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Un ossimoro quasi inavvertito dai visitatori che leggono e ascoltano messaggi di pace tra le mura militari della fortificazione militare messinese di fine ‘800 di Forte Cavalli – dal nome dell’inventore del proiettile ogivale, Giovanni Cavalli -, mimetizzata sulla collina, appositamente spianata con le mine, che sovrasta la frazione di Larderia e punta sullo stretto, assieme alle altre 10 fortezze, protette dalle 4 dell’entroterra.

La struttura militare molto ben tenuta, data in concessione alla omonima organizzazione di volontariato, presieduta da Giuseppe Galletta, che ha realizzato l’annesso museo, accoglie i visitatori, la seconda domenica di ogni mese, con guide che raccontano del forte e degli eventi storici che lo hanno visto protagonista, e fatti correlati, come quando narrano del confino lì di Giacomo Matteotti, durante la Grande Guerra, lontano dal fronte del Nord, perché reo di ‘disfattismo’, cioè di propaganda pacifista.

Come ha fatto oggi, l’assessore messinese alla cultura e al turismo, Enzo Caruso, guidando il gruppo di visitatori tra i cunicoli sotterranei del forte, che poi spuntano all’esterno, dirimpetto alle ampie rampe utilizzate per issare i cannoni fino agli spalti che dominano lo Stretto.

Una lettera inviata dal fronte, leggibile sul muro di un locale del museo, contiene il disperato messaggio segreto sul vissuto dei soldati della Grande Guerra, spesso sottoposti alle violenze, quando non proprio ad esecuzioni capitali, degli stessi superiori, frequentemente non all’altezza della situazione, come racconta lucidamente nelle sue cronache dal fronte Giuseppe Prezzolini: “Qui, caro papà – dice la lettera -, i nostri soldati muoiono come le mosche. D’una compagnia di trecento, ritornati dai Carpazi, dove erano stati inviati per i lavori, ne tornarono ottanta, morti di fame e dalle malattie, e dalle bastonate…..I soldati stessi di ritorno dai lavori in Ungheria e sui Carpazi raccontano che un giorno dovettero intromettersi i germanici a far cessare un macello”.

Il fronte utilizzato sia nella Grande Guerra, contro i sommergibili tedeschi, sia nella Seconda, come ‘sentinella’ dello Stretto, raccoglie ne suo museo numerosi reperti di bombe inesplose, soprattutto lanciate, dopo l’8 settembre del ’43, dagli aerei alleati sul messinese.

Sono stati contati centinaia di bombardamenti sul capoluogo, mappati dall’appassionato Alpino artificiere Corrado Loiacono, che hanno ridotto Messina in una ‘città fantasma’, come hanno spiegato Caruso e lo stesso Loiacono, davanti ad una bomba enorme, con 1300 chilogrammi di tritolo, recuperata inesplosa sull’isola di Pantelleria, illustrando che, a volte, il mancato funzionamento degli ordigni derivava dall’opera di sabotaggio degli italo-americani, impiegati nelle fabbriche statunitensi di armamenti.

Morire per mano dei propri superiori, o di quelli che dovrebbero essere soldati alleati, oltre che per un proiettile o un ordigno del nemico, troppe volte da civili, ha fatto dire a Ernesto Olivero “Ho visto la guerra per questo amo la pace”, come si legge addentrandosi in uno dei locali della fortezza, comprendendo l’approccio che anima i volontari del Forte Cavalli e l’assessore Caruso nei confronti dei conflitti.

Notizie ed informazioni su www.fortecavalli.it e sull’omonimo profilo Facebook.

(foto di Raffaele Monteleone)