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Il mitico Paolo Rossi ci ha lasciati, siamo tristi e attoniti per una morte che nessuno si aspettava in modo così repentino. Pablito, ancora una volta, ha sorpreso tutti, come quando sbucava improvvisamente fra maglie di una difesa e prima che la stessa se ne rendesse conto, già il portiere era lì a raccogliere il pallone finito in rete.

In queste ore le cronache di mezzo mondo, anzi no, di tutto il mondo, parlano di colui che è il simbolo calcistico del nostro Paese in tutto il pianeta, quel calciatore italiano che con la maglia azzurra ha fatto la storia regalando il tetto del mondo alla Nazionale a distanza di ben 44 anni.

Per la mia generazione quel Mondiale di Spagna del 1982 rimane impresso nella memoria come qualcosa di meraviglioso e vero, fu una vittoria del ‘Davide Italia’ contro i tanti Golia, su tutti il Brasile e la Germania. Gol a raffica e quel cognome urlato dall’indimenticabile Nando Martellini (ahh i telecronisti di allora, che stile, che cuore…) è il più anonimo e diffuso cognome italiano, Rossi. Da quel giorno, da quel Mondiale, PaoloRossi, diventò simbolo di una impresa titanica.

Con tutto il rispetto nei confronti della successiva e più recente vittoria di un Mondiale per gli azzurri, nel 1982 c’era Pertini Presidente della Repubblica, c’era Bearzot “il Ct con la pipa”. C’era un Paese intero che veniva fuori dagli anni di piombo e che piombò nel cuore delle magie di Paolo Rossi, che con maestria ed opportunismo sorprese fior di difese.

Ed oggi proprio il Brasile rende onore all’avversario con grande rispetto. Ciò fa venire i brividi come commuove la tristezza di un popolo intero, al di là delle maglie, al di là delle singole squadre, Paolo Rossi è il Campione di tutti, e tutti lo piangono per questa immatura scomparsa.

Come le cose belle, che durano poco, Pablito ha giocato a calcio per dieci anni, francamente pochino, ed ha vissuto per 64 anni, pochi per una persona meravigliosa oltre che per un mito del calcio. Si era riscoperto commentatore sportivo, si dedicò alla moglie ed ai figli nella quiete della campagna toscana. Era umile Paolo Rossi, lui parlava allo stesso modo con un Capo di Stato e con il fruttivendolo sotto casa. Oggi ci lascia un grande vuoto, la sua gente lo sta salutando nello stadio che lo vide nascere mentre domani, sempre nella ‘sua’ Vicenza, l’ultimo saluto.

Ciao Pablito, Orgoglio d’Italia, ci mancherà quel tuo timido sorriso che è la rappresentazione plastica dell’umiltà dei grandi.

RIPOSA IN PACE.