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Riceviamo e pubblichiamo integralmente una nota del Prof. Carmelo Aliberti su Nino Famà, originario di Maloto e docente emerito presso la Waterloo-University, Canada.

La narrativa di Nino Famà, con l’esordio di racconti (Don Gaudenzio e
altri racconti) ben ascribili nell’ambito del verismo verghiano, in
cui rappresenta la miseria della società contadina della Sicilia
Nord-Orientale, schiacciata dalla schiavizzante egemonia della nobiltà
agraria, ancora attiva al Sud, anche agli inizi del Secondo
dopoguerra, rappresenta realisticamente la deprimente e umiliante
condizione di lavoro dei contadini, inchiodati a subire privazioni di
ogni genere da parte della potente famiglia dei D’Alcontres di antico
ceppo nobiliare che, a suo compiacimento, provvede tardivamente a
sollecitare presso la compiacente classe politica del territorio, dopo
aver a lungo promesso, a far arrivare, nella piccola comunità
contadina di Toloma, uno svampo di corrente elettrica per illuminare
qualche angolo del paese, che viveva a luce di candela, come la
comunità fontamerese, quella dei “cafoni” descritta da Silone in
Fontamara. In tale subumana condizione di vita, il popolo meridionale
dovette dolorosamente avviarsi verso l’esilio, particolarmente verso
gli stati oltreoceano che promettevano possibilità di lavoro. Ma Nicky,
il protagonista del primo romanzo “La stanza segreta e Stefano,
protagonista del secondo “L’oceano nel pozzo”, originari di Toloma,
vedono infranti i propri giovanili sogni di poter migliorare le
avvilenti esistenze nelle nuove terre, nel divorante sistema della
civiltà del capitalismo, ma si ritroveranno immobilizzati dalla
nevrosi e dall’angoscia immedicabile della alienazione e della
disintegrazione dell’io, a contatto con un universo privo di valori
umanitari, in cui erano cresciuti nella lontana Sicilia.

Lo scontro tra due modelli contrapposti di valori, si risolve in una
disfatta esistenziale dei due protagonisti, a dimostrazione
dell’evoluzione narrativa di Famà che vede i protagonisti dilaniati
dalla malattia società contemporanea del consumismo, che ha ridotto
l’uomo ad animale del consumo e del supercapitalismo industriale e
telematico, che ha inaridito ogni seme degli autentici valori della
vita, cannibalizzando un’intera generazione, senza alcuna possibilità
di ritorno. Famà si pone oltre la crisi di identità pirandelliana o
sveviana e può essere accostabile ai tormenti di Ulisse di Yoice, o a
quelli del giovane Holden di Torsel o a quelli del giovane Ortis,
(mutati mutandis). Perciò, la sua collocazione risulta più
appropriata, tra il Pirandello delle Novelle di accezione verista e la
discesa agli Inferi della strage di ogni ideale del capitalismo più
avanzato.

Nino Famà (1943), docente di Lingua e Letteratura spagnola
nell’Università canadese di Waterloo, è un siciliano di Maloto di
Barcellona P.G, (Messina) emigrato da ragazzino oltreoceano da un
luogo della Sicilia devastato dalla guerra e prima dominato, in
maniera feudale, dalla potente famiglia nobiliare dei D’Alcontres che
aveva relegato i contadini del suo feudo in condizioni Questa ricca e
potente famiglia aveva ridotto in mortificamene schiavitù,
rovesciandola nel ghetto della disperazione e della fame, gettando nel
fango i resti della tavola dei padrini e dei loro ospiti, come
alimenti appena sufficienti per la sopravvivenza, in modo da avere la
certezza della riproduzione delle energie necessarie per poter
affrontare la dura fatica del giorno successivo. Famà esordisce con
“Don Gaudenzio e altre storie” (1996), con racconti di episodi della
plurisecolare vita contadina delle famiglie della terra delle radici,
in cui lo scrittore evidenzia il legame indissolubile esistente tra il
contadino e la terra, simboleggiato nella surreale fusione
dell’uomo-mandorlo in un’unica forma di vita, tanto solida da
travolgere i protagonisti emigrati con l’accecante nostalgia del
ritorno. Il doloroso fenomeno della necessità dell’emigrazione viene
descritto dall’autore nel triplice aspetto: la precaria esistenza,
scandita da disumane fatiche e da ogni forma di sopruso e capriccio
imposte dai feudatari e dai loro eredi che avevano dissolto la loro
immagine di creatura umana, il traumatico impatto dei servi della
terra con il gigante mostruoso della tumultuosa e alienante civiltà
industriale, responsabile del malessere esistenziale, della nevrosi e
dell’alienazione dei poveri che subiscono angosciosamente gli
stravolgimenti della disumanizzazione della società ipercapitalistica.
La lezione di Verga e Garcia Marquez, cioè l’originario contesto
veristico, in cui è nato e cresciuto il giovane Nichy, nella campagna
di Toloma in Sicilia, dopo la perdita dei genitori, costringe il
protagonista del romanzo “La stanza segreta” (2004) di Famà a emigrare
in America, dove è stato preceduto dal nonno Coco molto tempo prima,
per sottrarsi a una vita di fame, di umiliazioni laceranti, di arsura
dal lavoro, dal dolore di non sentirsi creatura umana,
dall’impossibilità di lasciare i suoi eredi in una condizione
esistenziale meno dura. La società americana neocapitalistica e
consumistica lo inghiotte nella sua asfissiante spirale e Nichy, molto
turbato dalla lacerante inquietudine, sopraffatto da un ignoto
malessere, scivola nel tunnel della perdizione, senza capire le cause
del suo abbandono. Il terapeuta, vista l’inefficacia della terapia
farmaceutica, gli consiglia un ritorno breve alla terra delle radici,
che ha tatuato la sua anima, anche leggendo un diario e ascoltando un
nastro registrato dal nonno e lasciatigli in eredità, rivive immagini,
suoni, colori, personaggi e storie della terra d’origine (incisa nel
cuore), abbandonata per realizzare il sogno di redenzione dal perenne
soffrire sulle umili zolle. Il fascino del villaggio incantato lo
seduce ancora fino ad accendere il desiderio del nòstos
nell’inconfessata speranza di riuscire, nell’oasi incantevole di
Toloma, a terapizzare il suo male di vivere o a ritrovare negli studi
universitari risposte lenitive ai suoi sconvolgenti interrogativi
esistenziali, che si moltiplicano nel rimpianto della lontananza, né
gli occasionali rapporti sessuali, né il vero amore per Emily, sua
compagna di studi riesce a stimolare la coscienza di vivere. Il
ricordo di Toloma, separata dal resto del mondo per l’inesistenza di
una strada di collegamento e le due guerre e il fascismo hanno
determinato l’ampliamento del possesso delle terre, con l’assegnazione
di altri latifondi alla nobiltà agraria, come la principessa
d’Alcontres che, sotto le parvenze dell’altruismo, possiede un
carattere forte, con cui costringe i contadini-schiavi ad altre
spietate fatiche per dissodare le nuove terre aride e inospitali, a
cui essi si sottraggono, con l’incremento dell’emigrazione. Le
innumerevoli e affascinanti memorie nel diario del nonno spingono
Nichy a entrare nella stanza segreta del nonno, dove tra tante
reliquie scopre i romanzi “I Malavoglia” di Verga e “ Il Gattopardo”
di Tomasi di Lampedusa, due libri-simbolo dell’epopea contadina, tra
la Sicilia dei vinti di Verga e gli addormentati de Il Gattopardo,
atroce destino dell’ilarotragedia dell’epopea contadina e le
sofferenze interiori del nonno che ricercava il sollievo nella lettura
dei suddetti romanzi, sacralmente custoditi nella stanza segreta.

Avvolto nel turbinio di tanti rifulgenti scaglie di bellezza e di
irresistibile fascino, il giovane si ritrova a Barcellona P.G., ma
nessuno si ricorda di Toloma che non esiste più da trenta anni,
dissanguata dall’emorragia dell’emigrazione. Il dissolvimento delle
radici provoca il coma di Nichy che si ritroverà stordito in una
corsia d’ospedale. La veloce sintesi si è resa indispensabile, per il
dolore, la sofferenza, la tragedia interiore, l’emigrazione alienante,
la malattia inguaribile dello sradicamento e altre conseguenze,
riflettono quanto tragica continua a essere l’inferno della questione
meridionale, sempre ignorata e ora più esplosiva per i nuovi gravi
problemi. Nel romanzo “L’Oceano nel pozzo” (1913), Famà approfondisce
le disavventure degli sradicati, allontanatisi disperatamente dalla
terra delle radici in cerca di una vita migliore. Stefano, il
protagonista, è un giovane con la vocazione di diventare prete, ma, in
seguito ad irrisolti interrogativi scaturiti da intensi turbamenti
interiore, abbandona il seminario, per obbedire al sentimento d’amore
verso una ragazza del luogo che desidera sposare. Purtroppo, il
giovane è poverissimo e non ha alcuna possibilità di trovare un lavoro
nella sua terra, afflitta dalla disoccupazione e dalla fame. Decide di
seguire il flusso migratorio verso l’America, dove spera di poter
trovare occupazione, guadagnare tanto, da tornare in Sicilia,
costruirsi una casa e sposare la donna amata. In America è disposto ad
accettare ogni tipo di lavoro che esercita con notevole impegno e
lealtà, ma lo scarso guadagno lo induce a riflettere per trovare un
lavoro più remunerativo per riuscire a realizzare il suo sogno.
Fortunatamente, la sua dedizione incondizionata al lavoro non sfugge a
nessuno, tanto che un giorno viene invitato a casa di un ricco signore
di origine siciliana, che lo trattò con gentilezza e simpatia, tanto
da affidargli l’incarico di riscuotere, alla fine di ogni mese, il
canone di affitto dei suoi numerosi appartamenti. In realtà. Il suo
datore di lavoro era un “boss mafioso” di notevole potere, che presto
fu incriminato per tanti reati e arrestato. Le accuse si estesero a
Stefano che era stato ingannato, ignorando di svolgere un lavoro da
reato. Condannato al carcere, dove per alcuni anni scontò la pena
inflitta e, all’uscita dall’istituto di pena, venne condotto
all’aeroporto e rimpatriato. Deluso, afflitto, disperato, povero e
umiliato, rientra nella vagina della terra natale, dove, però,
apprende la notizia della scomparsa della sua donna, la quale si è
concessa una pausa di distensione nelle isole Eolie, senza informare
nessuno. La ragazza in vacanza instaura un rapporto sentimentale con
un commerciante palermitano e, nella speranza di cancellare un
doloroso passato, lo segue nel capoluogo siciliano. Il rapporto con
l’uomo si rivela effimero e la donna, avendo appreso da un giornale
locale della ricerca ansiosa dei suoi genitori, rientra a casa, si
riconcilia con Stefano e recupera un po’ di serenità. Lo scrittore
Famà, ripercorre nel romanzo la personale storia di emigrato che ha
scontato sulla sua pelle le disavventure dell’emigrato, raccontata con
penetrante sensibilità e con trasparente radiografia interiore,
mettendo a nudo il lacerante dramma umano dei miserabili meridionali.
Nella nuova recente riedizione de “La Stanza segreta”, uscita sempre
da Pellegrini, con il titolo di “Il sogno di Toloma”, Famà amplia il
ventaglio del disagio interiore del protagonista che vive come
anestetizzato il proprio universo interiore ancora più straziato dagli
orrori famelici di una società disomogeneizzata dalla famelicità
egoistica e assatanata dall’insaziabile avidità di accumulare denaro,
ritenuto e adorato come un dio blasfemo, che ha sgozzato tutti i
membri della categoria dei miti, sfidando anche il Dio giusto dei
cristiani, trasformando con turpi e crudeli azioni in nuova e
redditizia divinità da adorare ed onorare, per goderne la protezione
nel rendimento delle loro ambizioni. Mentre l’umanità folleggia in
processione dietro il nuovo simulacro, il giovane Niky continua a
rotolare nei gironi dell’inferno terrestre, costantemente azzannato
dagli orribili demoni del Male Assoluto, che gli succhiano ogni
molecola vitale e lo riducono ad un relitto abbandonato. I vari
tentativi di evasione dalla prigione dell’angoscia lo respingono
ancora di più nel buio infinito dei lividi giorni e né le diverse
donne che sfilano nel suo scenario interiore di noia, di inutilità e
di vuoto, riescono a tamponare il fiume di disperazione che si espande
nel deserto della sua ormai arida interiorità che gli prosciuga il
respiro. Anche le attente cure degli specialisti e degli psicologi
sortiscono alcun effetto. Egli è rimasto solo dopo la scomparsa del
nonno, tanto adorato, ritorna in frammenti di memoria attiva gli
odori, i colori, il verde paesaggio della sua Toloma, proiettato con
lo sguardo a frugare dentro l’azzurro del mare, in cui si tuffano le
lucciole vibranti di luce delle stelle, ma le sue condizioni di salute
ed economiche mescolate, ad una volontà rasa al suolo, improvvisamente
ricorda il diario segreto del nonno, quotidianamente scritto, a
partire dal suo arrivo in Canada, in cui è racchiusa la storia delle
difficoltà incontrate fin dal suo arrivo nella terra oltreoceano, il
duro lavoro sostenuto con la forza del ricordo nel cuore, così Toloma
risplende attraverso le pagine del diario del nonno. La depressione
incalza nel suo cervello e nei suoi agonizzanti sentimenti, di cui non
si riesce ad individuare la causa reale. Né gli amori occasionali, ne
il forte amore di Emily producono effetti di speranza. Le descrizioni
utopiche di Toloma, villaggio delle origini del nonno, vengono
percepite dal giovane come antidoto al suo malessere quotidiano che
aggregano al tema della nevrosi, quello della crisi d’identità e
quello delle radici. La lettura del diario del nonno s’intreccia con
quella dell’anziano: le vite dei due intrecciano storie di due mondi
che si snodano in tempi diversi, quelli in cui vive Niky sono tempi
più agiati e consolanti che non riescono, tuttavia, a realizzare i
sogni del primo Nicoterra. Il romanzo si dilata in due direzioni: da
una parte la storia della saga della famiglia Nicotera che da cinque
generazioni strisciano per i vicoli ciechi della storia, dall’altra la
galoppante nevrosi e le turbe del giovane che non possono guarire il
malessere di Niky, frutto, invece di una più profonda caoticità
esistenziale della disumana civiltà postmoderna.

Il giovane Niky, originario di Maloto, e figlio della civiltà
contadina, che vive con il nonno in USA,, sentimentalmente agonizzante
e vittima della nevrosi,,sprofonda nella caoticità della disumana
civiltà postmoderna e cerca nel diario ben custodito dal nonno in “UNA
STANZA SEGRETA,e affidato in eredità al nipote, rappresenta il
rapporto segreto di una generazione, bruciata dal male di vivere in un
mondo senza valori,che ricerca nelle proprie radici barcellonesi la
via impossibile di una redenzione e sopravvivenza.