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Il decreto semplificazioni del Governo, che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale dopo l’approvazione da parte del Parlamento, tramite un emendamento, di fatto, ha reso carta straccia le ordinanze di 500 sindaci che si erano opposti all’installazione delle antenne per il 5G.

Forte presa di posizione dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura, che in una nota  a firma del Presidente Nazionale Istituto Nazionale di BioArrchitettura
Anna Carulli, Consigliere delegato Commissione Nazionale “Ambiente e Salute” Marco Caserio, Presidente Commissione Nazionale “Ambiente e Salute”
Silvano U. Tramonte, spiegano:

“Quindi il tema è LA TECNOLOGIA che è cambiata, pura fisica e gli interessi economici che coinvolgono il nostro paese.

Annullando il Principio di Precauzione, adottato dall’Unione Europea
già dal 2005, secondo il quale “Quando le attività umane possono
portare a un danno moralmente inaccettabile che è scientificamente
plausibile ma incerto, si dovranno intraprendere azioni per evitare o
diminuire tale danno”. Dal 2019 il Comitato scientifico sui rischi
sanitari ambientali ed emergenti (SCHEER) della Commissione europea,
affermando come il “5G lasciasse aperta la possibilità di conseguenze
biologiche” ha evidenziato un chiaro segnale agli Stati membri,
soprattutto all’Italia, sui pericoli socio-sanitari derivabili
dall’attivazione ubiquitaria del 5G (che rileva gravissime criticità,
in parte conosciute sui problemi di salute e sicurezza dati)
confermando l’urgente necessità di un intervento normativo nei
riguardi della diffusione di tale nuova tecnologia 5G.

La nostra Commissione Nazionale “Ambiente e Salute” è impegnata da
tempo sul tema e l’Istituto Nazionale di Bioarchitettura ha supportato
diversi Sindaci Italiani negli ultimi mesi e, come abbiamo già
pubblicato con altro articolo, il Professor Silvano U. Tramonte,
presidente della nostra Commissione sopra citata, in

Tramonte: “Il 5G è una tecnologia buona o cattiva?”

definisce, a ragione, l’atto d’imperio un “Colpo di mano del
Governo sul 5G”,supportato dal parere legale dell’avv. Vincenzo
Arancio del Foro di Milano, responsabile dell’Ufficio Legale INBAR.

La norma, di fatto, sostituisce l’articolo 8 della legge numero 36 del
22 Febbraio 2001, e recita quanto segue:

“i comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto
insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare
l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con
riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con
esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla
localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio
base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e,
in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante
provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a
campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di
attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi
dell’articolo”.

Di fatto, i primi cittadini non potranno più bloccare il 5G nelle
città, che è un fatto sociale di gravità assoluta sulla tutela del
cittadino in TUTTA ITALIA.

La scelta è stata adottata dopo che qualche giorno fa in audizione
alla Camera la Commissione governativa aveva nuovamente sottolineato
come la rete di nuova generazione non comporti alcun tipo di rischio
per la salute delle persone, il che non è dimostrabile ed anzi
esisterebbe il concreto rischio che invece lo sia.

Il tema è dunque cosa succede in caso di inerzia dello Stato stesso
riguardo le Ordinanze di 500 Sindaci italiani sul “Divieto di
installazione nel proprio territorio del sistema 5G” esercitando il
dovere sindacale di precauzione e tutela della salute dei cittadini.

Il principio di precauzione viene definito come una strategia di
gestione del rischio nei casi in cui si evidenzino indicazioni di
effetti negativi sull’ambiente o sulla salute degli esseri umani,
degli animali e delle piante, ma i dati disponibili non consentano una
valutazione completa del rischio. L’applicazione di detto principio
richiede dunque la presenza di tre elementi chiave:

1) l’identificazione dei potenziali rischi;

2) una valutazione scientifica, realizzata in modo rigoroso e completo
sulla base di tutti i dati esistenti;

3) la mancanza di una certezza scientifica che permetta di escludere
ragionevolmente la presenza dei rischi identificati. Lo Stato
pertanto, in funzione della propria potestà nonché delle proprie
capacità, deve intervenire con azioni dirette a salvaguardare la
salute umana e a prevenire ogni degrado ambientale in caso di rischio
di danno grave o irreversibile non rilevando appunto l’assenza di una
piena certezza scientifica la quale, di fatto, non deve costituire un
motivo per differire l’adozione di misure adeguate ed effettive per il
raggiungimento dell’obiettivo fissato. Il dovere di tutelare la salute
del resto è un precetto assoluto che deve cioè essere sempre e
comunque osservato in quanto imposto a tutela di un diritto primario,
quello alla salute, sancito in Costituzione (art. 32 Cost.) e gravante
sullo Stato nonché, nel diritto convenzionale internazionale, posto in
capo a chiunque ed in primis gli organi esecutivi pubblici.

Si può pacificamente affermare che un Sindaco che si avveda
dell’inerzia del Ministero della Salute su una certa tematica
sanitaria, debba/possa colmare il vuoto a tutela della salute della
popolazione da lui amministrata sollecitando, dapprima, il doveroso
intervento delle Amministrazioni centrali competenti e,
successivamente, nella perdurante assenza di intervento o in
insufficienza di azione, (ed in ogni caso quando si versi in
un’ipotesi di assoluta urgenza), intervenendo direttamente con
provvedimenti ad hoc per colmare le lacune del legislatore. D’altronde
il Sindaco ha certamente il potere conferitogli dalla legge di
emettere ordinanze di necessità ed urgenza secondo il Testo unico
delle leggi sull’ordinamento degli enti locali; ed anche la
Giurisprudenza è conforme nell’indicare, quale facoltà del Sindaco,
quella di emanare provvedimenti contingibili ed urgenti, pur atipici,
al fine di tutelare la salute dei cittadini: lo affermano le sentenze
del Consiglio di Stato, dei Tribunali amministrativi così come
l’Ordinamento delle autonomie locali, che investe il primo cittadino
di ‘Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale’.
Spetta al Sindaco, nelle sue funzioni di ufficiale di Governo e
massima autorità sanitaria locale, in ossequio sia dell’onere assunto
dalla Repubblica di tutelare la salute dei cittadini come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della collettività (art. 32 della
Cost.), sia del Principio dell’azione ambientale (art. 3-ter del D.Lgs
n. 152/2006) nonché del principio di precauzione sancito dal diritto
comunitario, l’adozione delle migliori tecnologie disponibili ed anche
l’assunzione di ogni misura e cautela volte a ridurre
significativamente e, ove possibile, eliminare l’inquinamento
elettromagnetico ed i rischi per la salute della popolazione prodotti
dalle emissioni al fine di fronteggiare la minaccia di danni gravi ed
irreversibile per i cittadini.

Se l’ordinamento giurisdizionale individua il Comune quale ente
competente in ambito territoriale al rilascio dell’autorizzazione per
l’installazione e la modifica degli impianti per telecomunicazioni e
radiodiffusione, lo stesso attribuisce al Sindaco la responsabilità
penale, civile, amministrativa, di accertarsi nelle competenti sedi,
per le conseguenze di ordine sanitario, che dovessero manifestarsi a
breve, medio e lungo termine nella popolazione residente nel
territorio comunale imponendo a questi, dunque, l’onere di comprendere
la misura del rischio sanitario nelle evidenze scientifiche più
aggiornate e il dovere di prendere provvedimenti a salvaguardia del
territorio e della salute degli amministrati.

Oggi si può certamente affermare che l’Europa è una delle regioni più
avanzate del mondo per quanto riguarda il lancio commerciale dei
servizi 5G, con investimenti miliardari e finanziamenti diretti da
parte dell’Unione stessa.

La Commissione Europea osserva che mentre gli operatori del mercato
sono i principali responsabili della sicurezza del lancio del 5G, gli
Stati membri sono i responsabili della sicurezza nazionale. Spetta
infatti alle grandi imprese telefoniche costruttrici e installatrici
dimostrare, scientificamente, che le emissioni di onde
elettromagnetiche prodotte dalle nuove tecnologie sono innocue nei
confronti dell’uomo e degli altri esseri viventi, mentre sugli Stati
incombe un onere di vigilanza.

Occorre peraltro rilevare che gli effetti di questa nuova tecnologia
sull’ambiente naturale e sulla specie umana non sono ancora stati
chiariti ed una prova univoca manca del tutto; sono dunque oggi in
molti, comprensibilmente, facendo riferimento ad alcuni studi che
evidenziano problemi per la salute, a chiedere ai governi nazionali di
bloccare l’implementazione del 5G finché non si avranno resoconti
scientifici attendibili e a sollecitare maggiori precauzioni nel
dispiegamento del 5G invocando, in particolar modo, l’applicazione del
principio di precauzione.

Si osservi come la tecnologia 5G sfruttando alte frequenze, consente
di elevare la velocità dei segnali, ma nello stesso tempo costringe
gli operatori ad aumentare il numero dei ripetitori. Secondo una
grande parte della comunità scientifica ciò comporterà un incremento
esponenziale del livello di inquinamento da elettrosmog, i cui effetti
sulla salute della popolazione e degli ecosistemi sono, come detto,
non ancora del tutto conosciuti. Al momento, si sta sviluppando
prevalentemente la rete 5G dedicata ai terminali mobili che lavora
sulla banda di frequenze intorno a 3.7 GHz; per quanto riguarda le
bande di frequenza più elevate (27 GHz), dedicate prevalentemente
all’IoT (Internet delle cose), non c’è ancora un effettivo sviluppo di
rete. La banda a 700 MHz, disponibile a partire dal 2022, verrà
dedicata a servizi 5G che dovranno garantire la copertura anche delle
aree in cosiddetto digital divide, cioè in quelle aree più
svantaggiate per la ricezione dei segnali e, conseguentemente, per la
fruizione dei servizi associati alle telecomunicazioni. Gli impianti
alle frequenze di 3.7 GHz, che vengono prevalentemente installati in
questa prima fase di implementazione della tecnologia 5G, e gli
impianti a frequenze di circa 700 MHz, emettono segnali che presentano
frequenze analoghe a quelle già utilizzate da diversi anni nel settore
delle telecomunicazioni. Tali impianti non rappresentano, quindi, una
novità dal punto di vista della tipologia di segnale a cui siamo
esposti. Diverso è il discorso degli impianti nella banda 27 GHz che
sono frequenze a cui la popolazione non è stata esposta storicamente
in quanto impiegate nelle comunicazioni satellitari che non causano
esposizione ambientale.

Tali frequenze comportano l’installazione di nuova infrastruttura
tecnologica di rete ovvero il posizionamento di mini-antenne a
microonde millimetriche che potrebbero essere quantificabili persino
in milioni se considerate posizionate una ogni pochi metri sui
lampioni della luce, nei tombini dei marciapiedi, in cielo coi droni e
in orbita nello spazio col Wi-Fi satellitare; esse sottoporrebbero
dunque la popolazione ad un irradiamento 24 ore al giorno, 7 giorni su
7 con l’implicazione principale di una maggiore energia trasferita ai
mezzi in cui le radiofrequenze vengono assorbite, in particolare i
tessuti umani.

Gli effetti delle radiofrequenze derivanti da una massiccia
installazione di milioni di nuove antenne, mancando qualsiasi studio
preliminare sulla valutazione del rischio sanitario e per
l’ecosistema, sono del tutto inesplorati ma autorevoli fonti
scientifiche non escludono la possibilità di un nefasto rapporto
causa/effetto tra radiofrequenze/patologie tumorali ed in ogni caso
sono stati evidenziati in molti soggetti casi di elettrosensibilità da
elettrosmog”.