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Abbiamo pubblicato alcuni giorni addietro la I Parte della copiosa opera omnia riguardante il compianto scrittore Andrea Camilleri, ricevuta dal Prof. Carmelo Aliberti. Dopo i cenni generali sulla biografia e sulle opere, in questa II  Parte scenderemo nello specifico addentrandoci nelle singole opere. Buona lettura.

IL CORSO DELLE COSE

il corso delle cose è sinuoso Merleau-Ponty, Senso e non senso

In un piccolo paese della Sicilia Vito, un uomo di mezza età, viene fatto segno ad un attentato. Egli sa di non aver mai fatto torto a nessuno; tutta la sua esistenza è stata anzi regolata da una precisa norma: non prendere partito. Inizia così una sua disperata indagine per sapere le ragioni dell’attentato, mentre tutto il paese lo considera già “segnato”. Troppo tardi apprenderà che “il corso delle cose è sinuoso”, che non basta chiudere gli occhi per riuscire a non farsi coinvolgere.

MANI AVANTI

Ambientare un racconto a Londra o a Nuovaiorca resta terà l’ambizione massima e purtroppo sempre delusa dell’autore ore: egli, non possedendo la fantasia di un Verne e francamente restio all’aeroplano, di questa città conosce soltanto quello di cui l’informano il cinematografo e la TV. Sa naturalmente dove si trovano Bond Street o
la Quinta strada ma degli uomini che ci passano e ci campano ignora praticamente ogni cosa. Al contrario, crede di sapere tutto delle parti sue e dei suoi compaesani ha l’ambizione di riuscire a indovinare magari i pensieri. E sbaglia, natural­mente. Ora, avendo immaginato una storia di fantasia, non ha saputo fare altro che calarla para para nelle case e nelle strade che conosce, pure sapendo di poter incappare in qualche sventurata coincidenza. Del che si scusa mettendo le mani avanti (a fine libro). La storia, torna a ripetere, se l’è tutta inventata da solo: qualche eventuale omonimia e qualche eventuale coincidenza di si­tuazione sono da imputarsi-al-caso-maligno. L’autore dedica questo suo libro alla memoria di suo padre, che non seppe insegnargli altro se non di essere quello che è.

IL RE DI GIRGENTI

Tra i romanzi cosiddetti storici è ritenuto il più riuscito Il re di Girgenti, nato nel 2001 da un episodio di cronaca antica, datata 1718, e accaduto a Girgenti durante il dominio dei Savoia, riportato da due autori in un libretto intitolato Agrigento e ricavato dagli stessi dalle Memorie storiche agrigentine di Giuseppe Picone. La notizia riferiva di una rivolta di popolo che aveva sopraffatto la guarigione sabauda e assunto il potere della città, facendo giustizia sommaria di civili e militari e proclamando re un contadino di nome Zosimo. Il nuovo regno durò poco e il re contadino fu detronizzato e impiccato. Da questo scarno referto nasce il grande romanzo di Camilleri, ambientato a Montelusa, cioè a Girgenti. Non è un romanzo letteralmente storico, ma la leggenda di un eroe, dove l’invenzione si è sviluppata su un frammento di storia dimenticata e inverosimile, da cui si è alimentata la verità poetica: un miscuglio appunto di storia e invenzione che si collega con le teorizzazioni manzoniane sul
romanzo, che Nino Borsellino definisce teatro-romanzo o teatro barocco delle meraviglie, “gestito dal gran tragediatore Camilleri”. Distinto in cinque parti, il libro racconta l’epopea di un personaggio-eroe calato in situa-zioni comico-grottesche fino al parodistico e al favoloso, di cui viene delineato il realismo basso creaturale, i cui richiami, continua ancora Borsellino, possono ricondurre al maccheronico Baldus di Teofilo Folengo alle maccheronate di F. Rabelais. La storia di Zosimo può essere definita un racconto agiografico di un martire che sognò di realizzare una società giusta, con la cancellazione degli abusi e dei soprusi dei ricchi e dei potenti, affrontando anche disastri naturali, come la siccità e la carestia e realizzando la missione cui è stato destinato, come il riscatto dalla povertà e dall’ingiustizia. Attraverso una serie di stratagemmi da teatro delle metamorfosi, “topoi” tipici di percorso magico-miracolosi, è ricca la biografia di Michele Zosimo, detto Zò, futuro re di Girgenti, caratterizzata da una prodigiosa preparazione alla vita con sovrannaturale capacità di affrontare gli eventi storici, le calamità di ogni genere, come la peste e le rivolte contadine fino all’ “esplosione di una virilità”, dopo una verginità troppo a lungo protratta (“Borsellino”).
Nel capitolo terzo è sviluppato il passaggio politico del viceregno di Sicilia dalla casa di Spagna a quella dei Savoia. Lo scambio determina una furia di rivolta popolare che, nella quarta parte, vede Zosimo diventare re, con il racconto di cose occorrenti in Sicilia tra il 1713 e il 1718. Con eccezionale procedimento storico, Camilleri, come Manzoni, raccoglie indizi e ricostruisce eventi, elaborando concrete soluzioni, come la ricucitura delle lunghe controversie civili e religiose e quella sulle prerogative dello stato contro i privilegi ecclesiastici rivendicati dalle diocesi siciliane, riemerse nella Recitazione della controversia napoletana di Sciascia, all’interno dei vincoli della verità si spalanca in Camilleri il teatro della verosimiglianza, come l’incoronazione di un giovane contadino che
sovrappone alla verità del sogno popolare l’immaginazione e l’incredibile e verosimile investitura monarchica dal basso, come riferiscono le notizie raccolte dallo scrittore, relative a una esasperata rivolta popolare (quasi fisiologicamente vissuta anche dallo scrittore), senza la quale l’incoronazione sarebbe rimasta circoscritta in una carnevalesca follia. Lo stesso Borsellino continua che, invece, l’inconsueto rito non fu però un carnevale. Il re contadino di Camilleri è alla fine un Cristo coronato di spine portato alla forca. Zosimo nel suo breve regno elabora un grande progetto di giustizia universale che incide sulla corteccia di un sorbo, elencando ogni giorno una serie di leggi. A differenza dell’utopia di Don Chisciotte del grande poema di Giovanni Meli, Zosimo invece rimane sorridente, immaginando di uscire dal suo corpo sollevato dal filo di un aquilone a guardare dall’alto la scena del suo piccolo mondo, come svelando lo stesso gioco surreale e utopistico dello scrittore che è rimasto in basso, sulla terra, a sviluppare con amarezza le misere trame della storia umana e realisticamente dolorosa, attraverso le discese dentro lo squallore della verità, operate dal Commissario Montalbano, cantore-interprete della misera storia dell’uomo. Costantemente in bilico tra comicità e tragedia, i personaggi protagonisti dei romanzi storici riproducono le condizioni sociali, economiche e culturali di una Sicilia che, soffocata dall’asfissiante strapotere delle classi dei potenti e ancorata alla sue fisiologiche traduzioni, cattura nel gomitolo di accadimenti delittuosi e nell’orche strazione di un codice di intrighi e iniquità quotidianamente messe in atto dalle classi alte, rare schegge di insofferenza della gente di Sicilia, non ancora fusa in consonanze collettive di rivolta. Si profila la radiografia di una Sicilia, afflitta da secolari piaghe, di cui i meccanismi scoperti rappresentano il preavviso di un agognato mutamento storico, utilizzando il giallo d’inchiesta, Camilleri prosegue sulla linea esplorativa di Sciascia, ma in Camilleri l’endoscopia si amplia e la denotazione di molteplici lacerazioni in tutti i gironi sociali dell’isola offrono l’immagine di un corpo straziato sul punto di disfarsi o di esplodere.