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In una sala assai gremita ed attenta si è svolta, presso l’aula consiliare del Comune della città delle terme e dei vivai, la presentazione del nuovo libro dal titolo “Dialogo, nuova strada di pace”, esattamente la 20esima opera testuale del Senatore Domenico Isgrò Scilipoti, quest’ultimo scritto a ‘quattro mani’ con Bruno Volpi.

Presenti all’incontro il presidente del consiglio comunale Emanuela Ferrara che ha anche aperto la presentazione, il sindaco Domenico Munafò, il vice-presidente del consiglio Giovanni Zanghì, la Prof.ssa Rina Trapani, l’assessore del comune di Furnari Melita Messina e il presidente del Movimento Cinquesei Nino Chiofalo.

Andando ad analizzare il testo “Il Dialogo, strada di Pace”, con gli obiettivi e le riflessioni proposti dal Sen. Scilipoti, che spiega nel dettaglio a margine della presentazione:
“Due sono le cose che mi hanno colpito già prima della lettura del libro : I vocaboli “dialogo” e “pace”, legati insieme da un terzo, strada. Immagino che ciò non sia casuale, in genere il titolo focalizza immediatamente l’attenzione sull’argomento principe, che successivamente induce all’analisi e alla riflessione. Dialogo e Pace sono due termini apparentemente semplici, usati ed abusati in tutte le lingue e in molti ambiti della società, ma al di la della mera dialettica che assumono nei discorsi, non sono seguiti da una reale volontà di trasformarli da parole a fatti; E’ come se vi fosse un’insanabile dicotomia tra significante e significato. Non ho bisogno di sottolineare la verità di questa affermazione. La società, noi, saremmo a questo punto se ciò non fosse? L’illustre monsignore che ha curato la prefazione ha disquisito in modo dotto sul significato profondo di questi termini, per cui non ritengo opportuno soffermarmi oltre, anche perché nella successiva disamina, necessariamente ritorneremo sopra, infatti sono il collante, il motivo conduttore di tutto il libro.
I campi di indagine sono molteplici: Religione, ambiente, lavoro, politica, economia, famiglia, sanità, filosofia, scienza. In ognuno di questi ambiti il “verbum” dialogo, per dare la giusta terminazione latina al termine, assume una valenza propria e determinante, unendo il tutto sotto un comune denominatore. Il primo argomento “forte” su cui i due autori vogliono focalizzare l’attenzione è la Religione. Certamente questo è un argomento che giustifica l’aggettivo forte da me usato, perché è un terreno minato per molti, da una parte considerato ormai desueto, dall’altra pericolosamente evocatore, di scenari devastanti (pensiamo ai vari integralismi). Gli autori , però, hanno mostrato con efficacia ed in modo chiaro come proprio in questo campo bisogna aprire le menti allo scambio dialettico, senza preclusioni di sorta, senza protagonismi né chiusure ideologiche, ovviamente senza neanche “cedimenti strutturali” sui principi di fede non negoziabili. Scambio costruttivo che non escluda ma unisca. Non è facile per niente, la storia lo dimostra pienamente, infatti, a questo proposito mi piace ricordare la figura e l’azione di un grande imperatore, Federico secondo di Svevia e di Sicilia, che nel XIII secolo mostrava come fosse possibile ottenere risultati eccezionali e duraturi senza spargimento di sangue. Fu lui infatti che nel 1229 concluse un trattato con il Sultano per ottenere Gerusalemme e la possibilità per tutti i cristiani di recarsi nei luoghi
santi. Chiaramente era solo un compromesso, i tempi erano diversi, ma Federico, a differenza dei pontefici guerrieri di allora, preferiva il dialogo alla guerra aperta, pagandone le conseguenze. Fu più volte scomunicato. Ma lui conosceva l’avversario e non lo considerava un nemico. Oggi molte cose sono cambiate e come i nostri autori dimostrano, i Pontefici sono aperti all’altro, a partire da papa Montini, oggi santo, da molti poco considerato, ma a mio avviso un grande che forse come teologo solo in papa Ratzingher può avere un rivale. Anche l’azione di papa Francesco è tesa alla ricerca dei punti che ci accomunano con le altre religioni, sia cristiane nelle varie confessioni, sia islamiche. Kiril I patriarca di tutte le Russie (ma recentemente in rotta col patriarcato di Kiev) si incontrato su un terreno comune con il nostro Pontefice( delizioso il racconto del dottor Vespa sulla reliquia di San Nicola di Bari fatta andare in visita a Mosca e San Pietroburgo. Anche il documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune segna una tappa importante nei rapporti con l’islam. Come lucidamente ricordano gli autori bisogna comunque fare i conti con la realtà che anche in questo caso è fatta di numerose sfaccettature; molti infatti vedono ombre più che luci in questo incontro, sia da parte dei cattolici che temono una pericolosa resa del papa, sia nel mondo musulmano, di cui la massima autorità sunnita non rappresenta che una parte, la più moderata del caleidoscopico mondo musulmano. Anche a questo riguardo la risposta è una , sempre la stessa :dialogo. Lo ha specificato papa Benedetto, che come l’autore afferma fu ed è tuttora poco capito. Troppo profondo troppo teologico per un mondo superficiale e ignorante. Cito testualmente” Non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio”.
Questo è un altro aspetto che il nostro libro mette in evidenza: chi ha detto che fede e ragione siano antitetiche? Che la scienza non ha niente a che vedere con Dio? La risposta si può trovare nelle parole di un grande scienziato, Antonino Zichichi, : “Cristo è il simbolo della difesa della vita e della dignità umana” La sua esistenza non ha nessun motivo di conflitto con la scienza, per un motivo molto semplice – credere in Dio è un problema che riguarda la sfera trascendente della nostra esistenza e no può quindi subire limitazione alcuna dalle attività rigorose operanti nella sfera della nostra esistenza_. Cito a questo proposito la frase di S. Giovanni Paolo II, riportate nel testo, che con un’immagine poetica dice: fede e ragione sono due ali che fanno spiccare il volo verso la verità. Quello che porta ai fondamentalismi è proprio il fidelismo radicale l’abbandono all’emozione superstiziosa ,fanatica ed ignorante. Ma il dialogo ha anche altri interlocutori, forse non meno difficili da affrontare:
luteranesimo, ebraismo e tante altre confessioni più o meno radicate nella nostra società. Il problema è sempre lo stesso, soffermarsi più su ciò che divide, invece di approfondire ciò che unisce. Ma non dobbiamo comunque mai dimenticare i principi non negoziabili, quali sono e come difenderli, cito testualmente” Un credente impegnato in politica se vuole ritenersi fedele al suo credo mai e oi mai, a costo di rimetterci del suo e andare contro corrente, potrà appoggiare leggi che urtano la sacralità della vita.” Uno dei due autori, il sen. Scilipoti, e mi riferisco a lui piuttosto che ad entrambi, per conoscenza personale, ha mostrato e mostra di perseguire questa via , rischiando di persona per le proprie idee e convinzioni, nonostante e malgrado le critiche più o meno feroci e le conseguenze che ne ha subito e non solo lui, ma anche tutta la famiglia. Questi principi non negoziabili si applicano anche a tutto il resto della nostra vita sociale, interessano oltre la politica anche la finanza, la natura e l’ambiente, la famiglia, la medicina.
A questo punto voglio tornare all’inizio del mio discorso, quando ho parlato delle varie sfaccettature e della complessità di questo libro. Si presenta piccolo, schematico. Non lasciamoci ingannare. Non è niente di tutto questo. Può sembrare facile leggerlo in fretta, ma dopo una prima lettura si torna indietro a ciascuno degli argomenti che sono troppo profondi per permettersi di affrontarli velocemente. Ogni tematica ci dice qualcosa, ci suggerisce, ci intriga, ci conduce ad un dialogo con il libro e i suoi autori, la nostra mente e la nostra coscienza. Perché il discorso continua, fede scienza, finanza, natura. Ancora i principi non negoziabili. Qualcuno potrebbe chiedersi cosa c’entrino . L’ambiente che ci circonda è quello che ci permette di vivere, la scienza con le sue invenzioni, la finanza con la sua spietata legge di mercato ci pongono di fronte ad una realtà. Le invenzioni sono buone se fatte per noi, diventano cattive se indirizzate contro di noi. Sappiamo tutti come la stessa cosa possa portare la vita o la morte, le scoperte scientifiche che contribuiscono a curare e/o debellare le malattie sono sicuramente un dono di Dio, ma se invece diventano armi di distruzione, allora offendono il Creatore che le ha ispirate. Consentitemi una digressione, che non lo è poi tanto, con un piccolo volo pindarico mi rifaccio alla scoperta di Colombo; alla sua origine poteva esserci la sete della conoscenza, nobilissima, ma l’uomo come la trasformò? In distruzione di un popolo e avidità, brama di ricchezza e potere. Una terra ricca e bella che nella mentalità dei nativi era la grande madre da ringraziare per quello che spontaneamente offriva, da non ferire e risparmiare. Questo mi rimanda al rispetto dell’ambiente. Dicono gli autori” esiste un’altra e importante forma di dialogo:
quella con il creato e la natura”. Perché infatti considerarli muti e statici interlocutori? Consideriamo che quello che Dio ci Ha dato non è nostro, ma per noi. Dobbiamo vivere di e nella natura vivere appunto, non morire: cito dal testo” un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e contro Dio.” Ma oggi la natura è diventata terreno di sfruttamento sotto tutti gli aspetti e a tutti i livelli, così, soprattutto nei paesi del cosiddetto terzo e quarto mondo, si è sovvertita artificiosamente l’economia dei popoli, lasciandoli in balia di carestie, guerre ed epidemie. Che fare allora? Gli autori dicono:” Occorre investire in quelle terre, capitali per imprese e strutture”. Come riportato nel libro, va affermato prima il diritto di non emigrare, perché è fondamentale vivere, poter vivere nella propria terra. Ma come afferma l’autore in Italia gran parte della classe politica e governativa si lascia trasportare dalle emozioni, dalla furia, vede nell’altro il nemico, non l’interlocutore. E qui torniamo ancora una volta al vocabolo dialogo; nei vari salotti televisivi(e uso il termine salotto con tanto di virgolette,,), è una gara continua non ad argomentare logicamente le proprie convinzioni, ma urlare giungendo fino al turpiloquio più volgare, per sopravanzare sull’interlocutore. Forse qualcuno dovrebbe suggerire al moderatore di turno quali sono le regole di uno scambio democratico e civile delle proprie opinioni. Ma ci sono cristiani in politica? Di nome sicuramente, di fatto pochissimi. Pongo la domanda del testo: Che cosa si chiede ai cristiani? La risposta è nel libro.
Per concludere ritorno a ciò che avevo affermato all’inizio, all’altro aspetto della copertina che colpisce: la figura di Abramo il patriarca che le tre grandi religioni monoteiste hanno in comune, è l’immagine iconica della parola dialogo intelligentemente accostate l’una all’altra.
Un’ultima considerazione che dal libro nasce spontanea: perché leggere e perché leggere questo libro. Semplice, leggere per non morire intellettualmente, leggere per aprirci ad altri orizzonti, leggere per conoscere e per capire, leggere per sapere. Ma anche leggere per piacere. Ecco che cosa è anche questo libro. Nella conclusione gli autori pongono il punto sulla sinteticità con cui sono sviluppati gli argomenti, ma secondo me, anche questo è un pregio del libro, perché ti incuriosisce, ti stimola, ti spinge a cercare le risposte. Non si legge un libro una sola volta, mai, è un amico che tu puoi e devi consultare, ritrovare, al quale chiedere spiegazioni e trovarle!”.