Riceviamo e pubblichiamo una intensa poesia del Prof. Carmelo Aliberti dal titolo “C’è una terra” – l’autore l’ha composta in lingua spagnola e poi tradotta. Aliberti sottolinea ai nostri lettori ed a tutti coloro che comprendono l’elevata funzione della poesia nella società, che questi suoi versi non son semplicemente “fiorellin di maggio”, ma soprattutto tragedia e speranza della nostra sacra terra. Buona lettura.
“C’è una terra”
I
C’è una terra tra l’Etna e il mare
un filo di case sull’unghia
di monti che s’avventano scheggiati
sulla lastra del cielo
Le mura sbarrano
umide ciglia sulla strada
Bobby sulla sabbia acciambellato
nel sonno abbaia il suo dolore
per l’esilio del padrone-schiavo
Il Canonico sul trapezio del bastone
nell’astuccio di stoffa militare
addita ai passanti le ferite
della guerra che non vogliono guarire
ogni giorno sul corso fuma il tempo
in un ruvido fornello d’ironia
II
Nel bar si gioca a carte si discute
del salario dell’anemico lavoro
si contano i giorni necessari
per la mutua gli assegni familiari
si spera nel cantiere forestale
per la dote dei figli per la casa
per le cambiali del televisore
Nei petti tatuati dalle pene
don Santo tenace giocatore
rinserra la speranza della vincita
per felpare sorsate di miseria
– Fate come me tentate la schedina
pregate i trapassati
che vi dettino nel sogno la cinquina
in questo paese lazzarone
non c’è altro rimedio salutare –
III
Fuori il vento torce il noce depilato
slitta sui cristalli impomatati
tu ingolfato nella sedia
uomo – rana con la lama dentro i denti
varchi la palude tra mandibole
spianate di caimani
in agguato nei gomitoli di nebbia
sciamata da cannoni di cartone
puntati su cuoi parassiti
Se guardi dietro i vetri innaffiati
oltre i cespugli del pantano
larve agonizzano spettrali
che contendono ai topi
cartocci arrugginiti di escrementi
se apri le braccia balza al cuor
Valle del Belice dove
i congiunti sotto le rovine
chiamano un popolo che attende
col tufo sul viso ancora l’alba
IV
Ora ruoti
attorno alla bilancia dell’ingiusto
cerchi Cerbero nello specchio trovi
il barista gigante con gli occhiali
il caffè singhiozza nella tazza
ti tuffi nel pozzo delle tasche
sei della razza che vive l’ergastolo
con poche lire libero
di spaccarti l’unghia pneumatica
sulle azzurre pareti della cella
se hai il coraggio di resistere o partire
V
Anche tuo padre partigiano
stritolato dal neo – cannibalismo – capitale
partì per nuove guerre uomo-rana
Ora che la guerriglia crepita
attorno alla catena di montaggio
c’è chi dice che egli è già tornato
VI
Nella pupilla del televisore
Mike accartoccia ansie preziose
su obiettivi di cronaca e denaro
nella giungla nel deserto il mitra brucia
Dal sottosuolo dell’esistenza
tu coi versi ancora incidi
negative nel rotocalco della vita
e attendi in quella vita
il boato di una nuova libertà.
(Prof. Carmelo Aliberti – Trieste)