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Con il VI Volume il critico Aliberti completa UNA LETTERATURA IMPONENTE E VIVA, MOLTO DIVERSA DALLE LETTERATURE IMBALSAMATE DEL PASSATO CON UNA PERSONALE E COINVOLGENTE STRATEGIA PROPOSITIVA. 

È uscito il VI volume  della monumentale opera culturale intitolata “Letteratura e Società Italiana dal II Ottocento ai giorni nostri”, una vera “opera omnia” in tre tomi, in cui sono passati in rassegna le opere di CENTINAIA DI autori italiani, non solo nelle loro connotazioni tematiche, concettuali e linguistiche, ma anche intrecciate organicamente nel dipanarsi delle vicende storiche politiche e sociali, espressioni letterarie di contesti storico-sociali affini, che ispirano affinità di percorsi nelle varie correnti del Naturalismo e Verismo. Nelle varie articolazioni del Decadentismo, nell’Avanguardia e nel Futurismo, nella omologata Letteratura degli Anni Trenta e nella letteratura realistica del dissenso, anticipatrice del Neorealismo, i rivoli del Secondo Dopoguerra tra Neorealismo e nuove ragioni narrative, lo Sperimentalismo e le Neoavanguardie degli Anni ’60,sfociati nel Gruppo ’63 e nell’Antologia I Novissimi di Porta e Sanguineti, che teorizzavano l’inutilità della poesia tradizionale sostituendola con strutture ed espressioni senza nesso logico, come se fossero la commistione di ermetismo e barocco, con l’esito di una babelica pioggia di termino carichi di un’ideologia della parola svuotata della possibilità di comunicare tra la borghesia capitalistica, proletariato e intellettuali, che esprime l’assoluta incapacità della parola di esprimere sotto altre forme ogni forma di protesta, divenuta inutile, perchè inascoltata dai neocapitalisti imbarbariti. L’esplorazione attenta di Aliberti si spinge fino ai nostri giorni, analizzando gruppi, intergruppi e nuovi gruppi, generati sull’onda della contestazione del gruppo ’63, fino alla produzione dell’ultimo ventennio, in cui è scomparsa la stessa definizione di figura-vate e ai suoi versi aritmici il poeta vive in solitudine, affidando i suoi tormenti, i sogni, le ansie e la disfatta di ogni senso della vita, ora intesa come perpetua agonia.

Aliberti fruga anche negli epistolari e nei rapporti sentimentali degli scrittori, verificando alla sorgente le radici della storia esistenziali dei vari personaggi e i pellegrinaggi dell’anima dello scrittore da cui scaturiscono i percorsi interiori delle sue creature.

Particolare attenzione merita la lettera, riportata nel volume, che Oriana Fallaci, sincera e solidale amica, invia all’intellettuale qualche settimana dopo la sua tragica scomparsa, come la decrittazione di un obelisco. La lettera si rivela una endoscopia empatica che la scrittrice trascrive come se parlasse con un personaggio agonizzante, da cui traspare che la missione di difensore veemente della dignità del sottoproletariato delle borgate periferiche romane, da lui quotidianamente frequentate, come sanguinante volto della miseria radicale di tante creature umane, depredate anche dei rifiuti nei cassettoni della spazzatura, lo torturava tempestosamente nel sottosuolo dell’io. Volendo eroicamente sostenere la causa dei diseredati, ignorati dallo stato neoborghese e dal cannibalismo capitalistico, in realtà potrebbe apparire come una costante sfida alla morte.

Anche Pavese compì la scelta finale del suicidio, dopo aver capito la sua incapacità a rimanere legato ad una qualche non effimera certezza. Da tale condizione di afasia interiore dipese l’entusiasmò della volontà di iscriversi al P.C.I., ma successivamente si arrese alla forza della ragione che lo spinse a ritirarsi nella dolorosa solitudine delle sue Langhe, dopo aver subito anche il rifiuto d’amore di Maria Corti ed essersi allontanato anche da una sua compagna di lavoro alla Einaudi, senza evidente motivo, anzi scrivendo: “Io non so amare”.

Aliberti, per arricchire e rendere più coinvolgente la lettura delle sue lunghe ricerche, fruga negli epistolari più significativi di grandi scrittori e ci offre i nuclei sotterranei più autentici da cui fiorisce l’avventura dei loro scritti e dei sottesi tormenti. Altro carteggio importante fu quello tra Moravia e Elsa Morante che pubblicò l’epistolario con lo scrittore romano, suo sposo per circa 40 anni, in cui traspaiono i capitoli di un amore molto difficile tra i due, mentre le 366 lettere indirizzate alla scrittrice sono custodite negli archivi di Pavia, da pubblicare per testamento non meno di 10 anni dopo la sua scomparsa. Il loro fu un sentimento oscillante tra momenti di empatia e momenti di distanza, ma ciò era nel loro patto matrimoniale che prevedeva la piena libertà tra i due, senza condizionamenti e senza censure, per qualche verso fondato sul catulliano “odi et amo”. Né si può ignorare l’epistolario tra il poeta dialettale Biagio Marin e Claudio Magris, un epistolario di grande e vera amicizia che si articola in discorsi tra maestro e discepolo, tanto da essere intitolato. Ti ringrazio per quanto mi hai dato”.

Sono carteggi di immenso valore che svelano il palcoscenico interiore e invisibile di uno scrittore, dove, già prima di mostrarsi sul proscenio pubblico, vivono come bruchi imbozzolati in attesa di vedere il cielo. La narrativa e la poesia edita negli ultimi decenni ha imboccato prevalentemente il percorso parallelo ai tumultuosi eventi interni e universali, rappresentando soprattutto la declinazione del fenomeno industriale nei suoi coefficienti estremi. Infatti, l’intelligenza umana, fagocitata dal suo vertiginoso sviluppo, continua ad avanzare verso nuove e inesplorati percorsi, con risultati inauditi in tutti i settori dello scibile, dopo iltragico disastro bellico. Il crollo delle dittature e il sorgere di istituzioni democratiche, incrementato dalle emergenti ideologie proletarie, dispiegano   un ventaglio di vie nuove al rinascimento dei più nobili valori umani, con un sempre più crescente anelito di sviluppare tutte le potenzialità intellettuali, creative ed umane senza alcun condizionamento e nell’ambito del sistema democratico in Italia; clandestinamente nei paesi in cui si sono imposti nuovi totalitarismi, governando con partito unico e intollerante di qualsiasi fermento libertario. La letteratura ora mette da parte ogni tipologia romantica e, dopo l’abbattimento delle dittature, intraprende elaborazioni di denuncia degli orrori e delle tragedie e dei genocidi che hanno insanguinato tutta l’Europa. Coevamente i valori della Resistenza   furono codificati nelle opere di tanti scrittori, mentre di contro tanti altri scrittori e poeti rivelavano le mostruosità e gli eccidi, consumati nelle trincee, nei Lager, nelle foibe, ma anche nelle città e nei paesi, senza alcuna ragione e con la licenza di uccidere. La storia non potrà mai cancellare il sangue di innocenti anche di bambini che cadevano perforati spietatamente e follemente dalla soldataglia barbara, come a Marzabotto, i fratelli Cervi e tanti altri episodi di intolleranza, poco noti, perpetrati in piccole comunità, ancora non registrati dalla storia ufficiale, ma custoditi nella memoria dei sopravvissuti, magistralmente raccontato da Libri come “Se questo è un uomo” di Primo Levi, ma anche nel diario di Anna Frank. Si hanno solo ora notizie dei tanti intellettuali, scrittori, poeti, ecc., che furono reclusi in orribili luoghi di detenzione e torturati. Esempio eclatante, Dacia Maraini che relegata con la famiglia in un lager giapponese, fu costretta a mangiare formiche e ortiche per poter sopravvivere. Dolorosissimo fu anche l’esodo degli italiani che avevano abbandonato la loro terra e si erano creati una nuova vita in Istria, tra cui molti militari che erano stati trasferiti per garantire il controllo del territorio, l’Istria, assegnata all’Italia, dopo gli arroventati trattati postbellici di pace. L’esodo epico e disperato è stato raccontato da grandi scrittori che ne furono vittime, come Fulvio Tomizza, autore di Materada e poi della Trilogia istriana, da Enzo Bettiza, da Carlo Sgorlon e da tanti altri non solo del Friuli Venezia Giulia, ma anche da numerosi scrittori che preferirono rimanere ancora ad Umago, dove Ciampi Presidente della Repubblica Italiana, fece costruire una “Casa degli scrittori italiana”, dopo una visita del Capo dello Stato italiano. Tra i pochissimi superstiti del massacro che seminò molto sangue di persone innocenti, emerge in questi giorni la figura di Elena Segre, ora novantenne, già nominata senatrice a vita, prelevata a quattro anni, con la sua famiglia di origine ebrea, e trascinata su un carro merci sigillato al lager più crudele di Auschwitz, dove i suoi genitori furono eliminati nella camera a gas e lei bambina rimase sola in un terribile luogo di morte. La letteratura, in tale caotica realtà, preferisce radiografare le difficoltà e i revancismi delle nazioni amputate e le due più forti potenze mondiale, progettarono nuove strategie di guerra, la guerra fredda”, per poter continuare ad espandere il loro potere, stabilito dai trattati di pace di Yalta. Un nuovo terrorismo psicologico germogliò, sostenuto dalle due potenze che, con irrituali gesti e manovre dei servizi segreti, miravano a mantenere la loro influenza e il reale potere, utilizzando le nazioni assoggettate come basi militari, fornite stabilmente di aerei, portaerei e carri armati, cioè eserciti ben agguerriti per effettuare eventuali blitz in territori, ricchi di materie prime e di petrolio, per incrementare lo sviluppo della economia dei loro Stati. Intanto, si moltiplicava l’elenco dei morti e degli ammalati terminali, vittime degli effetti radioattivi delle bombe atomiche, lanciate dagli U.S.A. su Hiroshima e Nakasaki, per costringere il Giappone, ultimo pericoloso baluardo di resistenza all’imperversare della guerra. Con il trascorrere degli anni, i giapponesi e i neonati continuavano a morire per l’inquinamento atomico delle radiazioni. Si ipotizzò la prossima distruzione del pianeta e ciò indusse le potenze sovrane a firmare ad Helsinksi un protocollo d’intesa, per mettere al bando la costruzione di ordigni atomici. Ma non tutte le nazioni lo osservarono e il rischio mortale per tutte le nazioni continua ancora ad esistere più ferocemente. In tale fase del percorso storico, La letteratura si avviò su linee divergenti. I poeti, oltre che scrivere versi piangenti di dolore, si seppellirono nel guscio della parola, desolati per tanta barbarie che attraversava il mondo e crearono un modello di poesia poco decifrabile, denominato ermetismo che continua ancora ad emettere nuovi bagliori e che nel formarsi di gruppi, antigruppi e gruppi  mitigatori, affondavano la parola nelle griglie di sperimentalismi, che sconvolgevano la simmetria della poesia di ascendenza classica e romantica, usando la parola come un giocattolo mobile e senza alcun legamento di significato, creando una babele linguistica come strumento di incomunicabilità tra il potere tirannico e le masse proletarie, per evitare che venissero ancora plagiati e sottomessi dalla voce del padrone. Tali trasformazioni letterarie in effetti esprimevano il sentimento di rivolta della cultura verso la neo-plutocrazia, verniciata di parvenze democratiche, che invece incarnava un peggiore totalitarismo, gestito mellifluamente dal neocapitalismo, che abbrustoliva gli operai davanti agli alti forni, sfruttando a morte gli schiavi dai califfi, che si erano illusi di poter vivere meglio nei lager industriali. La Neoavanguardia di Sanguineti e Balestrini, di Giuliani e Antonio Tabucchi e molti altri manifestava il disfacimento interiore del poeta e dell’uomo. L’attività letteraria ora capisce che nessuna  tipologia di regime garantisce libertà, giustizia e felicità agli eternamente oppressi e, sollevandosi al di sopra dello sciacallaggio terrestre, si ritira sull’Aventino di un diverso impegno, cerca di lavorare al fondo della coscienza umana, sintonizzandosi sulle fonti incomprensibili del disagio, della sofferenza, delle distorsioni, del naufragio dei sogni e della ragione, per poterne decrittare l’alfabeto del male del mondo e amalgamare la rinascita di un sogno nello sbocciare di un uomo nuovo, capace di governare i popoli della terra con l’irruzione di un nuovo umanesimo.  Fiorisce un modello di letteratura del decadentismo che continua a sopravvivere anche oggi, perché lo scrittore ha capito l’irredimibilità dell’uomo trasfigurato e disumanizzato dalla satanica febbre del potere e del denaro, a cui si è piegato in adorazione. A tutto ciò, si sovrappone l’espansione del fenomeno della violenza esercitata dai più forti su creature inermi, come l’esercito della popolazione anziana, aggredita brutalmente nella solitudine delle proprie case, o negli esercizi commerciale, la ferocia di belve sessuali che stuprano anche pubblicamente donne di ogni età, particolarmente donne e ragazze, studentesse e badanti, il disgusto collettivo della pedofilia anche da parte di membri della Chiesa, il riemergente rigurgito dello schiavismo di cui particolarmente sono vittime i disperati del mare, sottoposti a lavori sfiancanti, con un orario di lavoro massacrante e in condizioni retributive così basse, da non potersi permettere nemmeno di sfamarsi o di curarsi, essendo privi di ogni diritto alla salute, in quanto sottoposti al lavoro in nero. Accade anche che si muore a causa delle tremende condizioni di sfruttamento, senza alcun intervento preventivo di soccorso, in quanto i “caporali” provvedono simultaneamente a far sparire i corpi segretamente. La Letteratura, che ha sempre ha svolto un prezioso lavoro di innalzamento morale, civile e sociale, coltivando modelli di eticità, in personaggi che hanno attraversato la giungla esistenziale, dopo aver subito mortificazioni, insulti, vicende macabre e lo sconvolgimento doloroso della propria interiorità, è riuscita a far riemergere con la forza della volontà e con l’illuminazione di una fede. In corrispondenza, si sono sensibilizzate come  Lilli Gruber,  Dacia Maraini, Concita de Gregorio e altre alte firme, rivendicando il diritto paritario delle donne a svolgere attività di responsabilità politica, per poter eliminare le  discriminazioni a tutti i livelli e incidere efficacemente sulla difesa e sulla protezione dai gravi rischi in agguato in ogni angolo dei centri urbani e rurali, spesso zone franche per ogni delitto e nel contempo, scrittrici del calibro di Oriana Fallaci, Elsa Morante  come anche la stessa Gruber, per citare le più impegnate, hanno combattuto con la pubblicazione di libri-reportage dai fronti di guerra, denunciando al mondo i nuovi genocidi e la orribile barbarie e con interviste provocatorie ai peggiori tiranni al potere, nel tentativo di mitigare le prepotenze sui deboli e indifesi e verso chi esercita un ruolo di opposizione, con il riconoscimento dei diritti naturali e civili dell’uomo. Nei primi due decenni del XXI secolo, si sono affermati giovani scrittori che soffrendo per lo sfacelo etico e razionale del mondo, hanno reagito con il recupero di un ruolo nobilissimo ed eroico di riaffermazione dei codici etici, razionali, umani e sociali, ma anche talvolta delle vittime cadute per la loro fedeltà alla sacralità dei sentimenti o salvati dalla coltivazione della genuinità sentimentale o dalla speranza di un cambiamento contestuale in cui regni la sincerità, l’amicizia e l’amore: tra cui vanno segnalati gli scrittori ANTONIO SCURATI con i suoi due volumi: MUSSOLINI; FIGLIO DEL SECOLO E MUSSOLINI L’UOMO DELLA PROVVIDENZA, dopo il precedente romanzo IL TEMPO MIGLIORE DELLA NOSTRA VITA, in cui esalta la figura dello slavista LEONE GINSBURG, intellettuale antifascista, GIANRICI CAROFIGLIO, il magistrato-scrittore, CORRADO CALABRO’ ALESSANDRO D’AVENIA, discepolo di don Puglisi a Palermo il prete ucciso dalla malavita, Aldo CAZZULLO, con i suoi scritti esegetici su DANTE, MICHELE SANTORO con NIENT’ALTRO CHE LA VERITA’. SUSANNA TAMARO, CORRADO AUGIAS, gli scrittori triestini Mauro COSLOVICH e PINO ROVEREDO, MAURO CORONA, ecc. Per ciò, abbiamo avvertito il dovere di affiancarci al loro lavoro, con l’obiettivo di sostenere  il loro lodevole sacrificio contro l’odio, la barbarie le sopraffazioni e le guerre religiose a vantaggio del riconoscimento del Dio Unico, di cui oggi convergono sia Papa Francesco sia il non credente Eugenio Scalfari.