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Nel pomeriggio di sabato 13 maggio 2017 si è tenuto a Barcellona Pozzo di Gotto l’evento “Storie di donne, di povertà e di incerta follia”: presso l’Auditorium del Parco Urbano “Maggiore La Rosa” è stato presentato il libro “La semimbecille ed altre storie” di Stefania Ferraro, ricercatrice in Sociologia dei fenomeni politici presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.

Il moderatore della serata Tindaro Bellinvia (Migralab A. Sayad) ha introdotto l’incontro ringraziando gli altri relatori e illustrando per sommi capi il contenuto del testo oggetto della presentazione cedendo poi la parola ad Elisa Calabrò (Ossidi di Ferro), che ha così esordito riguardo il testo della Ferraro: “Si tratta di un itinerario molto particolare che porta molto indietro nel tempo, alla fine del 1800, giungendo poi ai giorni nostri”. “Maria, Liliana ed Emma, tre donne differenti ma con in comune il tema della diversità” ha proseguito. Sopratutto riguardo Emma si è dichiarata “inquietata per la generale deresponsabilizzazione della società attuale”. Si parte dal 1892 e da Maria, la semimbecille del libro di Stefania Ferraro, poi c’è Liliana che è una donna normale della borghesia napoletana che subisce l’elettroshock (siano nel 2010), quindi Emma che ci spiazza forse maggiormente per il proprio vissuto.

È seguito un dialogo fra Bellinvia e l’autrice. Stefania Ferraro ha narrato del suo incontro con Maria, avvenuto per caso: all’epoca l’imbecillità era una patologia, riguardava la sfera morale ed era ritenuta addirittura biologicamente ereditaria. Si è imbattuta, grazie al suo maestro che ha anche scritto il saggio introduttivo al libro, nella perizia fatta su Maria Francesca Ferri. Uccise il suocero, per non subire più le molestie sessuali. Fu accusata, nonostante lei respingesse l’accusa, di voler anche uccidere i figlioletti. Stette ben 29 anni nelle mura manicomiali, considerata matta quando non lo era. Costretta in questo ruolo a causa di una perizia che ricalcava perfettamente le teorie di Lombroso sulla predizione della pazzia rispetto anche alla conformità del cranio. Stefania Ferraro non scrive contro la psichiatria, così come non era contrario a essa Franco Basaglia, è contraria al potere scientifico quando preferisce il controllo anziché la cura. Qui le citazioni numerose anche a Foucault.

Altro intervento quello di Maria Concetta Santamaria, Presidente della Fidapa di Barcellona P.G. che ha ringraziato Bellinvia per l’invito ed ha affermato d’esser rimasta colpita dalla frase “topografia dell’inadeguato”, così proseguendo: “L’uomo gettato, l’anziano, il malato, il disabile, ma anche la donna vittima di abusi, quella che non viene assunta perché incinta, quella che è sottopagata, campo nel quale la nostra Associazione è in prima linea, sono realtà da attenzione. Ciascuno di noi deve avere ruolo inclusivo, cogliere, capire, interpretare le barriere che creano esclusione. L’Opg nella nostra città ha portato non distanza ma vicinanza agli internati. Fondamentalmente dobbiamo coltivare la cultura propositiva.”

Ha replicato Elisa Calabrò affermando che comunque “si fa fatica ad ammettere il disagio”, aggiungendo “un altro tema che mi ha colpito è la ‘corporeità della donna’ e le varie tipologie di violenze nel tempo. Su Maria c’è una parte durissima, il suo corpo viene sbattuto in faccia; Liliana ha un corpo che dovrebbe essere perfetto; riguardo Emma c’è il termine ‘tonfo’.

L’ incontro è proseguito con la lettura di passi del libro da parte di Irene Munafò (Arci Cohiba). È stato dato spazio agli interventi. Ve n’è stato uno solo. La lettrice ha comunicato di aver letto e apprezzato l’approccio di Stefania Ferraro e la sua capacità di dare finalmente voce ai semimbecilli e agli inadeguati. Ha concluso offrendo all’autrice un’altra biografia, quella della barcellonese Giusy F. ristretta in un OPG per due anni e nove mesi e considerata sempre “folle” dalla miopia sociale e dallo stesso potere psichiatrico che ne ha ritracciato la vita.

Un evento di grande importanza sotto il profilo sociale che è stato seguito da un buon numero di persone e l’augurio è che verso questi nostri fratelli “diversi” ci si possa rapportare senza pregiudizi pensando poi che, come recita il titolo di un altro bellissimo testo sulle diversità, “da vicino nessuno è normale”.