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“Il settore florovivaistico siciliano, che questo Distretto Produttivo rappresenta, già fortemente in crisi per le conseguenze delle guerre in Ucraina e in Israele con le recenti evoluzioni con l’Iran, registra ingenti perdite, a cui la crisi idrica darà il colpo di grazia” esordisce così il forte appello del direttore Roberto Sauerborn e il presidente Carmelo Torre del Distretto Produttivo Sicilia: Terre del Florovivaismo, alle istituzioni regionali e nazionali. 

“Ancora una volta, si rende necessario che le aziende con il loro distretto produttivo siciliano, siano presenti nei tavoli di lavoro e/o nella cabina di regia regionale per fare sentire le proprie proposte e rappresentare adeguatamente il proprio disagio e la sofferenza di tutte le imprese siciliane.

Abbiamo più volte, da tempo, chiesto all’Ass. Reg. dell’Agricoltura un incontro per rappresentare il nostro Distretto Produttivo, per altro ufficialmente riconosciuto dalla stessa Regione Siciliana, per affrontare assieme le problematiche del settore e dare suggerimenti per soluzioni reali figlie del lavoro giornaliero dei vivaisti siciliani.

Per attivare strumenti di concertazione utili concretamente e non proposte generaliste e figlie di politiche extra nazionali.

Forse, i nostri suggerimenti se ascoltati per tempo, oggi potrebbero essere stati utili per fronteggiare la crisi e proporre soluzioni sostenibili per tutto il settore e non solo.

Le temperature record della stagione hanno messo in crisi, a causa della siccità , molte aziende siciliane che rappresentiamo con il nostro Distretto.

Un analisi delle organizzazioni di categoria, ci dicono che sono duecentocinquantamila, un terzo del totale (34%), quelle che si trovano oggi costrette a produrre in perdita a causa dei fenomeni estremi ai quali si aggiungono i rincari causati dalla guerra. Di conseguenza, soffrono i campi e i prodotti più amati e consumati sono a rischio. Secondo recenti stime, se l’ attuale

situazione climatica dovesse perdurare ancora a lungo i danni da siccità
potrebbero arrivare a 6 miliardi di euro ‘bruciando’ il 10% del valore della
produzione agricola nazionale. Occorre intervenire nell’ immediato con misure di emergenza per salvare i raccolti e il futuro di aziende e stalle in grave difficoltà, la devastante siccità che stiamo affrontando ha evidenziato ancora una volta che l’ Italia ha bisogno di nuovi invasi per raccogliere l’ acqua a servizio dei cittadini e delle attività economiche, come quella agricola che, in presenza di acqua, potrebbe moltiplicare la capacità produttiva in un momento in cui a causa degli effetti della guerra in Ucraina abbiamo bisogno di tutto il nostro potenziale per garantire cibo ai cittadini e ridurre la dipendenza dall’ estero’.

La costa jonica siciliana (e non va meglio per quella tirrenica) a tratti raggiunge picchi di cascole che superano il 60%. Circa il 30% in meno delle rese di grano, costi per le irrigazioni di soccorso triplicati e la solita ormai infinita questione consorzi di bonifica fotografano la drammaticità della Sicilia. Anche quest’ anno i problemi per gli agricoltori riguardano principalmente le strutture che portano l’ acqua in campagna. Nell’ area interna dell’ isola, tutti i prodotti stanno soffrendo un pesante stress idrico dai vigneti ai frutteti così come gli ortaggi.

Nella storia italiana i fiori e le piante hanno sempre rivestito un ruolo che non trova eguali in altri Paesi. Il valore della produzione delle aziende florovivaistiche italiane rappresenta oltre il 5 per cento della produzione agricola totale e deriva, per il 50 per cento, dai comparti fiori e piante in vaso mentre, per il restante 50 per cento, da piante, alberi e arbusti destinati al vivaismo. È un comparto che conta complessivamente 27.000 aziende, con l’impiego di oltre 100.000 addetti, 30.000 ettari di terreno coltivato e un export di oltre 900 milioni di euro per i prodotti ortoflorovivaistici italiani.

Il comparto del florovivaismo è estremamente articolato e, all’interno del sistema agricolo, si distingue per la complessità biologica, tecnica, commerciale e organizzativa. Al suo interno abbiamo macro-comparti che vanno dalla floricoltura cosiddetta intensiva o industriale, che comprende fiori freschi recisi, fiori secchi e piante in vaso da interno alla produzione degli organi di propagazione sessuale, semi o vegetativi, quali bulbi e tuberi, al vivaismo ornamentale, con le piante da interno e da esterno in vaso o in terra, al vivaismo non ornamentale con le piante da semi per la ricomposizione ambientale, le piante in terra da bosco e le piantine ortive e officinali, fino ad arrivare all’hobbistica e all’agroindustria. Ciascuno di questi comparti presenta un elevatissimo numero di specie, varietà e cultivar, nell’ordine di diverse migliaia, che si rinnovano con estrema rapidità e continuità.

In più, il settore comprende attività di tipo sia agricolo sia industriale che vanno dai moltiplicatori di materiali di produzione alle industrie che producono i fattori di produzione intermedi, quali vasi, terricci, fattori e prodotti chimici, e a quelle che producono serre, impiantistica e macchinari di vario genere, fino ai grossisti, alle industrie dei materiali di confezionamento e alla distribuzione al dettaglio, con gli ambulanti, i chioschi, i fioristi, i centri di giardinaggio e i garden center, i centri del fai da te ed i GDO e DO, cioè la grande distribuzione organizzata e la distribuzione organizzata.

Nel nostro comprensorio regionale, il florovivaismo costituisce uno dei settori trainanti dell’agricoltura e un elemento identificativo di alcune realtà territoriali.

La partita della sostenibilità in ambito florovivaistico si gioca su diversi campi attraverso un delicato equilibrio di azioni che riescano a preservare le risorse naturali, ma anche di mantenere solido il valore economico.

L’esigenza di sostenere e rafforzare il settore florovivaistico italiano e quello siciliano in particolare deve rappresentare per il Governo una priorità assoluta nel breve, medio e lungo periodo.

Ma, se non veniamo ascoltati ci chiediamo come possa essere possibile che ciò si avveri. E quello di trovare soluzioni per la crisi idrica deve essere solo il punto di partenza per poi intervenire su tante piccole e grandi criticità che interessano il comparto, per far sì che ritorni ad essere un settore di riferimento importante.

L’Italia, infatti, non può competere sul fronte dei prezzi con i Paesi i cui costi sono nettamente inferiori a quelli europei, del minimo costo della manodopera, delle minori garanzie di qualità del prodotto e di salvaguardia dell’ambiente, ma deve necessariamente puntare sulla superiorità qualitativa complessiva del prodotto, che sia in grado di giustificarne, agli occhi del consumatore, un prezzo finale più elevato”.