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In occasione delle commemorazioni dello scorso 23 maggio 2022, 30° anniversario della strage di Capaci, Savino Percoco era presente al Teatro Golden di Palermo dove oltre 1000 persone hanno voluto ricordare ed onorare Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo ed i tre agenti della scorta barbaramente annientati dal tritolo di Cosa Nostra. Insieme a lui nomi illustri che combattono realmente la mafia quali Nino Di Matteo, Giuseppe Lombardo, Roberto Scarpinato, Maria Fida Moro, Luca Tescaroli e Sebastiano Ardita.

Il giovane pugliese Savino Percoco, giornalista di “Antimafia Duemila” ormai da anni una delle anime del movimento delle “Agende Rosse”, ha risposto ad alcune domande del nostro Caporedattore Alfredo Anselmo, un’intervista in esclusiva per la Testata giornalistica “OraWebTv”. Nel ringraziare Savino Percoco per la sua disponibilità auguriamo a voi buona lettura con l’auspicio che il fenomeno mafioso possa avere, prima o poi, una fine.

Caro Savino Percoco, non possiamo non partire dalla tanto discussa Riforma Cartabia… ci illustri il suo pensiero in merito.

Quando l’Europa chiese l’attuazione di normative che permettessero la velocizzazione dei processi, non avrei immaginato che il nostro Governo avrebbe partorito una riforma che rischia di spazzare molte sentenze.
Difatti, uno degli aspetti critici della Riforma Cartabia riguarda l’improcedibilità dell’azione penale, che prevede l’annullamento di una sentenza di condanna emessa dalla Corte di Assise, se i lavori processuali non terminano entro due anni dal giudizio di Appello e uno dalla Cassazione.
Sostanzialmente molti processi rischiano di concludersi senza l’emissione di una sentenza, vanificando gli sforzi di inquirenti, magistrati, giudici, ecc, e deprimendo le aspettative di eventuali denuncianti o parti offese.
L’improcedibilità, rischia non solo di lasciare impuniti molti illeciti, ma soprattutto di negare Giustizia a quei cittadini vittime di un reato che non potranno mai più rivalersi di un proprio diritto.
Un altro aspetto poco convincente di questa riforma, è l’attribuzione al Parlamento, dell’individuazione dei criteri generali per l’esercizio dell’azione penale.
In sostanza, la maggioranza governativa del momento, avrà la facoltà di decidere le linee guida sui reati da perseguire dettando le agende alle Procure in merito alla calendarizzazione dei Processi. Si tratta di un punto che oltre a minare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura, rischia di far scattare l’improcedibilità per i Processi che il Parlamento rimanderà ad un secondo momento, ma soprattutto che a mio parere, appare in contrasto con i principi fondamentali sulla separazione dei poteri e quindi incostituzionale.

Lei, Savino, è da sempre uno dei giovani più attivi nel movimento delle “Agende Rosse”, e a tal proposito che tipo di messaggio intende mandare ai giovani di oggi?

Paolo Borsellino nutriva grande fiducia nelle fasce giovanili, ritenendoli tra i più forti oppositori “al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”. Se i giovani avranno la forza di accedere alle stanze più profonde dei propri cuori, trovando il giusto innesto di amore e coraggio, la speranza di un mondo ricco di luce al colore di pace non sarà più utopia.
Ai giovani imploro di non cedere alle trappole del Dio denaro, ma saper discernere, osservare, leggere le situazioni, affinchè non si bruci l’opportunità che grandi uomini come Falcone, Borsellino, Chinnici, Impastato, ecc ci hanno ereditato.
Impegniamoci affinchè il loro sogno sia anche il nostro, edificando un pianeta sostenibile, che abbatta l’indifferenza e lasci posto ad una partecipazione civile che sostituisca l’io al noi.
Credete nei vostri sogni senza permettete a nessuno di troncare le vostre speranze e siate protagonisti del presente affinchè l’arroganza mafiosa diventi un lontano ricordo

Come ha vissuto la nomina a Procuratore Nazionale Antimafia di Melillo a scapito di Gratteri? Ritiene sia una vittoria del “Sistema”?

La votazione che ha portato alla bocciatura di Nicola Gratteri come super procuratore nazionale, ricorda per certi versi la sconfitta di Giovanni Falcone per la carica di giudice istruttore appartenuta ad Antonino Caponnetto. Nell’occasione il CSM, nonostante una non longeva esperienza nel settore antimafia, gli preferì Antonino Meli per il solo requisito di anzianità anagrafica.
In un periodo in cui la magistratura vive una crisi d’immagine generata da alcuni episodi poco lungimiranti come la vicenda Palamara, sarebbe stato un gran segnale di rilancio, nominare Gratteri nel ruolo più determinante per le decisioni contro le mafie.
Al contrario invece, si rischia di trasmettere un messaggio poco rasserenante che non solo ricorda analogie su citate, ma appare come una presa di distanza istituzionale dal Procuratore di Catanzaro e dal suo stesso operato, se consideriamo che parliamo del maggior esperto di ‘ndrangheta al mondo, nonché uno dei magistrati più esposti al rischio vita.
La bocciatura pesa ancor più, se pensiamo che solamente due giorni dopo, è stata diffusa la notizia che dal Sudamerica i servizi di sicurezza stranieri avrebbero intercettato una comunicazione su un piano di attentato per far saltare in aria Gratteri.

A trent’anni di distanza dalle stragi di Capaci e di Via D’Amelio cosa per lei è cambiato e cosa dovrebbe ancora cambiare?

Nonostante le numerose inchieste, molte verità su quelle stragi sono ancora sconosciute. Molti boss ed esecutori materiali sono stati assicurati alla giustizia, ma restano però ignoti i volti ibridi dei mandanti esterni a Cosa nostra.
Nel contempo alcuni importanti strumenti di contrasto alle mafie, ispirati e voluti da Falcone e Borsellino hanno subito dei tentativi di smantellamento, tra cui la legge per incentivare la collaborazione con la giustizia, l’ergastolo ostativo, e il regime di carcere duro 41 bis.
Quello che maggiormente preoccupa è che certi aspetti di svalutazione legislativa non si distanziano molti da alcuni desideri che Riina evidenziava nel “papello”, e ci auguriamo che la classe istituzionale del nostro Paese sappia agire con coscienza.
Queste sono solo alcune delle ragioni, per cui il 19 luglio di quest’anno, il Movimento delle agende Rosse ha deciso di celebrare la ricorrenza attraverso “Il Suono del Silenzio”, ovvero la musica di un violino da Via D’Amelio. A distanza di 30 anni molti rappresentanti dello Stato parlano di lotta alle mafie o citano magistrati eroici, senza però adempiere coerenza nelle stanze del potere.
In meglio però è cambiata la coscienza sociale e la passione civile, soprattutto nei giovani. Oggi ci sono associazioni, iniziative, spettacoli artistici contro le mafie e una nuova generazione di magistrati che sembra focalizzare nel cuore il sogno di Falcone e Borsellino.