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Un forte ed accorato messaggio scritto da Padre Alfonso Bruno della Chiesa di San Rocco a Calderà, dopo i tragici accadimenti di ieri a Beirut.

“E’ un messaggio di coabitazione tra cristiani e musulmani. Il Paese dei Cedri, devastato da una guerra civile negli anni 70/80 ma rimessosi progressivamente in piedi.
Simile alle nostre regioni meridionali come vegetazione, la terra dei Fenici ha conosciuto una diaspora senza precedenti durante il periodo ottomano.
E’ uno dei pochi Paesi al mondo e forse l’unico dove ci sono più cittadini all’estero che nei confini nazionali.
Con il commercio nel sangue molti libanesi si sono stanziati in sudamerica, specie in Brasile, dove esiste la comunità più numerosa. Anche in Italia ci sono tanti libanesi, così come nella lontana Australia fino a tutta l’Africa Nera, specie nella regione occidentale.
E’ lì, In Benin, che ho apprezzato questo popolo dalla ricca tradizione e cultura, pieno di fede e squisito senso dell’ospitalità mediterranea. Più volte sono stato in Libano e ogni visita mi ha sempre lasciato emozioni e ammirazione.
Ieri sera ho subito chiamato i miei tanti amici del Libano per esprimere la mia vicinanza, la mia preghiera e la mia solidarietà. Queste persone faranno sempre parte della mia vita.

«Beirut, la sposa d’Oriente, Beirut, il faro d’Occidente, è ferita». È una «città devastata», ridotta come «uno scenario di guerra senza guerra». Così inizia l’appello lanciato dal Patriarca maronita Bechara Boutros Rai «agli Stati del mondo», dopo la «misteriosa esplosione» (questa l’emblematica espressione scelta dallo stesso Patriarca) avvenuta martedì 4 agosto nel porto della capitale libanese, con bilancio provvisorio di più di cento morti e migliaia di feriti.

L’evento devastante – ripete il cardinale libanese – ha sventrato la città, spargendo morte e devastazione, distrugendo ospedali, case, chiese e moschee, alberghi e negozi. E ciò – incalza il Patriarca – avviene proprio mentre lo Stato libanese «si trova in una situazione di bancarotta economica e finanziaria che lo rende incapace di affrontare questa catastrofe», con il popolo ridotto «in condizione di povertà e miseria».
La Chiesa – riferisce il cardinale – ha istituito una rete di soccorso in tutto il territorio libanese, ma l’emergenza è tale che ogni sforzo messo in atto dalla comunità nazionale risulta impari rispetto alla catastrofe che ha colpito il Paese dei Cedri. Per questo, a nome della Chiesa in Libano, il Patriarca Rai ringrazia anticipatamente «tutti gli Stati che hanno espresso la loro disponibilità ad aiutare Beirut», e si rivolge «a tutti gli Stati amici e fratelli», e a in particolare alle grandi Potenze e alle Nazioni Unite, chiedendo a tutti un aiuto immediato per la salvezza di Beirut, che prescinda da ogni considerazione e calcolo politico e geopolitico, «perché ciò che è accaduto va oltre la politica e va al di là dei conflitti». Il Libano, piegato negli ultimi anni da una sequenza di catastrofi di ordine politico, finanziario, economico e sul fronte della sicurezza nazionale – aggiunge il Patriarca maronita – ora «merita il sostegno dei suoi fratelli e amici, necessario per rimettere in piedi la sua capitale». Secondo il Patriarca Rai, la via più adeguata per far fronte allo stato di emergenza è quella di istituire un “fondo controllato dalle Nazioni Unite” per gestire gli aiuti. «Mi rivolgo a voi» conclude il Patriarca «perché so che amate il Libano e che risponderete a questo appello. Mi rivolgo a voi perché so quanto avete a cuore che il Libano riacquisti il suo ruolo storico al servizio dell’uomo, della democrazia e della pace in Medio Oriente e nel mondo».

Al momento dell’esplosione, che ha devastato Beirut nel pomeriggio di martedì 4 agosto, i libanesi, sfiancati dalla crisi economica e dall’emergenza COVID che era tornata a paralizzare il Paese negli ultimi giorni, hanno subito messo da parte ogni indugio e si sono precipitati a soccorrere i propri connazionali: medici e personale sanitario hanno aperto ospedali e cliniche all’afflusso dei feriti, albergatori hanno messo le loro strutture a disposizione per accogliere gli sfollati fuggiti dalle proprie case distrutte. Lo stesso hanno fatto conventi, monasteri, chiese e moschee. Anche gli uffici di Caritas Libano sono stati devastati dall’esplosione.
«Questa dolorosa tragedia» recita un comunicato emesso nel tardo pomeriggio dall’ufficio politico del Partito sciita Hezbollah «e le sue ripercussioni sociali, economiche, umanitarie e sanitarie» esigono da tutti i libanesi dalle forze politiche e da tutti gli attori del Paese solidarietà, unità e lavoro condiviso per superare questa prova difficile». (PR/GV) (Agenzia Fides 5/8/2020)