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Lo scorso sabato 9 aprile 2022, nell’ultima giornata che il MUT ha dedicato all’Accademia Musicale, Artistica e Culturale “Nino Pino Balotta”, si è tenuto presso il Villino Liberty “Foti-Arcodaci” un Recital di Poesie dedicato allo stesso Nino Pino Balotta ed a Bartolo Cattafi.

Fra i vari Poeti Francesco Conti, al quale il Prof. Carmelo Aliberti, Poeta, scrittore e critico letterario, sulla Rivista Letteraria “Terzo Millennio” ha dedicato bellissime parole, soffermandosi sulla recente e lodevole attività culturale nella città del Longano.

Caro Francesco, mi complimento con te per la utilissima iniziativa, di cui siete stati protagonisti, poeti, scrittori, artisti e relatori, che con l’anima della Sicilia nel cuore e, particolarmente con la riscoperta dei diversi aspetti e connotazioni specifiche della tradizione della civiltà barcellonese, siete riusciti con profonda passione a far rivivere il patrimonio di valori e di operosa creatività nella storica cornice del Villino Liberty, che oculatamente l’attuale Amministrazione Comunale ha saputo riconvertire in cornice del teatro Culturale Barcellonese. Da lontano percepisco il nuovo vento che spira sulla città che sento anche come mia, perché vi ho abitato studiato, insegnato e partecipato attivamente  ad incrementare iniziative culturali in un periodo, in cui alla nobile funzione della letteratura e dell’arte si credeva poco. Un’altra generazione ora riprende il discorso culturale e con la propria genialità sta imprimendo un tono di modernità al diffuso fermento culturale, un tempo ghettizzato da una ristrettissima cerchia nicchia inavvicinabile di mostri sacri di una cultura astratta e autoreferenziale. Oggi scopro nel silenzio delle proprie stanze voci molto alte di capacità critiche poetiche, pittoriche e poetiche che con sacrifici personali in solitudine hanno lavorato con ottimi risultati. Ne potrei citare alcuni, ma non lo faccio pubblicamente, perché li ho già nella famiglia di TERZO MILLENNIO. Ma basta citarne uno, Francesco Conti, poeta bilingue, che ha già riversato sulla pagina in poco tempo, un fiume di versi, densi di forte lirismo, con cui ha rivestito una molteplicità di alti valori etici, sapendoli estrarre da una nebulosa, anche tempestosa realtà del nostro tempo, riuscendo a contrapporre alla indecenza dell’uomo contemporaneo un gomitolo di scansione morale e razionale che risucchiano il lettore nella specularità del vangelo dell’anima. Egli sembra essere riuscito a mescolare una lettura oraziana della vita e, con amorosa pazienza, suggerisce al lettore di saper distinguere il bene dal male, con le armi del sentimento e della razionalità, addolcite da una mielifica armonia versificatoria. La poesia che pubblichiamo è stata già letta in questa circostanza ed è ricca delle tecniche ritmiche e spiritualizzanti, di cui ha necessità l’uomo, se vuole onorare il suo ruolo terrestre di eticità celeste.

Intervento integrale del poeta Francesco Conti e lettura della sua poesia, presso il Villino Liberty sabato 9 aprile 2022. 

Prima di dare lettura della mia poesia, desidero leggervi IL GRIDO DI DOLORE PER LA GUERRA IN UCRAINA, estratto dalla lettera che il Prof. CARMELO ALIBERTI, poeta e critico letterario originario di Bafia ma da anni residente a Trieste, ha scritto in questi giorni al Dott. ALFREDO ANSELMO, Caporedattore della testata giornalistica “OraWebTv” di Barcellona Pozzo di Gotto:

“Sono prigioniero di tanti dolori e del pianto fluviale di un popolo che vuole morire con le mani insanguinate legate alla loro casetta, un nido di affetti e di amore, dove le famiglie hanno vissuto i momenti più lieti e tristi della loro esistenza serena, traumatizzati dal filo piangente di voce di bimbi che tornano indietro per estrarre dalle macerie provocate dalla guerra il loro pupacchiotto, stringendolo al petto. Sono esterrefatto dagli scheletri anneriti dei palazzi, anch’io, come tutti i poeti e gli intellettuali non schiavizzati da alcun padrone, ci sentiamo superflui e inutili, quando già ci illudevamo di aver conquistato la libertà e la convivenza democratica, da continuare a migliorare, anzi a spiritualizzare con l’armonico e soave suono della nostra cetra.
Credevamo profondamente di riuscire ad unire in un abbraccio d’amore universale, ma ora di fronte a tanto orrore provocato dalla mai estinta ferocia umana, non sappiamo cosa fare, perché anche i nostri sogni sono morti sotto le cinghie stritolanti dei carri armati. Ci rimane solo “l’Urlo di Munch” soffocato nella gola. Ma il cuore straziato ci spinge a scrivere ancora, come fecero i poeti nel secondo dopoguerra, quando “anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento.”

Rimango in tema e sulla scia del grido di dolore per la guerra in Ucraina del Prof. Carmelo Aliberti, leggo la poesia che ho scritto per l’occasione:

STANNU MURENDU I GIRASOLI

Francesco Conti – Aprile 2022

Vulissi poetari cu paroli rimanti d’amuri e d’affettu,

ma a realtà mi potta a cosi crudeli e mi doli u pettu.

Tristi passunu sti junnati cu sceni di duluri strazianti,

facci senza sorrisi e occhi signati di pauri devastanti.

         Sonunu sempri sireni, non appena u suli si ‘ndi vaci,

         di cussa, a genti ucraina, scindi ‘nte rifugi senza paci.

Non sunnu stiddi cadenti a fari luci pi tutta la nuttata,

         chiovunu missili caini e tutt’attonnu, è terra bruciata.

Ma non è sulu chistu, chiddu chi videmu di sti tempi,

         scurrunu puru di continuu massacri, orrori e scempi.

Non si ‘ndi poti cchiù, stamu già rituccandu u fundu,

si campa di retorica e arruessa, vaci giriandu u mundu.

E menu mali chi autobus e treni, passandu i confini,

rigalunu a libertà all’anziani, e fimmini e i bambini.

Ma non vi pari chi così, si staci propriu esagerandu,

ora, macara chi poviri girasoli sa stannu pigghiandu.

U zar, desposta e assassinu, bumbadda puru i spitali,

e, morunu ‘nnuccenti, chi nenti aviunu fattu di mali.

Fimmamulu viatu, prima chi schiaccia ddu buttuni,

su faci, chi guerri passati, non c’eni mancu paraguni.

Chista arreti e nostri potti, mancu avia a cuminciari,     

ma, è cosa risaputa, ognidunu tira a codda e so affari.

C’eni cu si scutola i spaddi e ci piaci assai stu giocu,

e cu, u cori l’avi marciu e ciuscia puru supra u focu.

Signuri Iddiu, criaturi non sulu di celu, terra e mari,

sulu Tu ‘ndi po’ sabbari, a unu a unu, falli ragiunari.

Mettili supra a stissa strata undi c’eni tanta spiranza,

e rigala a tutti quanti, paci duratura e vera fratillanza.

Così rividemu distesi immensi di girasoli tutti in ciuri,

         e pi l’aria, risintemu ddu ciauru di frumentu pi pianuri.

U veru amuri è poisia e vinci sempri supra d’ogni cosa,

         puru si truamu spini, quandu c’eni di cogghiri na rosa.