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Lucio Zaniboni è nato a Modena. Vive a Lecco. Ha insegnato in scuole di vario ordine e grado. Ha pubblicato numerose raccolte di poesia che hanno avuto, tra gli altri, prefatori: Aliberti, Bellezza, Cappi, De Giovanni, Esposito, Ghidina, Lanza, Manacorda, Martelli, Martellini, Moretti, Pazzi, Piromalli, Rea, Ruffilli, Sanesi, Sozzi, Spagnuolo, Squarotti, Ulivi, Valli.

Segnalato al Premio Internazionale Montale, ha vinto diversi premi per l’edito e l’inedito e due volte il Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Collabora a giornali e riviste. Ha curato nove Antologie comprendenti la maggior parte delle voci poetiche contemporanee, con l’ultima delle quali “La poesia del Terzo Millennio” sono state presentate due Tesi alla Facoltà di Lettere e Filosofia.

È stato tradotto in francese, inglese, greco, spagnolo, portoghese, cinese e albanese. Inserito nella Storia della Letteratura Italiana – Il Secondo Novecento 1993, e nella Letteratura e Società Italiana dal II ‘800 ai nostri giorni di Carmelo Aliberti. Figura in vari repertori. È tra gli autori di Poeti Latini tradotti da Scrittori Italiani Contemporanei, Bompiani, 1993. È presente nell’“Antologia Mundial” di Fernando Sabido Sanchez.

LUCIO ZANIBONI, ALTISSIMA TESTIMONIANZA DI UN SECOLO DI POESIA  PREFAZIONE  DI CARMELO ALIBERTI E NOTA CRITICA DI JEAN IGOR GHIDINA.  UN VANGELO POETICO CHE INNALZA L’ANIMA DALLA PALUDE TERRESTRE ALL’ARMONIA CELESTE. ALTISSIMA VOCE DI UN SECOLO DI POESIA,  TESTIMONIANZA ESEMPLARE DEL MODERNO VIAGGIO DANTESCO DAL BUIO TELEOLOGICO ALL’APPRODO GIARDINO METAFISICO.

di Carmelo Aliberti

Lucio Zaniboni, poeta, scrittore e critico letterario, ha ricevuto nel mese di agosto del 2021 il PREMIO ALLA CULTURA nel Premio Internazionale TERZO MILLENNIO-24live, svoltosi a PORTO SALVO di Barcellona P.G. (Messina). LUCIO  ZANIBONI è nato a Modena ma vive a Lecco. Ha insegnato in scuole di ogni ordine e grado. Le molte raccolte di poesia hanno avuto le prefazioni di: Bellezza, Cappi, Esposito, Lanza, Manacorda , Martelli, Moretti, Pazzi, Piromalli, Rea, Ruffilli, Sanesi, Squarotti, Ulivi e Valli. È stato segnalato al Premio Internazionale Montale, Ha vinto premi importanti e due volte il Premio della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ha pubblicato sette Antologie dei migliori poeti contemporanei e sulla sua opera sono state svolte due Tesi di Laurea. È stato tradotto in francese, inglese, greco, spagnolo, portoghese, cinese e albanese. È stato inserito in Storia della letteratura Italiana – Il Secondo Novecento 1993. e in Poeti latini tradotti da autori italiani (Bompiani.)

A 17 anni iniziava la collaborazioni con il giornale letterario (Gastaldi) Milano. A 24bera tra i giovanissimi nella: Antologia “Poeti del nostro Tempo” (Primo poeta inserito Giovanni Papini) Edizioni Cinzia Firenze. Numerose collaborazioni a riviste prima del primo libro edito per iniziativa di un gruppo di colleghi della scuola”.

Ecco la motivazione del PREMIO ALLA CULTURA TERZO MILLENNIO assegnato al poeta ZANIBONI e incisa sulla preziosa Targa: “alta voce limpida e penetrante della poesia contemporanea, degno erede della nostra migliore civiltà culturale, vero Maestro di critica letteraria che  riesce a rendere fruibile il testo  e a captarne la reale dimensione interiore”.

Lucio Zaniboni, nato a Modena, vive a Lecco, dove si specchia, nell’azzurrità suprema delle limpide acque del famoso  manzoniano Lago, il suo cuore immenso di grande poeta, impegnato da una vita a coltivare il giardino celeste di indicibile bellezza che respira la purezza divina del paesaggio, che nessuno escremento etico riesce ad insozzare di squallide miserie umane.

Poeta, critico letterario e  narratore, collaboratore di giornali e riviste e curatore di otto famose antologie critiche della migliore poesia di questi anni, ha al suo attivo la produzione personale di molte raccolte di versi, di elevata tessitura verbale e nominale, ingemmata di lessemi, stilemi, simili a rare ed equamente distribuite gemme riecheggianti e rilucenti di una rara fosforescenza lirica che si ricompone armonicamente sulla potente tastiera del pentagramma tematico, connotativo della poesia di Lucio Zaniboni di tante diversificate note musicali e strutturali, idonee a  collocarla tra le voci più alte e coinvolgente della produzione lirica degli ultimi 100 anni.

La poesia di Zaniboni può essere definita come un invisibile “orecchio cosmico”, teso a catturare l’eco di ogni suono, i lievi bisbigli della cronaca, le veliniche immagini delle cose, i palpiti sottesi dell’alfabeto dei minimi o macroscopici eventi quotidiani in un’umile e omogenea sinfonia universale, dove la cognizione del tempo si scioglie nel naufragio della luce e il disinganno del paradosso si trasforma in sentimento ferito d’amore appena venato dal tono sottile di un’ironia disciolta e resa evanescente dal vento lieve di una misurata musicalità che fermenta in armonie omogenee tra i minuscoli spazi interni dei versi. Le sequenze del flusso poetico scivolano tra le pagine senza alcun ingorgo di termini, di suoni o di sovrastrutture elaborative che ostacolino la captazione più profonda dell’invisibile colloquio sapienziale del sentimento del poeta con i bisbigli o le onde segrete delle mille voci e delle apparente staticità delle immagini. Da ciò discende un infrangibile rapporto dell’uomo con la natura e il vento diventa allegoria di ogni mutazione, di tragedie ambientali, di inondazioni atemporali, delle sciagure del mondo, provocate dalla scellerata, irresponsabile ed egocentrica gestione irrazionale dei fenomeni del pianeta. L’inesorabile ciclo del tempo, che nel risveglio delle rose rinviene il miracolo della vita e nello svanire del brivido vitale cela il rapido fluire verso nuove forme di vita, induce Zaniboni, in questo volume antologico intitolato “DISSOLVENZE DI UNA VITA” con prefazione di Carmelo Aliberti ad imprimere all’apparente rastrellamento della fenomenologia botanica un nuovo respiro d’amore e nel magma del buio in agguato” riscoprire l’urgenza aghiforme del poeta, teso alla conquista di una verità assoluta, che nel poeta non si configura nella certezza degli assiomi, ma fluisce nell’attutito sfrigolare di un indefinibile senso di colpa, in un torrente di malinconia infinita che intride il cuore del poeta,  dopo l’assedio del ferale covid, che ha reso vuota la propria abitazione, dove il vuoto invade il mondo del poeta, alla cieca e tormentata ricerca della consolazione di Dio. Un elemento simbolico centrale è rappresentato dal vento, che, nello sviluppo tematico della poetica di Zaniboni, non è solo espressione di un dato atmosferico, ma rappresenta allegoricamente ipotizzazioni di percorsi più intimi, più profondi, più interiori e ansie conturbanti di spiritualità.

Ma il vento è anche strumento di recupero memoriale non fine a se stesso, ma come occasione di bilancio esistenziale di un passato da rivisitare con il dovuto distacco dallo scorrere degli eventi trascorsi, al setacciamento razionale di ciò che si è vissuto nel periodo della spensieratezza, ora rivisitato alla ricerca del momento in cui  è sfuggito l’”attimo fuggente” nella reminiscenza letteraria o ritrovare il vento che trascina nel mondo del mito, in quei versi in cui risultano immortali le linee tematiche della poetica zaniboniana, ma anche che attualizza  il sentimento del viaggio nell’immaginario letterario, che è materializzato attraverso il treno nell’approdo alla speranza, sentimento rinato nella discesa dal treno e avviarsi all’uscita dalla stazione, andando incontro al sole, simbolo mitologico e cristologico.

L’incertezza della visione metafisica, sempre inseguita con la certezza  di un concreto abbraccio con Dio, trova sempre segni di positivo traguardo, con lo spontaneobconforto delle ipotesi pascaliane o spinte verso la speranza con l’evocazione del prodigioso bambino: “Io, come Pascal,/ opto per la speranza/ e non ritengo vano/fidare nel fanciullo,/ disceso sulla terra/ a porgerci la mano”. Nella presente  raccolta antologica, i testi poetici sono attraversati, più o meno palesemente, ora per convocazione istintuale di frammenti oggettuali o per il riverbero di gesti casuali, oranmediante il recupero di emblematiche impronte memoriali, ora mediante l’incisivo pulsare del dubbio, dall’emergere della resa nell’esile percussione dell’assillo metafisico nell’alveo della terrestrità appena avvertita nel sofferto nomadismo dell’ anima.

Ogni pagina, ogni nucleo tematico viene sfiorato dalla leggerezza del dettato poetico in cui si avverte la fragilità dell’io, dolente sulla soglia del mistero dell’esistenza. Il tentativo di riordinare la storia interna ed esterna dell’uomo si risolve in una sorta di codificazione spontanea, dove una filigrana di religiosità sommersa affiora nel determinismo naturalistico individuato nell’elemento dell’“acqua” in Zaniboni, proteso alla ricerca di un ordinato percorso metafisico. Ora,  attraverso l’inventario di fatti, di fenomeni apparentemente banali, nella ritualità iterativa della vita familiare, nel paradosso dell’interrogativo ludico, nei ritmi della vita scanditi da damine e vestiario ben delineati, in realtà il poeta sgomitola sofficemente il rosario delle catastrofiche seduzioni e degli inganni, incapsulati nelle cifre simboliche della parola che procede nella riscoperta del vero senso della vita, di fronte a cui resistono, forse come maschere inutili i semplici versi di un poeta che continua a scandire un’incomprensibile, quanto ostinata e laica preghiera.

L’epicentro del problematicismo tematico di Zaniboni oscilla nella ricognizione del reale significato della vita e della morte, ma nel suo interrogarsi sul valore dell’esistenza, tra grido, protesta e affanno, il poeta scopre la dimensione dell’inutilità di ogni ansia conoscitiva di fronte all’universo del mistero, che disvela la nudità e l’inermità dell’uomo contemporaneo, privato delle energie necessarie e delle risposte adeguate a colmare il vuoto ultrafanico, nel quale sembra inesorabile l’affondare dell’essere, ma anche l’ostinata speranza o l’illusione di avanzare verso la meta, sotto la custodia silenziosa del Padre Celeste. La nitidezza delle strutture versificatorie e la bellezza delle figurazioni stilistico-formali, la ricchezza della rubrica lessicale, la ben articolata scansione metrica dei versi, una virtuosa  combinazione  in cui risulta appropriata la selezione tematica ed ideale, imprimono un carattere di assoluta originalità alla poesia di Lucio Zaniboni, alta  voce del parnaso del terzo millennio, poeta solido che sigla in una  corposa e preziosa produzione lirica un livello di primo piano, anzi, oserei dire, d’avanguardia, cioè una tipologia poetica che si colloca su posizioni nuove. Originale riesce il componimento che può definirsi una meta poesia, poiché Zaniboni  si sofferma sul passaggio alla scrittura, come se la poesia fosse sospesa nell’aspettativa di una nuova musa ispiratrice (Ghidina).

La penetrante sensibilità del poeta riesce a sublimare con i versi la crudele realtà esterna  e l’appuntamento fatidico con la morte, senza trascurare la tensione infrangibile dell’anima in “Deum”.

DIAVOLI

Malacoda,

Scarmiglione,

Alichino e lo scostumato Barbariccia,

i diavoli che Dante vide all’Inferno.

Quanti altri demoni in quell’Averno,

confinati per castigo a castigare!

In un fuoco eterno, in infinito spazio,

voi, poveri diavoli, a alimentare fiamme,

ad attizzare brace, nella torrida calura

di un’estate senza fine.

Tutto sommato, io vi compiango:

in fondo svolgete compito sociale,

per paura di finire fra voi,

molti si pentono e corrono a confessare,

così che penitenza poi li assolva.

Non vi manca invero aspetto infernale:

corpo nero, patinato bronzo,

due corna che alle vampe, sembrano di corallo,

zampe ferine, mascella abordante,

dente acuminato, mento aguzzo

a guisa di cavallo.

Eppure nonostante il timore che incutete,

tenendo il capo sotto la sabbia come fa lo struzzo,

da quando con Adamo e Eva

il peccato ebbe inizio

il peccatore ha perso il pelo,

non il vizio.

 

FORMICHE

Dalla finestra il formicaio

con vetrate su cui sorride il sole,

vincitore della nebbia

e il viale ancora d’oro di foglie,

prima che il vento dell’ottobre

faccia scempio delle ombrose chiome.

Ride il cemento,

ma ha il volto dello smog.

C’è tuttavia qualcosa di umano

nella torre levata come mano

nel sereno.

Io la guardo e guardo le formiche,

perché altro non siamo,

visti dal quindicesimo piano.

Vanno come ragni a tesser sogni

fra l’oggi e il domani.

Corrono a catturare chimere

nelle ragnatele della vita.

Dal mio studio, in abito da clown,

 

I RICORDI

Si apre nello specchio azzurro del cielo

un sussurro lieve di violino;

parentesi filosofica del mattino.

Sospiri d’erba tacita in ascolto,

necrosi nostalgica, un lamento

sfiora la nuova aurora.

Fuggono, uccelli migratori

 

IL PERCORSO

S’indora il viale di morte foglie,

ultima esplosione di fiamme dell’estate,

poi la consunzione in algide brinate,

in rami denudati e bianche distese di neve.

Si perde nel frammento la visione:

il fiore colto ancora in boccio,

le lunghe camminate incontro al sole

e la parola amore.

S’indora il viale e tutto quel rosso

è sangue delle ferite del percorso.

 

CHISSA'

Chissà se Dio si sarà rammaricato

di avere creato due pupazzi con la creta,

materia che si sfalda, che si crepa,

polvere che al vento vola e si disperde?

Quel giorno forse si era assopito.

L'avessero destato con l'arpa I Serafini,

con le trombe o col liuto i Cherubini

Tutto era tranquillo e silenzioso,

non una nube in cielo, non un tuono,

e Dio, troppo buono, a sue spese

creò l’uomo.

 

NATALE

Piange il bambino delle favelas,

nella discarica non ha trovato nulla;

piange il bimbo nero sulle onde

di un mare in tempesta come la sua vita,

sua madre l'ha affidato agli scafisti,

pensando vanamente abbiano un cuore.

Piange il ragazzo ucraino nel rifugio,

un razzo ha distrutto la sua casa,

affidato alla carità di altri, è rimasto solo.

Piange il figlio di Dio nella mangiatoia.

È Natale! Il suo pianto sarà forse lavacro

a questo nostro disperato mondo.

 

GIUDIZI CRITICI

“…Zaniboni intende e pratica la poesia come strumento di autoconoscenza, che si

addentra nel mistero dell'essere al di là del caleidoscopico gioco della routine. Il

linguaggio, fra segrete inquietudini e ironici estri, perviene a singolari contrasti fra

ariosa levità e cromatici estri…”

Alberto Frattini: Storia della Letteratura

“Per controllato scavo interiore e impianto espressivo si inserisce con effetti figurativi

di illuminante respiro poetico nel clima della grande poesia di fine di secolo…”

Renzo Frattarolo

“…Ed è questa la sua novità e il suo privilegio, di non avere referenti precisi, maestri

da ricopiare. Sembra che prima di Zaniboni ci sia stato il deserto e che tutta la

tradizione italiana sia stata spazzata via. Zaniboni resterà tra le voci più nuove

dell'ultimo decennio, sempre sospeso tra un esistenzialismo lirico e un realismo

affranto…”

Dario Bellezza

“…La sua è una musa aracne tessitrice economa e essenziale di epigrammi con rari e

discreti motivi personali. Assai fini scambi tra cielo e terra in metafore fulminee e

spazi di visioni cromatiche…”

Oreste Macrì

“…Trascrive la leggenda della coscienza, la sua coscienza con un'eleganza sulfurea,

quasi furente. Mi piace la sua qualità di scrittore accanto a questo senso

d'avventura…”

Ferruccio Ulivi

“…Una voce genuina in mezzo a tanta falsità e presunzione.”

Primo Levi

“…Ed è proprio il gioco dell'ironia, il suo meccanismo a rimpiattino nei due versanti

linguistico e termale che è metafora, a conferire alla poesia di Zaniboni,

nell'aggraziata delicatezza del tocco, quell'area di sorpresa registrazione che la

caratterizza…”

Roberto Sanesi

“…Molto preciso, molto pronto, secco, autonomo nel ritmo e nella timbricità.

Convincente nella padronanza della materia…”

Cesare Milanese

“… Il discorso appare lucido e sicuro, tiene dietro al gioco delle immagini con una

tecnica arguta e fantasiosa, animata da un'ironia significante…”

Claudio Rendina

…Mi ha colpito il possesso di un linguaggio tutto suo da una parte e ben inserito,

dall'altra, nella sensibilità poetica attuale.”

Giuliano Manacorda

“…Nelle sezioni più epigrammatiche vi è una pronuncia secca e chiara che colpisce,

mentre nelle poesie di rifrazione si fa avanti una volontà di elegia, distesa,

dolcemente coinvolgente…”

Giuseppe Conte

“…Ci troviamo di fronte una poesia di rara letizia creativa, congiunta con una

altrettanto singolare profondità di ideazione e di pensosità. L'equilibrio fra i due

momenti con il sostegno della tecnica compositiva è un risultato dei più vivi e

ammirevoli.”

Giorgio Barberi Squarotti

“…Ho letto con interesse la sua raccolta, così coinvolgente, delicata e nello stesso

tempo profonda di significato. Vi ho colto l ‘afflato religioso del “pneuma” (spirito,

vento) creatore dell'universo e ancora oggi vivificatore di esistenza, di bellezza e di

grazia…”

Giuliano Ladolfi

“…Ho letto il suo libro (Il Tempo e l'Eterno). Devo dire che ne ho trovato giovamento,

sono parole balsamo quelle che scrive, parole che urgono medicamentose, umili e

semplici. Non posso che unirmi alle parole del valido prefatore, Angelo Mundula che

condivido, “la sua è una poesia totale” animata da un fervore religioso tanto raro nei

nostri tempi, quanto prezioso e vivificatore.”

Giorgio Linguaglossa

“…Trova sempre segni di positivo traguardo, con lo spontaneo conforto delle ipotesi

pascaliane o spinte verso la speranza del prodigioso bambino…”

Carmelo Aliberti