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E’ giunto il verdetto del processo d’appello di uno dei tronconi di “Dinastia”, la maxi operazione condotta a febbraio 2020 dalla Direzione distrettuale antimafia di Messina, sfociata in 59 arresti e che ha messo in risalto i traffici delle vecchie e nuove leve del clan dei ‘Barcellonesi’. Al vaglio della Corte d’appello di Messina il troncone giudicato in abbreviato

Il bilancio finale è costituito da sconti di pena per 35 imputati e condanne per quasi 220 anni di carcere. I giudici hanno disposto anche alcune assoluzioni e prescrizioni totali e parziali confermando la sentenza nel resto.

Inoltre la Corte d’Appello ha condannato alcuni imputati anche a risarcire le spese al Comitato Addio Pizzo e all’associazione nazionale antimafia Alfredo Agosta che nel processo sono state parti civili, e sono state disposte alcune scarcerazioni.

Le indagini dei carabinieri del Ros avevano fatto emergere come le nuove leve del clan guardassero soprattutto al traffico di droga. Nell’indagine finirono anche i figli di alcuni boss barcellonesi. Secondo l’accusa il gruppo sarebbe riuscito a smerciare ingenti quantitativi di cocaina, hashish e marijuana, nella zona tirrenica e nelle isole Eolie, anche rifornendo altri gruppi criminali satelliti che spacciavano a livelli minori. Uno smercio che utilizzava i social network e un codice per evitare di incappare in intercettazioni. Le indagini hanno fatto luce anche su estorsioni a commercianti ed imprenditori dell’hinterland barcellonese.

In totale sono circa 220 anni di reclusione per 35 imputati. E’ la sentenza della Corte d’appello di Messina nel processo scaturito da uno dei tronconi dell’operazione “Dinastia”, del febbraio 2020, della Dda contro 59 presunti appartenenti al clan dei barcellonesi.

In definitiva la struttura dell’accusa ha sostanzialmente retto giudizio di secondo grado che ha confermato gran parte della sentenza del Tribunale.

Scende a 9 anni e 4 mesi la condanna per Francesco Anania e Salvatore Bucolo; 10 anni per Antonino Recupero, Daniele Bertolami, Salvatore Felice Chillari e Carmelo Cannistrà; 5 anni per Pietro Bonfiglio, Fabio Crea, Carmelo Driacchio e Vincenzo Gullotti; 3 anni ad Alessandro Calderone; 4 anni a Dylan Seby Caliri; 10 anni e mezzo a Pietro Caliri; 2 anni e mezzo per Carmelo Chiofalo; 4 anni e 8 mesi per Carmelo Vito Foti, Salvo Di Mauro e Rosaria De Gaetano; 13 anni per Giovanni Fiore; 8 anni e 8 mesi per Vito Vincenzo Gallo; 1 anno e 4 mesi per Mattia Giardina; 2 anni a Francesco Iannello e Samuele Marino; 9 anni per Salvatore Laudani; 4 anni e mezzo per Mattia Jesus Piccolo; 8 anni e mezzo a Gjergj Preci; 8 anni e 1 mese a Giuseppe Puliafito; 15 anni e 4 mesi per Giuseppe Puliafito; 4 anni a Carmelo Quattrocchi; 12 anni e 2 mesi a Giuseppe Scalia; 3 anni e 4 mesi a Carmelo Tindaro Scordino; 6 anni e 8 mesi per Antonino Signorello; 4 anni e 4 mesi per Sergio Spada; 8 anni e 4 mesi per Andrea Villini. Assolti Francesco Scarpaci, Massimiliano Munafò e Claudio Febo. Condanne confermate per Giovanni Crinò, Bernardo Mendolia, Lucia Bilardo, Lorenzo Mazzù, Santo Tindaro Scordino. Gli imputati erano accusati, a vario titolo, di spaccio di droga, associazione mafiosa ed estorsioni.