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E’ caos sul prezzo degli idrocarburi in Italia. Da qui prima lo stop dei camionisti, adesso i pescatori. Il caro gasolio, dopo aver fermato i Tir sulle strade, blocca i pescherecci delle marinerie italiane. È scattato da oggi — e durerà una settimana — lo sciopero generale deciso domenica dall’assemblea dell’Associazione produttori Pesca riunitasi a Civitanova Marche (Macerata) e che ha visto i rappresentanti dell’80% delle marinerie italiane: «Sciopero generale per tutti: il caro gasolio non permette più di sostenere l’attività di pesca e il comparto ha deciso di fermarsi. Il pescato è sempre di meno, i costi aumentano e il prezzo del pesce non si può aumentare più di tanto altrimenti va fuori mercato».

Qualche numero a supporto della decisione: in un mese e mezzo il pieno di un peschereccio — sottolineano i pescatori — è passato da 700 a quasi 1.200 euro, per un incremento del 70%, con il gasolio a 1,30 euro al litro contro gli 86 centesimi di una settimana fa e i 30-35 centesimi dello scorso anno. Secondo Coldiretti Impresapesca, il prezzo medio del gasolio per la pesca è praticamente raddoppiato (+90%) rispetto allo scorso anno costringendo i pescherecci italiani a navigare in perdita o a tagliare le uscite e favorendo le importazioni di pesce straniero: fino a oltre la metà dei costi che le aziende ittiche devono sostenere è rappresentata, infatti, proprio dal carburante.

Siciliani Liberi esprime la propria solidarietà ai pescatori siciliani, costretti a stare fermi per le irresponsabilI politiche economiche e militari del governo italiano: «Come sempre il nostro Popolo è sacrificato a interessi esterni. Il peggiore shock energetico di tutti i tempi non vede alcuna strategia del nostro Governo, che non tenta neanche di defiscalizzare una parte del costo degli idrocarburi. Anche la crisi ucraina, che dovrebbe essere scongiurata con una attenta azione diplomatica, è affrontata con stupidi proclami di guerra, che la Sicilia è poi costretta a pagare per prima. Ricordiamo che se oggi la Sicilia fosse indipendente e fuori dai blocchi, oltre a non essere saccheggiata delle proprie fonti di energia, potrebbe importare liberamente quelle che servono per sopravvivere. Siamo solidali con il Popolo Ucraino per il dramma che sta vivendo, che però ricordiamo ha molti responsabili, anche interni al governo di Kiev. Le colpe non stanno mai solo da una parte e le controversie non si risolvono esportando munizioni e bloccando l’importazione di vitali materie prime. La Sicilia deve essere operatrice di pace, e non retrovia di una guerra che non vogliamo, che non ci appartiene, e che potrebbe distruggere la nostra economia. Come sempre, però, per i partiti italiani, l’agricoltura e la pesca siciliane sembrano un affare straniero, un affare che non sarà mai tutelato finché un partito siciliano non entrerà nelle istituzioni.»