comprendere l’infinita bontà di Dio, neppure possiamo sondare completamente i suoi progetti. Per questo assai spesso l’atteggiamento migliore di fronte al male e al dolore è quello dell’abbandono fiducioso in Dio, che sempre “sa di più” e “può di più”.
Però è anche naturale che cerchiamo di illuminare l’oscuro mistero del male, in modo che la fede non si spenga in seguito all’esperienza della vita, ma, proprio in quei momenti, continui ad essere una luce chiara nel nostro percorso.
Nella Bibbia, la prima volta che Dio parla all’uomo, è lui che gli chiede: “Dove sei?” (Gen 3,9). Non è l’uomo che deve chiedere a Dio dove è, ma egli che deve interrogarsi dove è, a che cosa è stato chiamato.
Tutta la Scrittura è attraversata dal rimprovero del Signore a quanti “hanno orecchi per udire e non odono” (Ez 12,2; Ger 5,21; Mc 8,18), ma gli uomini imperterriti, continuano a disapprovare il Signore per il suo silenzio. La Bibbia insegna che per saper ascoltare questo Dio occorre avere coscienza di chi è il Signore, altrimenti lui parla e le persone non se ne accorgono. Chi crede in un Dio potente lo cerca nella potenza e non riesce a scorgerlo nell’amore, unica espressione di questo Dio.
Esistono persone che, immerse nel trambusto della vita, non si pongono gli interrogativi decisivi finché una malattia, o un rovescio economico o familiare, li induce a interrogarsi più a fondo. Ed è frequente che avvenga un cambiamento, una conversione, un miglioramento o una disponibilità alle necessità del prossimo. Allora la sofferenza è anche pedagogia di Dio, che vuole che l’uomo non si perda, che non si dissolva fra le delizie del percorso o tra gli aneliti mondani. Pertanto, benché nella vita di ciascuno vi sia una quantità di male sulla quale conta la Provvidenza divina, questo male alla fine si rivela un servizio al bene dell’uomo.
Molte persone hanno sentito la carezza di Dio proprio nei momenti più difficili: i lebbrosi baciati da San Francesco d’Assisi o i moribondi trattati con rispetto e amore da santa Teresa di Calcutta. Anche questo ci dice qualcosa sul mistero del dolore nell’esistenza umana: sono momenti in cui la dimensione spirituale della persona può mostrarsi con forza se si lascia abbracciare dalla grazia del Signore, nobilitando anche le situazioni più gravi.
Per quanto grandi e incomprensibili possano essere i drammi della vita, assai superiore è il potere creatore e ri-creatore di Dio. La vita è un tempo di prova e, quando finisce, comincia quello definitivo. Questo mondo è passeggero. Con esso succede come alla prova di un concerto: forse qualcuno ha dimenticato lo strumento, un altro non ha studiato bene la sua parte e un terzo non ha accordato a dovere lo strumento. Per questo esistono le prove. È il momento di accordare, di armonizzare gli strumenti, di adeguarsi al direttore d’orchestra. Poi, alla fine, arriva il gran giorno, quando tutto è ormai pronto a puntino, e il concerto si può svolgere in una sala in festa, in mezzo al tripudio e all’emozione generale.
La vita di Cristo non è soltanto la dimostrazione dell’amore di Dio, ma anche del suo potere, il potere di restituire abbondantemente tutto quello che non faceva parte della giustizia, tutto quello in cui sembrava che Dio non fosse presente, là dove aveva lasciato fare al male e al dolore, ben oltre a ciò che allora eravamo riusciti a comprendere. Anche Gesù ebbe per un momento la sensazione di essere stato abbandonato (cfr. Mc 15, 34), lo sopportò con amore, e alla Croce fece seguito una gloria eterna. L’ultimo libro della Scrittura, l’Apocalisse, ci parla di un Dio che «tergerà ogni lacrima» (Ap 21, 4), perché Egli fa nuove tutte le cose (cfr. Ap 21, 5) e sarà la sorgente di una felicità sovrabbondante”.