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Abbiamo pubblicato nelle settimane scorse le prime sette parti della copiosa opera omnia ricevuta dal Prof. Carmelo Aliberti sulla figura del grande Andrea Camilleri, del quale nei giorni scorsi abbiamo ricordato il primo anniversario della scomparsa. Continuiamo con questa ottava puntata nella quale il nostro Aliberti ci parla di “Ora dimmi di te”, “La mossa del cavallo”, “La scomparsa di Patò” e “Il metodo Catalanotti”. Buona lettura.

ORA DIMMI DI TE

Che cosa rimarrà di noi nella memoria di chi ci ha voluto bene? Come
verrà raccontata la nostra vita ai nipoti che verranno? Andrea
Camilleri sta scrivendo quando la pronipote Matilda si intrufola a
giocare sotto il tavolo, e lui pensa che non vuole che siano altri –
quando lei sarà grande – a raccontarle di lui. Così nasce questa
lettera, che ripercorre una vita intera con l’intelligenza del cuore:
illuminando i momenti in base al peso che hanno avuto nel rendere
Camilleri l’uomo che tutti amiamo. Uno spettacolo teatrale alla
presenza del gerarca Pavolini e una strage di mafia a Porto Empedocle,
una straordinaria lezione di regia all’Accademia Silvio D’Amico e le
parole di un vecchio attore dopo le prove, l’incontro con la moglie
Rosetta e quello con Elvira Sellerio… Ogni episodio è un modo per
parlare di ciò che rende la vita degna di essere vissuta: le radici,
l’amore, gli amici, la politica, la letteratura. Con il coraggio di
raccontare gli errori e le disillusioni, con la commozione di un
bisnonno che può solo immaginare il futuro e consegnare alla nipote la
lanterna preziosa del dubbio. Brevi note autobiografiche che
assomigliano molto a quelle già sintetizzate nell’intervista Rai
rilasciata da Camilleri e data alle stampe nel 2013 col titolo “I
racconti di Nenè”. Con la scusa di lasciare in eredità alla nipote
quattrenne le sue ultime considerazioni sulla vita e delle spiegazioni
più dettagliate sulle sue scelte politiche, lo scrittore siciliano ci
fornisce soprattutto la sua interpretazione dei principali eventi
storici contemporanei, quelli del nuovo millennio che ancora fanno
discutere e aprono lo scenario di prospettive future sempre più
incerte. Un rimpasto di vecchie e nuove dichiarazioni, che non rischia
di annoiare, bensì ci intrattiene ancora un poco in compagnia del
Maestro, recentemente scomparso

LA MOSSA DEL CAVALLO

La vicenda narrata da Andrea Camilleri in questo romanzo prende
liberamente spunto dagli appunti di Leopoldo Franchetti per la sua
inchiesta sulle condizioni socio-economiche della Sicilia nel secolo
scorso. Giovanni Bovara, ispettore capo ai mulini di Montelusa, “un
siciliano che parla genovese”, è testimone dell’uccisione di un prete.
Poche ore dopo aver reso la sua deposizione, viene arrestato e
accusato proprio dell’omicidio denunciato. Questo drammatico
rovesciamento dei ruoli costringe il protagonista a una mossa
imprevista che spiazza l’avversario e infine gli salva la vita.
Giovanni Bovara è-cresciuto a Genova dove ha imparato l’italiano e il
dialetto locale, quel genovese, lingua “materna” e dunque lingua
dell’infanzia, che “a macchie”, viene fuori nei momenti di maggior
intensità emotiva del suo parlare. Accusato di un crimine non
commesso, Giovanni dovrà combattere per affermare la propria innocenza
e ci riuscirà solo recuperando il suo dialetto, il siciliano, e con
esso il modo di pensare dei suoi padri. Questa è la mossa che gli
darà la vittoria. Romanzo storico ambientato nella Vigàta, “il centro
più inventato della Sicilia più tipica”, di fine Ottocento dove
l’intreccio a sfondo poliziesco si scioglie grazie all’uso del
dialetto siciliano, “La mossa del cavallo” ci consegna in forma di
narrazione una straordinaria dichiarazione di poetica “in atto” e allo
stesso tempo una sconcertante paradossale storia di sopraffazione
antiche e attualissime, di manipolazioni continue della realtà che
rendono difficile l’accertamento di verità individuali e collettive.
Questa vicenda prende lo spunto da una nota di Leopoldo Franchetti per
la sua inchiesta controgovernativa sulle condizioni socio-economiche
della Sicilia nel 1876. L’elaborazione romanzesca accentua alcuni dati
che rendono appunto la storia di allora storia dei nostri giorni. La
trama del libro è largamente definibile gialla e dal sapore
paradossale, considerata l’ambientazione in una società nella quale il
gioco di prestigio di una realtà di continuo manipolata rende
difficile l’accertamento delle verità individuali e collettive. Nella
“Mossa del cavallo” metto l’accento sul rovesciamento dei ruoli (il
testimone che viene fatto passare per colpevole); insisto su un gioco
delle parti che mi sembra essere sempre più consueto nell’Italia
d’oggi.

LA SCOMPARSA DI PATO’

Un evento mirabile e misterioso s’è verificato in Vigàta il 21 marzo
1890, Venerdì Santo, durante la sacra rappresentazione della Passione
di Cristo secondo il cavalier D’Orioles, popolarmente detta il
“Mortorio”: il ragioniere Antonio Patò, direttore della locale sede
della “Banca di Trinacria”, funzionario irreprensibile, marito
integerrimo e padre amoroso di due vivacissimi bambini, oltre che
apprezzato Giuda nella predetta rappresentazione, come da copione è
precipitato, al termine di questa, nella botola approntata per
aprirsi, con meravigliosa verosimiglianza, sotto i piedi del traditore
di Cristo, ma non è più riemerso per ricevere l’applauso del pubblico
e poi rientrare nei consueti suoi panni di cittadino modello.
Scomparso nel nulla, volatilizzato. Ma unni sinni ì Patò? Ma dove se
ne è andato Patò? “Murì Patò o s’ammucciò?” si interroga una scritta
comparsa su un muro di Vigàta la mattina del 23 marzo, Domenica di
Pasqua: “Patò è morto o si è nascosto?” È, quello che vogliono sapere
la cittadinanza tutta, la derelitta, sconvolta moglie signora
Mangiafico Elisabetta in Patò, il cognato Capitano del Regio Esercito
Arnoldo Mangiafico, di stanza a Caltanissetta, e soprattutto S.E. il
Senatore Pecoraro Grande Ufficiale Artidoro, Sottosegretario di Stato
al Ministero dell’Interno, nonché altolocato parente dell’involato
ragioniere.

Nota
Questo libro mi è stato suggerito dalle poche righe di Leonardo
Sciascia che cito “in limine”.
In precedenza, sullo stesso argomento, avevo scritto un breve racconto
apparso su “L’Almanacco dell’Altana 2000” e poi, in forma ridotta, sul
quotidiano “La Stampa”. Siccome però la storia continuava a maceriarmi
dentro, ci ho rimesso le mani modificandola e ampliandola fino a
ricavarne questo “dossier”. Mi sono inventato tutto, lo confesso. E
possibile qualche coincidenza di nomi e cognomi, ma si tratta, lo
ripeto, di dannate coincidenze. Del resto, da qualche parte del libro,
c’è un tale che si chiama Andrea Camilleri. E un evidente caso di
omonimia, dato che la storia si svolge nel 1890.

IL METODO CATALANOTTI

Il Metodo Catalanotti è il nuovo romanzo del Commissario Montalbano
nato dalla penna di Andrea Camilleri. Il commissario più amato della
letteratura moderna questa volta si trova immischiato in un caso di
omicidio che, però, non è ciò che sembra. La storia prende il via con
Mimì Augello, braccio destro di Motalbano nonché inguaribile sciupa
femmine, che è a casa dell’ennesima amante con la quale ha trascorso
la notte. Ma l’imprevisto è in agguato. Infatti all’improvviso rientra
inaspettatamente il marito della donna e Mimì è costretto a calarsi
dalla finestra per non farsi vedere dall’uomo. Peccato, però, che
nell’appartamento al piano di sotto nel quale entra per nascondersi ci
sia una pessima sorpresa: sul letto giace un cadavere, vestito di
tutto punto e ormai rigido, segno che la dipartita è avvenuta da lungo
tempo. Augello lascia subito la casa e si precipita a contattare la
Polizia. E qui c’è la seconda sorpresa. Infatti il Commissariato è già
stato avvisato con una telefonata anonima di un morto ammazzato
ritrovato in casa. Peccato che la casa sia però un’altra e che anche
il cadavere appartenga ad un’altra persona. Una caratteristica in
comune, però, c’è: anche la seconda vittima viene ritrovata
interamente vestita con il completo buono della festa. Nel frattempo,
il cadavere avvistato da Mimì Augello è scomparso e non ve ne è più
traccia. A questo punto non può che entrare in scena il Commissario
Montalbano. Si scopre, infatti, che il cadavere ritrovato dopo la
segnalazione anonima è quello di Carmelo Catalanotti.