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Riceviamo e pubblichiamo integralmente un articolo firmato da Sebastiano Saglimbeni e dedicato al romanzo poetico del Prof. Carmelo Aliberti ‘Briciole di un Sogno’ del quale abbiamo scritto nelle settimane scorse. Buona lettura. 

Scrivevo orgogliosamente qualche tempo fa dell’uomo, del poeta, del saggista e del docente, da anni emerito, Carmelo Aliberti, nato a Bafia, una piccola comunità dei Peloritani, in provincia di Messina, più volte insignito di meritati guiderdoni. Ora ancora orgogliosamente mi motiva a scrivere questo uomo insonne, in quanto autore di un romanzo-poesia che credo sorprenda coloro che lo conoscono, poeti, scrittori e lettori. Briciole di sogno, quasi un breve verso, il titolo di questa ennesima fatica, con una premessa di Jean Igor Ghidina, docente di letteratura italiana in Francia. In questa prosa, se da un lato è protagonista la Trinacria, che ebbe ed ha avuto di recente grandi uomini della scrittura e della scienza ed uomini schiavizzati dal potere di altri uomini abietti, dall’altro lato è protagonista un ragazzo che studia e, divenuto insegnante, noto autore di alcune sue sillogi poetiche. Un poeta fresco di esistenza che sa bene che ogni gente del nostro pianeta ha il diritto di respingere l’offesa ricevuta e il danno della servitù. Un poeta educatore che “improvvisamente si rivide “tra le rosee pareti della stanza a parlare con creature divine, amate dai poeti”. In questo romanzo-poesia egli si rievoca con una straordinaria delicatezza e crea, con dosi psicologiche profonde, tre personaggi muliebri, protagoniste di tre immobili storie di totale schiavitù, nella Sicilia feudale, post-feudale e degli anni del miracolo economico, quando il respiro di un vento nuovo, si diffonde nell’aria e inconsciamente invade il cuore di Venera, che violentata dal Marchese, porta in grembo una creatura e la crescere con molti stenti, in un clima di radicale disperazione ma con una ostinata fede in una “miglior vita”, riesce ad imboccare la via della dignità e della speranza,riscattando una vita persa nella giungla della disperazione, che la stava travolgendo. Un poeta fresco della lezione della letteratura che nutre di poesia e varia scrittura i suoi discepoli di una Sicilia del dopoguerra. Creatività efficace nella struttura che nella progressione narrativa è arricchita da flash-bach, da ellissi e da riprese narrative, inframmezzate da brani poetici in cui si scioglie il nodo psicologiche dei personaggi, fin dalle pagine iniziali del romanzo, quando cita un tratto dell’ultimo canto, che per lui diventa preghiera, del Paradiso dantesco, sicuramente tanto affascinato, soprattutto da quegli endecasillabi che recitano:

Qui se’ a noi meridiana face

di caritate, e giuso, intra i mortali,

se’ di speranza fontana vivace.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,

che qual vuol grazia ed a te non ricorre,

sua disianza vuol volar senz’ali.

Inoltrandoci nelle duecento e e novanta pagine del lavoro vale, per chi ci leggerà, citare qualche tratto del romanzo-poesia che recita:

“Quando mia madre, che frequentemente mi portava il caffè, il panino

imbottito di mortadella o il parco pranzo nella stanza, dove io mi

barricavo durante il giorno intero, vide la copertina del volume della

Divina Commedia, incuriosita da quel volto austero, mi aveva chiesto

notizie sul libro e sul suo autore”.

Qui la cara e dolce memoria di una madre premurosa che nutre il figlio studente e puramente vuole sapere della Divina Commedia e del suo autore. Tratti di descrizioni ancora poetici, mano a mano che ci si inoltra nella lettura del testo. I personaggi come Rina e Carmelita, poli estremi di amore e di amicizia che vivono di vita pura, reale. Un romanzo-poesia che si fa leggere e rileggere in quanto da questo si fruisce la storia di colui che ha speso l’esistenza in nome del sapere, dell’insegnamento, della poesia e mai in luogo del velenoso profitto, ma per lasciare un autentico documento d’amore, che riesce a ricucire “le briciole di un sogno” Questa fatica di Aliberti si conclude come segue:

“Eravamo usciti a ricomporre nell’originario splendore le briciole sempre vive di un sogno e speravamo che ciò sarebbe stato il sogno di rinascita di una nuova umanità, sorretta dal recupero dei valori limpidi e stabili donatici dalla natura al momento della nostra discesa nel mondo. Mio fratello era pronto in attesa sull’auto con il bagaglio. Mi disse: “Io sono qui”. Fece un cenno di saluto a Carmelita che ricambiò con evidente affetto, ed io raggiunsi l’auto che si avviava ad inaugurare un nuovo capitolo della mia vita.

Finché

Miseria e ricchezza

ti terranno in catene

Tu potrai sognare

La vera libertà”.