Condividi:

Nessun processo per diffamazione a carico di Angela Aspa, Santa Squaddara, Cristina Del Vecchio e Giuseppe Amalfa, tutti associati o simpatizzanti dell’associazione “Randagioioso” da anni presente nel comune termense. Così ha definitivamente stabilito il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Barcellona, Giovanni De Marco, davanti al quale si era rivolto un animalista, per opporsi alla richiesta di archiviazione proposta dal pm.

La vicenda aveva avuto inizio nel novembre del 2019 quando, a seguito del ritrovamento di alcuni cuccioli di cane randagi, gli stessi venivano affidati alle cure del volontario e provvisoriamente collocati in una fabbrica di vernici di Terme Vigliatore, in attesa del successivo affido. La pubblicazione di un post, corredato da alcune foto dei cuccioli, sul social network Facebook (finalizzato a reperire persone interessate ad “adottare” gli animali) aveva scatenato le ire di altri volontari, che avevano aspramente criticato, a suon di post e commenti, l’idoneità del sito e, più in generale, le modalità di gestione dell’emergenza da parte dei responsabili. Critiche troppo pesanti, ingiuste e lesive del suo decoro e prestigio, secondo il volontario. Il quale, informato da altri utenti del social dei durissimi commenti a lui rivolti, aveva deciso di sporgere querela per diffamazione contro gli autori dei post incriminati, affidandosi all’avvocato Attilio Meo.

A seguito delle prime indagini, però, la Procura di Barcellona aveva richiesto l’archiviazione alla quale lo stesso, in un primo momento con esito favorevole, aveva proposto opposizione. Il giudice aveva infatti rilevato la necessità, per ragioni procedurali, di iscrivere i nomi dei presunti responsabili. Ma la Procura ha poi richiesto nuovamente l’archiviazione, alla quale il volontario si era opposto.

Da qui, l’udienza davanti al Gip De Marco, in cui i volontari indagati La Malfa, Aspa, Del Vecchio e Squaddara – assistiti dagli avvocati Filippo Barbera e Gaetana Cipolla – hanno avuto la meglio, ottenendo l’archiviazione definitiva del procedimento. Il giudice infatti, accogliendo le tesi difensive, ha ritenuto che nei post pubblicati dagli indagati “non si rilevano espressioni esorbitanti il legittimo diritto di critica”. Non solo: secondo il giudice, al di là delle “concrete possibilità di individuare l’autore dei post”. il fatto non sarebbe comunque in grado di integrare il reato di diffamazione ma, al più, quello di ingiuria, ormai depenalizzato.