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Dopo la consegna del Premio «I Murazzi», per la sezione «Saggistica Edita», a Torino, nella suggestiva cornice del palazzo secentesco Graneri della Roccia, il volume di Antonio Catalfamo, poeta, scrittore, docente universitario barcellonese, dedicato a Leopardi (“Giacomo Leopardi. Poesia e ‘ultrafilosofia’ ”), edito da Marco Solfanelli, continua a mietere successi di critica. 

In un breve arco di tempo se ne sono occupati importanti quotidiani e riviste diffuse a livello nazionale ed internazionale.

Va segnalato, innanzitutto, un articolo lusinghiero di Massimo Novelli apparso su «Il Fatto Quotidiano», giornale ad ampia diffusione che arriva in tutte le edicole italiane. L’autore, che, com’è noto, è scrittore di fama e collaboratore delle pagine culturali di vari quotidiani, fra i quali anche «Il Mattino» di Napoli (già redattore di testate storiche come «L’Ora» e «La Repubblica»),  ha voluto sottolineare l’estrema attualità del saggio critico di Antonio Catalfamo, che dimostra ampiamente come il «poeta-filosofo» possa «insegnare molto a chi oggi, in particolare i giovani, vuole emergere dalla massa di coloro i quali “finiscono per chiudersi in se stessi e nel proprio solipsismo e passare il resto della vita nell’inazione”».

Una lettura, quella del critico barcellonese, che segna una svolta rispetto a quelle tradizionali che, invece, per decenni hanno puntato sul «pessimismo» e sul «nichilismo» di Leopardi. Catalfamo, per converso, «individua nel sistema filosofico del grande poeta di Recanati una componente “fortemente egualitaria e libertaria, la quale, se non ha ancora connotati classisti, tuttavia va al di là della dimensione puramente formale in cui i valori dell’uguaglianza e della libertà furono recepiti nell’ambito della Rivoluzione francese e delle altre rivoluzioni borghesi che investirono il mondo occidentale”».

L’interpretazione di Antonio Catalfamo va ben oltre la riscoperta di una componente illuminista contenuta nell’ormai famoso saggio di Cesare Luporini “Leopardi progressivo”, che pure segnò una svolta fondamentale, rivalutando la componente filosofica dell’opera del poeta di Recanati. Conclude Massimo Novelli: «Non più, e non soltanto, dunque, il poeta pessimista e nichilista, oppure quello dei “grandi idilli”, ma un Leopardi rivoluzionario, che viene accostato ad Antonio Gramsci», perché, in presenza del male assoluto, l’autore dello “Zibaldone” non si limita a rigettarlo, ma lo combatte e contesta a fondo, ribellandosi «in toto» ad esso.

La serie degli articoli dedicati dalla grande stampa al libro di Catalfamo continua con un’importante recensione ospitata su «Le Monde Diplomatique», rivista internazionale che esce in diverse edizioni multilingue in numerosi Paesi. A firmarla è un’illustre accademica, Wafaa A. Raouf El Beih, ordinaria di Letteratura italiana all’Università Helwan de Il Cairo, già Direttrice del Dipartimento di italianistica del suddetto prestigioso ateneo, traduttrice di parecchi scrittori italiani in edizioni pubblicate a beneficio di tutti i popoli di lingua araba, interprete ufficiale nominata dal governo nel corso della visita di Papa Francesco in Egitto.

L’autorevole studiosa spiega come Antonio Catalfamo abbia contribuito notevolmente a chiarire il concetto di natura presente nell’opera del Leopardi e i suoi riverberi sul sistema filosofico del Recanatese. Leggiamo nell’attenta disamina: «Il presente volume si propone di segnare una svolta significativa nell’interpretazione dell’opera leopardiana, partendo da una ridefinizione della sua visione della natura, vista in tutta la complessità, come insieme di “sistemi”, a loro volta costituiti da una pluralità di relazioni, che, per essere compresa, impone un sistema “aperto”, un’ “ultrafilosofia”, fondata sull’ “interazione” tra ragione, sentimento e immaginazione, che si riverbera sul modo di fare poesia del Leopardi, dando vita ad un “pensiero poetante” e alla figura originale del “poeta-filosofo”, che integra la passione della poesia con la razionalità della filosofia. Nell’ambito di questo concetto di “ultrafilosofia” vanno ricondotte le questioni relative al “progressismo” o al “nichilismo” di Leopardi, a lungo dibattute dalla critica, prigioniera di opposte “unilateralità”».

Spicca tra le riflessioni critiche dedicate al volume di studi leopardiani pubblicato da Catalfamo quella di Franco Ferrarotti, padre rifondatore nel secondo dopoguerra della Sociologia italiana, dopo che il fascismo l’aveva ridotta a ben poco, in quanto titolare della prima cattedra della disciplina sorta presso l’Università «La Sapienza» di Roma. Su «La critica sociologica», la rivista da lui fondata parecchi decenni fa e ancor oggi affidata alla sua direzione, egli così riassume l’originalità del concetto di «ultrafilosofia» leopardiana, così come emerge dall’analisi approfondita di Antonio Catalfamo: «Credo di poter affermare che con il concetto di “ultrafilosofia” l’Autore ricollega il pensiero del filosofo poetante Leopardi, dal “Passero solitario” e dagli occhi di Silvia “ridenti e fuggitivi” al mirabile, tuttora attualissimo “Discorso sovra il costume degli italiani”, alla grande tradizione classica, al di là da ogni pessimismo di maniera, a quell’idea di filosofia come “meléte toù thanátou” o “esercizio preparatorio alla morte”, che non rinvia a sistemi filosofici omnicomprensivi e chiusi, bensì ad un atteggiamento sprotettivamente esistenziale».

Conclude Ferrarotti: «Questo contributo di Antonio Catalfamo è straordinariamente originale e per questo mi auguro che venga segnalato, letto e discusso, anche per rendere giustizia ad una delle voci più alte della cultura italiana».

Alessandra Ciattini, Docente di Antropologia culturale all’Università «La Sapienza» di Roma, ha voluto soffermarsi su alcuni aspetti innovativi del volume di Antonio Catalfamo anche rispetto agli studi più recenti di Antonio Prete, il quale, pur superando lo schematismo che ha caratterizzato per decenni le letture accademiche e scolastiche,  seppur autorevoli, dello «Zibaldone», è approdato ad un «frammentismo» che impedisce una considerazione unitaria dell’opera leopardiana. A proposito dell’originalità del saggio di Antonio Catalfamo, Alessandra Ciattini scrive: «Egli cerca in maniera approfondita di ricostruire la complessiva visione filosofica leopardiana, che prende le mosse dal materialismo settecentesco, superandolo, e si fonda su un atteggiamento relativistico. La scelta relativistica non implica per Leopardi il rifiuto della scienza in sé, ma di quella visione intesa come ricerca di verità assolute, sulle quali si baserebbe il percorso progressivo dell’umanità verso un immaginario benessere comune. La “scienza leopardiana” o “ultrafilosofia” scopre la presenza di gravi limiti nelle possibilità conoscitive dell’uomo, dal momento che il reale è talmente complesso che può esser concepito come un insieme infinito di sistemi interagenti tra di loro, di cui non sarebbe immaginabile individuare con precisione tutti i nessi e le interrelazioni, tenendo presenti anche i processi di retroazione. È questa una concezione estremamente moderna, che si è affermata in ambito marxista con il rigetto dell’economicismo, della teoria del riflesso e con l’affermazione dell’autonomia relativa delle varie istanze sociali (per es. l’ideologia). Concezione che non necessariamente conduce all’antideterminismo e all’irrazionalismo estranei al pensiero del grande poeta.

A parere di Catalfamo quest’ultima può esser accostata al materialismo dialettico, che si basa, nella lettura di Ludovico Geymonat, sull’approfondimento perenne della realtà e della verità, o in altre parole più pregnanti sulla “ricerca inesausta”».

Ulteriori approfondimenti critici, anch’essi affidati a prestigiose riviste di rilievo nazionale ed internazionale, si attendono nelle prossime settimane.