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I dirigenti sindacali Csa, Clara Crocè e Piero Fotia chiedono che sia garantita la sicurezza degli amministrativi che devono rientrare al lavoro all’Irccs Neurolesi. Di seguito la nota.

“Di quanti metri quadrati dispone ciascun impiegato amministrativo alle vostre dipendenze? Quale materiale per la sicurezza degli stessi sarà loro fornito dall’azienda? Quali turni di lavoro prevedete per il personale a tempo indeterminato, per i Co. Co. Co. e per i borsisti?” Sono solo alcune delle domande che i dirigenti del sindacato autonomo CSA Clara Crocè e Piero Fotia hanno rivolto in una nota inviata oggi alla direzione generale dell’IRCCS Neurolesi Casazza-Piemonte, struttura che all’inizio dell’epidemia di coronavirus era diventata uno dei focolai del virus in città.

“I pazienti e il personale sono stati subito trasferiti o posti in quarantena e la struttura è stata sanificata -dichiarano Crocè e Fotia- ma la decisione dei vertici aziendali di far rientrare al lavoro tutto il personale amministrativo, compresi i Co.Co.Co. e i borsisti, ci lascia perplessi. Vogliamo essere certi che gli amministrativi siano tutelati e che il rientro nella sede di lavoro non comporti alcun pericolo per loro e per le loro famiglie. La città è allo stremo e non possiamo permetterci altri focolai di coronavirus. Ecco perché abbiamo deciso di chiedere chiarimenti rispetto ai criteri di gestione che saranno applicati nella cosiddetta Fase 2 e alla necessità di far rientrare i lavoratori al completo”.

“Alla luce di quanto letto nei mesi scorsi sulla stampa relativamente a un gran numero di pazienti e dipendenti risultati positivi al tampone del coronavirus -si legge nella nota inviata all’IRCCS- chiediamo rassicurazioni in merito alle condizioni di sicurezza per gli impiegati che dovranno riprendere a lavorare perché ci risulta che gli uffici non sarebbero sufficientemente ampi per garantire il distanziamento sociale obbligatorio per legge”.

Tra i punti sui quali la CSA pretende chiarezza, la mancata del personale nonostante “questi mesi di emergenza abbiano dimostrato che il lavoro da remoto garantisce ugualmente un adeguato livello di professionalità, l’adeguata informazione ai dipendenti rispetto a quanto prevede il protocollo INAIL relativo al contenimento dell’infezione COVID-19 sui luoghi di lavoro, l’eventuale previsione di tamponi con frequenza quindicinale e le modalità di contatto previste tra il personale amministrativo e quello medico”. Crocè e Fotia chiedono non solo un riscontro urgente alla nota inviata ma anche la convocazione di un incontro, eventualmente via web, per discutere della sicurezza dei lavoratori.