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Lo scrittore Prof. Nino Famà barcellonese e docente alla Università di Waterloo in Canada e autore di saggi e di due romanzi di successo internazionale, ha pubblicato una propria recensione sul Cattafi di Aliberti nelle pagine della Rivista statunitense di Studi di Italianistica della New York University-Usa, confermando l’universalità della poesia del grande poeta siciliano di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). La pubblichiamo con piacere sulla nostra Testata augurando buona lettura e complimentandoci sia con il Prof. Famà che con il Prof Aliberti. 

Non sorprende che Carmelo Aliberti abbia voluto dedicare uno studio approfondito al poeta Bartolo Cattafi. Oltre ad essere un lucido e perspicace critico letterario, Aliberti è un apprezzato e affermato poeta, conosciuto sia in Italia che all’estero. Anche se lo stile della poesia del poeta di Bafia è diverso da quello di Cattafi, li accomuna l’appartenenza al territorio e la condivisione di temi che emergono dalle rispettive opere. La Sicilia, la storia, i classici, l’angoscia esistenziale, sono motivi presenti sia nell’uno che nell’altro. La solitudine del poeta, la sorte dell’essere umano, la veracità e l’autenticità della realtà primordiale e la superficialità del mondo attuale sono temi centrali nella poesia dei due poeti.

Il libro inizia con una “nota introduttoria” dove l’autore oltre ad identificare i nuclei essenziali della poesia cattafiana ne coglie l’essenza: “La poesia [di Cattafi] fluisce sul piano delle cose, riuscendo a strappare con gli strumenti del verso affilato, il respiro segreto del reale” (p. 10). Con questa frase, Aliberti avverte il lettore che la poesia del poeta barcellonese (come la sua), scaturisce da una realtà immediata nella quale il poeta si sommerge per sondare intuitivamente il significato trascendentale delle cose. Il poeta indaga nella realtà per scoprire il senso della propria esistenza, il rapporto tra l’essere umano e la sua immanenza spirituale. Aliberti afferma che i versi di Cattafi costituiscono un inventario della vita, un’espressione delle vicende quotidiane, che poi si riversano in una realtà universale, “facendo oscillare la linea di lettura tra isolanità e universalità, tra conturbante quotidianità del reale e le inquietanti istanze extrasensoriali ed una lancinante angoscia metafisica” (p. 18).

Il viaggio e un topos fondamentale sia nella poesia di Bartolo Cattafi che in quella di Aliberti. Nella letteratura, il viaggio può manifestarsi attraverso la geografia o può svolgere una funzione metaforica: la discesa all’interno dell’io alla ricerca d’una identità. Da non dimenticare la funzione del viaggio come elemento attorno al quale si congegna la struttura di un’opera. Quindi, attraverso la geografia, il viaggio può assumere anche la funzione metaforica di viaggio verso il futuro, la speranza, la terra promessa o di viaggio a ritroso, verso il passato, alla ricerca dell’io e, infine, di approdo alla propria Itaca. “Il viaggio, dipanatosi al doppio binario geografico e di discesa dentro l’io, in effetti, può essere riconducibile ad un ideale avventura dell’anima che ha percorso reali itinerari terrestri, ma in realtà ha sempre ricercato la sua Itaca” (p. 26). Nell’opera di Cattafi, il viaggio inizia da uno stato di alienazione e disintegrazione del proprio io e procede verso la reintegrazione cosmica, verso una verità primordiale, l’inerente e inscindibile unione tra essere e realtà, tra oggetto e linguaggio. “Il viaggio, può essere considerato come l’indissociabile dinamismo interiore che, sospinge l’uomo, l’eroe o l’autore alla conquista di approdi reali o ideali” (p. 29). Nella poesia di Cattafi e evidente che il poeta, dopo un periplo che lo conduce in diverse parti del mondo, cerca la sua essenza primaria, la propria identità nell’isola dove e nato. “Eccolo allora sospinto a ricercare, dapprima nella storia della propria terra, la Sicilia, l’identità delle proprie radici, la verità del proprio io, dei propri palpiti” (p. 30). Per certi versi la peregrinazione cattafiana ci riconduce ai versi di Pablo Neruda ne Las Alturas de Macchupicchu, un viaggio alle radici dell’America indigena, alla culla dell’atavica realtà. E’ un viaggio attraverso la geografia e, nel contempo, un viaggio attraverso il tempo che scorre a ritroso, che inizia nel secolo XX e approda alla realtà primordiale e primigenia dell’aurora umana. E’ il viaggio dell’essere umano dei nostri tempi che dall’inautenticità, dalla disintegrazione dell’io e dallo smarrimento nella babilonia del nostro mondo viaggia verso la riconquista di quell’essere primordiale, eroico, unitario, che si libera dall’angoscia esistenziale riconquistando la pienezza della vita, l’appagamento della propria angoscia, la propria identità.

Questa è una chiave di lettura che Aliberti traccia in questa attenta e acuta analisi della poetica cattafiana. “Il viaggio di Cattafi ha inizio nell’angoscia causata dalla dissociazione tra l’io e la realtà dell’uomo contemporaneo sperduto sui percorsi del suo nomadismo, dove l’io disintegrato avverte un’incurabile ferita” (p. 41). Questo è un topos importante anche nelle opere di Aliberti. Come in Cattafi è Neruda, il poeta di Bafia contrappone alla vita, alla realtà contemporanea, la ricerca di un essere e di una realtà primigenia, un percorso che va dalle incertezze, dalle precarietà e dallo smarrimento dell’uomo moderno alle certezze assolute d’un mondo primordiale come si evidenzia in molte sue opere e in particolar modo nel suo poema epico, Itaca. Se, come abbiamo affermato sopra, la ricerca di qualcosa che dia un significato alla vita, dapprima si manifesta nella poesia di Cattafi come viaggio a ritroso, “dall’agonico presente all’edenico passato”, una cala nei valori primordiali della sua isola, si trasforma poi in una necessita di fede, ricerca di Dio, che si manifesta sempre più spesso e con tono sempre più urgente. Nonostante il suo innato pessimismo, la lacerante angoscia esistenziale lo spinge alla ricerca della “Forza catartica del miracolo”. Già nelle sue prime raccolte, Cattafi dimostrava un atteggiamento altalenante verso la fede che
dalla negazione e dal dubbio s’incammina verso la spiritualità. Aliberti analizza l’itinerario, intriso da vicende personali nonchè da inquietudini filosofiche, che portano il poeta barcellonese sul cammino della fede. La dicotomia tra materialità e trascendenza, tra angoscia e speranza, tra pessimismo e appagamento si risolve nel ravvicinamento al Creatore. Ci dice Aliberti: “Dopo l’avventura umana, tormentata dal male biologico, dalla malattia dell’anima, dalla resa della ragione di fronte al mistero e alla morte, nella dimensione assoluta della Grazia a cui al termine di un’esistenza, salvata dapprima dalla ironia e dalla fede nella poesia, e infine dalla fede nell’invisibile assoluto, tutte le vicende umane riacquistano senso concreto in Cristo,” come attesta il poema In te confido (p. 83).

Dopo un accorto, perspicace ed esauriente analisi dei temi che si manifestano nella poesia di Cattafi, Aliberti affronta il ruolo svolto dalle forme del contenuto, cioè la poetica ed il linguaggio del poeta barcellonese; caratterizzato da Aliberti come un “viaggio all’interno delle cose” (p. 51). Penetrare nel guscio delle apparenze per sprigionare l’enigma, per poter accedere all’intuizione mistica racchiusa negli oggetti. Aliberti analizza l’evoluzione estetica nella poesia di Cattafi dimostrando come cambiano e si aggiornano le forme espressive, ma come, nel contempo, rimangono costanti i suoi temi più importanti, soprattutto il topos dell’angoscia esistenziale ed il viaggio come metafora di ansia conoscitiva, il ritorno a un mondo primordiale e alla ricerca del divino che appaghi l’angoscia dell’io. Con encomiabile e succinta esemplarità, Aliberti descrive magistralmente l’evoluzione estetica nelle opere di Cattafi: “L’evoluzione linguistico-culturale evidenzia come Cattafi abbia operato progressivamente un viaggio all’interno della parola, corrispondente all’abbandono della mediterraneità iniziale, che lo ha indotto alla rinuncia della sovrabbondanza nominale e alle accensioni
liriche accentuate, per far filtrare, dagli spazi invisibili della creatività, le rasoiate razionali e una rassegna di dati e di colori con cui l’analisi frantuma il guscio della realtà e la cifra simbolica, sempre più incalzante e si tramuta in folgorante slancio
dell’anima verso scenari metafisici, quasi nel tentativo di enunciare la più autentica interna identità, con il tormento interiore trasparente nelle varie raccolte”(pp.86-87). In questa monografia, Aliberti offre al lettore una pregevole valutazione dell’itinerario poetico di Cattafi. Ci fa conoscere l’uomo e le vicissitudini della sua vita, ma ci fa anche calare nel suo intimo, nei suoi dubbi, nelle sue ansie, nelle sue angosce. Infine, Aliberti ci offre una completa analisi della poesia, dei temi, dei motivi, dello stile e dell’estetica di Cattafi come solo un altro poeta lo può fare.