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di Alfredo Anselmo.

“Io Ennio Morricone sono morto!”.

 

 

 

 

 

 

Si apre così il necrologio che si è scritto il Maestro Ennio Morricone, scomparso ieri a Roma. In queste ore televisioni, giornali, social, sono praticamente invasi da immagini, video, notizie dedicate a questo ‘italiano illustre’ del quale l’intero Paese è orgoglioso.

Sui social in particolare pullulano commenti colmi di affetto e di stima: c’è chi scrive una poesia, chi posta una foto fatta insieme a questo genio della musica, chi racconta un aneddoto a lui legato. Tutto molto bello ed intenso. Bellissimi i video di spezzoni dei suoi memorabili concerti. Straordinari alcuni servizi fatti dai grandi telegiornali nazionali.

Anche la nostra Testata gli ha dedicato ieri il classico pezzo di cronaca condito da alcune testimonianze di figure istituzionali o di colleghi musicisti ed abbiamo inoltre pubblicato una bellissima poesia della nostra Graziella Giordano.

Tutti hanno poi sottolineato questa particolarità del suo ‘essersi scritto il necrologio’ ed in effetti si tratta di qualcosa che, pensandoci bene, dovremmo fare tutti: chi meglio di me sa ciò che vorrei dire io da morto? O cosa vorrei si dicesse di me il giorno in cui non ci sarò più?

Questo mio Editoriale vuol mettere in rilievo la grande bellezza della semplicità dell’uomo, riguardo la grandezza dell’artista si è già detto e scritto tutto.

Ieri guardavo le tantissime foto postate in rete e mi ha colpito quella che ritraeva  alla stazione Morricone insieme alla moglie, messinese di San Giorgio di Gioiosa Marea fra l’altro, di ritorno dall’America dopo aver ritirato l’Oscar: “due nonnini di ritorno dal pranzo di Pasqua” li definisce Alessia, che ha pubblicato la significativa immagine, una foto che mi ha trasmesso una tenerezza infinita.

 

 

 

 

 

 

Ennio Morricone è morto come muoiono molte persone semplici che sono avanti nell’età: dopo la rottura del femore. È un classico. Tanti anziani purtroppo vanno via così. Anche in questo Lui è stato come tanti, umano, vero anche nella sua dipartita.

Ennio Morricone ha confermato la propria semplicità nella sensibilità che ha adoperato nel salutare i propri affetti. Non si tratta di un necrologio generico, pomposo, con paroloni di circostanza di certi grandi artisti che vengono scritti dai necrologisti di professione. No!

Ennio Morricone scrive di persone a lui vicine, saluta amici, parenti, figli, ed infine l’amata Maria, compagna di una vita. Li cita tutti per nome come farebbe l’uomo della strada, come farebbe ciascuno di noi, ed è straziante nella sua bellezza l’addio alla moglie: “A lei rinnovo l’amore straordinario che ci ha tenuto insieme e che mi dispiace abbandonare. A lei il più doloroso addio!”.

Come non pensare al momento emozionante che rivedremmo centinaia di volte, quando gli fu consegnato l’Oscar e con voce rotta dall’emozione lo volle dedicare alla sua Maria.

Il senso profondo di questa mia riflessione, con la quale vi lascio pregando per l’Anima del Maestro Ennio Morricone è però un altro passo del necrologio, che evidenzia cosa sia l’umiltà dei grandi, proprio in quella parte nella quale leggiamo: “C’è una ragione che mi spinge a salutare tutti così e ad avere un funerale in forma privata: NON VOGLIO DISTURBARE.”