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Merita di essere attenzionata ai nostri lettori la monumentale opera culturale del poeta-scrittore Carmelo Aliberti intitolata “Letteratura e Società Italiana dal II Ottocento ai giorni nostri”, una vera “opera omnia” in 5 tomi, in cui vengono passate in rassegna le opere di oltre 500 autori italiani. 

Sono presenti nel testo connotazioni tematiche, concettuali e linguistiche intrecciate organicamente nel dipanarsi delle vicende storiche politiche e sociali, espressioni letterarie di contesti storico-sociali affini, che ispirano affinità di percorsi nelle varie correnti del Naturalismo e Verismo, nelle varie articolazioni del Decadentismo, nell’Avanguardia e nel Futurismo, nella omologata Letteratura degli Anni Trenta e nella letteratura realistica del dissenso, anticipatrice del Neorealismo, i rivoli del Secondo Dopoguerra tra Neorealismo e nuove ragioni narrative, lo Sperimentalismo e le Neoavanguardie degli Anni’60, sfociati nel Gruppo ’63 e nell’Antologia I Novissimi di Porta e Sanguineti, che teorizzavano l’inutilità della poesia tradizionale sostituendola con strutture ed espressioni senza nesso logico, come se fossero la commistione di ermetismo e barocco, con l’esito di una babelica pioggia di termino carichi di un’ideologia della parola svuotata della possibilità di comunicare tra la borghesia capitalistica, proletariato e intellettuali, che esprime l’assoluta incapacità della parola di esprimere sotto altre forme ogni forma di protesta, divenuta inutile, perchè inascoltata dai neocapitalisti imbarbariti.

L’esplorazione attenta di Aliberti si spinge fino ai nostri giorni, analizzando gruppi, intergruppi e nuovi gruppi, generati sull’onda della contestazione del gruppo ’63, fino alla produzione dell’ultimo ventennio, in cui è scomparsa la stessa definizione di figura-vate e ai suoi versi aritmici il poeta vive in solitudine, affidando i suoi tormenti, i sogni, le ansie e la disfatta di ogni senso della vita, ora intesa come perpetua agonia. Particolare attenzione merita la lettera, riportata nel volume, che Oriana Fallaci, sincera e solidale amica, invia all’intellettuale qualche settimana dopo la sua tragica scomparsa, come la decrittazione di un obelisco. La lettera si rivela una endoscopia empatica che la scrittrice trascrive come se parlasse con un personaggio agonizzante, da cui traspare che la missione di difensore veemente della dignità del sottoproletariato delle borgate periferiche romane, da lui quotidianamente frequentate, come sanguinante volto della miseria radicale di tante creature umane, depredate anche dei rifiuti nei cassettoni della spazzatura, lo torturava tempestosamente nel sottosuolo dell’io. Volendo eroicamente sostenere la causa dei diseredati, ignorati dallo stato neoborghese e dal cannibalismo capitalistico, in realtà potrebbe apparire come una costante sfida alla morte.

Aliberti, per arricchire e rendere più coinvolgente la lettura delle sue lunghe ricerche, fruga negli epistolari più significativi di grandi scrittori e ci offre i nuclei sotterranei più autentici da cui fiorisce l’avventura dei loro scritti e dei sottesi tormenti. Altro carteggio importante fu quello tra Moravia e Elsa Morante che pubblicò l’epistolario con lo scrittore romano, suo sposo per circa 40 anni, in cui traspaiono i capitoli di un amore molto difficile tra i due, mentre le 366 lettere indirizzate alla scrittrice sono custodite negli archivi di Pavia, da pubblicare per testamento non meno di 10 anni dopo la sua scomparsa. Sono carteggi di immenso valore che svelano il palcoscenico interiore e invisibile di uno scrittore, dove, già prima di mostrarsi sul proscenio pubblico, vivono come bruchi imbozzolati in attesa di vedere il cielo. La narrativa e la poesia edita negli ultimi decenni ha imboccato prevalentemente il percorso parallelo ai tumultuosi eventi interni e universali, rappresentando soprattutto la declinazione del fenomeno industriale nei suoi coefficienti estremi. Infatti, l’intelligenza umana, fagocitata dal suo vertiginoso sviluppo, continua ad avanzare verso nuove e inesplorati percorsi, con risultati inauditi in tutti i settori dello scibile, dopo il tragico disastro bellico. Il crollo delle dittature e il sorgere di istituzioni democratiche, incrementato dalle emergenti ideologie proletari, dispiegano un ventaglio di vie nuove al rinascimento dei più nobili valori umani, con un sempre più crescente anelito di sviluppare tutte le potenzialità intellettuali, creative ed umane senza alcun condizionamento e nell’ambito del sistema democratico in Italia; clandestinamente nei paesi in cui si sono imposti nuovi totalitarismi, governando con partito unico e intollerante di qualsiasi fermento libertario.

La letteratura ora mette da parte ogni tipologia romantica e, dopo l’abbattimento delle dittature, intraprende elaborazioni di denuncia degli orrori e delle tragedie e dei genocidi che hanno insanguinato tutta l’Europa. Coevamente i valori della Resistenza furono codificati nelle opere di tanti scrittori, mentre di contro tanti altri scrittori e poeti rivelavano le mostruosità e gli eccidi, consumati nelle trincee, nei Lager, nelle foibe, ma anche nelle città e nei paesi, senza alcuna ragione e con la licenza di uccidere. La storia non potrà mai cancellare il sangue di innocenti anche di bambini che cadevano perforati spietatamente e follemente dalla soldataglia barbara, come a Marzabotto, i fratelli Cervi e tanti altri episodi di intolleranza, poco noti, perpetrati in piccole comunità, ancora non registrati dalla storia ufficiale, ma custoditi nella memoria dei sopravvissuti, magistralmente raccontato da Libri come “Se questo è un uomo” di Primo Levi, ma anche nel diario di Anna Frank. Si hanno solo ora notizie dei tanti intellettuali, scrittori, poeti, ecc., che furono reclusi in orribili luoghi di detenzione e torturati.

Esempio eclatante, Dacia Maraini che relegata con la famiglia in un lager giapponese, fu costretta a mangiare formiche e ortiche per poter sopravvivere. Dolorosissimo fu anche l’esodo degli italiani che avevano abbandonato la loro terra e si erano creati una nuova vita in Istria, tra cui molti militari che erano stati trasferiti per garantire il controllo del territorio, l’Istria, assegnata all’Italia, dopo gli arroventati trattati postbellici di pace. L’esodo epico e disperato è stato raccontato da grandi scrittori che ne furono vittime come Fulvio Tomizza, autore di Materada e poi della Trilogia istriana, da Enzo Bettiza, da Carlo Sgorlon e da tanti altri non solo del Friuli Venezia Giulia, ma anche da numerosi scrittori che preferirono rimanere ancora ad Umago, dove Ciampi Presidente della Repubblica Italiana, fece costruire una “Casa degli scrittori italiana”, dopo una visita del Capo dello Stato italiano. Tra i pochissimi superstiti del massacro che seminò molto sangue di persone innocenti, emerge in questi giorni la figura di Elena Segre, ora novantenne, già nominata senatrice a vita, prelevata a quattro anni, con la sua famiglia di origine ebrea, e trascinata su un carro merci sigillato al lager più crudele di Auschwitz, dove i suoi genitori furono eliminati nella camera a gas e lei bambina rimase sola in un terribile luogo di morte.

La Neoavanguardia di Sanguineti e Balestrini, di Giuliani e Antonio Tabucchi e molti altri manifestava il disfacimento interiore del poeta e dell’uomo. L’attività letteraria ora capisce che nessuna tipologia di regime garantisce libertà, giustizia e felicità agli eternamente oppressi e, sollevandosi al di sopra dello sciacallaggio terrestre, si ritira sull’Aventino di un diverso impegno, cerca di lavorare al fondo della coscienza umana, sintonizzandosi sulle fonti incomprensibili del disagio, della sofferenza, delle distorsioni, del naufragio dei sogni e della ragione, per poterne decrittare l’alfabeto del male del mondo e amalgamare la rinascita di un sogno nello sbocciare di un uomo nuovo, capace di governare i popoli della terra con l’irruzione di un nuovo umanesimo. Fiorisce un modello di letteratura del decadentismo che continua a sopravvivere anche oggi, perché lo scrittore ha capito l’irredimibilità dell’uomo trasfigurato e disumanizzato dalla satanica febbre del potere e del denaro, a cui si è piegato in adorazione. A tutto ciò, si sovrappone l’espansione del fenomeno della violenza esercitata dai più forti su creature inermi, come l’esercito della popolazione anziana, aggredita brutalmente nella solitudine delle proprie case, o negli esercizi commerciale, la ferocia di belve sessuali che stuprano anche pubblicamente donne di ogni età, particolarmente donne e ragazze, studentesse e badanti, il disgusto collettivo della pedofilia anche da parte di membri della Chiesa, il riemergente rigurgito dello schiavismo di cui particolarmente sono vittime i disperati del mare, sottoposti a lavori sfiancanti, con un orario di lavoro massacrante e in condizioni retributive così basse, da non potersi permettere nemmeno di sfamarsi o di curarsi, essendo privi di ogni diritto alla salute, in quanto sottoposti al lavoro in nero. Accade anche che si muore a causa delle tremende condizioni di sfruttamento, senza alcun intervento preventivo di soccorso, in quanto i “caporali” provvedono simultaneamente a far sparire i corpi segretamente.

La Letteratura, che ha sempre ha svolto un prezioso lavoro di innalzamento morale, civile e sociale, coltivando modelli di eticità, in personaggi che hanno attraversato la giungla esistenziale, dopo aver subito mortificazioni, insulti, vicende macabre e lo sconvolgimento doloroso della propria interiorità, è riuscita a far riemergere con la forza della volontà e con l’illuminazione di una fede. In corrispondenza, si sono sensibilizzate come Lilli Gruber, Dacia Maraini, Concita de Gregorio e altre alte firme, rivendicando il diritto paritario delle donne a svolgere attività di responsabilità politica, per poter eliminare le discriminazioni a tutti i livelli e incidere efficacemente sulla difesa e sulla protezione dai gravi rischi in agguato in ogni angolo dei centri urbani e rurali, spesso zone franche per ogni delitto e nel contempo, scrittrici del calibro di Oriana Fallaci, Elsa Morante come anche la stessa Gruber, per citare le più impegnate, hanno combattuto con la pubblicazione di libri-reportage dai fronti di guerra, denunciando al mondo i nuovi genocidi e la orribile barbarie e con interviste provocatorie ai peggiori tiranni al potere, nel tentativo di mitigare le prepotenze sui deboli e indifesi e verso chi esercita un ruolo di opposizione, con il riconoscimento dei diritti naturali e civili dell’uomo. Nei primi due decenni del XXI secolo, si sono affermati giovani scrittori che soffrendo per lo sfacelo etico e razionale del mondo, hanno reagito con il recupero di un ruolo nobilissimo ed eroico di riaffermazione dei codici etici, razionali, umani e sociali, ma anche talvolta delle vittime cadute per la loro fedeltà alla sacralità dei sentimenti o salvati dalla coltivazione della genuinità sentimentale o dalla speranza di un cambiamento contestuale in cui regni la sincerità, l’amicizia e l’amore: Per ciò, abbiamo avvertito il dovere di affiancarci al loro lavoro, con l’obiettivo di sostenere il loro lodevole sacrificio contro l’odio, la barbarie le sopraffazioni e le guerre religiose a vantaggio del riconoscimento del Dio Unico, di cui oggi convergono sia Papa Francesco sia il non credente Eugenio Scalfari nel recente volume: IL DIO UNICO.