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di Alfredo Anselmo 

Silvia Romano è a casa.

In un quartiere della sua Milano, nella sua Italia. Giunta ieri nel primissimo pomeriggio all’aeroporto romano di Ciampino ed interrogata per ben 4 ore per raccontare ai pm 18 mesi di prigionia. Rapita in Kenya e subito portata in Somalia dove è stata liberata.

Il popolo dei social intanto in queste ore è pieno zeppo di esperti di strategie internazionali, specialisti di terrorismo, studiosi di islamismo, che si stanno distraendo dimenticando d’esser stati fino a qualche ora prima virologi o epidemiologi.

“È incinta. L’hanno fatta convertire all’Islam con la forza. È stata violentata da uno, da due, da tre persone. Ha lasciato il “vestito islamico” per dare un messaggio. Quei porci dei nostri politici hanno pagato un grosso riscatto. Non merita i soldi pagati questa tizia che probabilmente tornerà in quei luoghi.”

Se ne stanno leggendo veramente di tutti i colori, con superficialità nella migliore delle ipotesi, con becero cinismo e malvagità nella peggiore.

Al di là di qualsiasi retroscena che sarà attenzionato da chi di dovere ieri è stata una bellissima giornata perché una ragazza di 25 anni, un’italiana checché se ne dica, è tornata libera, ha potuto riabbracciare la propria famiglia, il padre, la madre, la sorella. Ha abbracciato il nostro capo del Governo Giuseppe Conte, il nostro Ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

Ieri era la Festa della Mamma, l’immagine più bella che ci rimane di questa vicenda è proprio quella che potete vedere sulla copertina di questo  editoriale: l’abbraccio di una mamma alla propria figlia. In questo gesto c’è tutto l’amore possibile e immaginabile… tutto il resto è noia!