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Non cantano l’inno in segno di protesta contro il regime del loro Paese, nella partita di esordio ai Mondiali del Qatar, contro l’Inghilterra, portando alla ribalta le gravi violazioni dei diritti civili che, da troppo tempo, subisce la loro gente; e soprattutto le loro donne.

La gravissima situazione sociale dell’Iran non può essere più tollerata: è recente la notizia della morte in carcere di Mahsa Amini, la ragazza di 22 anni che era stata arrestata dalla polizia per aver violato il rigido codice di abbigliamento islamico: indossava il velo in maniera non corretta; e per questo meritava di essere giustiziata.

Il giorno dei suoi funerali, il 17 settembre, è partita una lunga protesta, che col passare delle settimane si è allargata tra la popolazione, soprattutto femminile, suscitando una dura repressione del regime con tante vittime, alla quale non sono sfuggiti altri calciatori iraniani dissidenti, che sono stati imprigionati.

Chissà se quest’ultima coraggiosa ribellione, vista l’enorme eco prodotta dall’importante evento sportivo in cui è stata volutamente inserita, non possa avere l’effetto di far sì che il mondo, a cominciare da quello sportivo, solidarizzi con la ‘resistenza’ persiana, alla stregua di ciò che sta avvenendo per quella dell’Ucraina?

In ogni modo, la coppa del mondo “morale”, in contrasto agli abusi e alle violenze perpetrati in nome di un fanatismo “morale”, se l’è già aggiudicata la squadra dell’Iran.

(foto web)

Luigi Politi