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Nella mattinata di mercoledì 20 aprile, nell’aula magna della Scuola Secondaria di Primo Grado G. Verga, gli studenti delle classi terze dell’I. C. Capuana hanno incontrato Joy, migrante nigeriana ospite del Centro di Accoglienza Sai Siproimi di Rodì Milici, insieme al marito e al figlio ed hanno avuto modo di intervistarla.

Dopo i saluti e una breve introduzione, l’assistente sociale e l’interprete di lingua inglese, rispettivamente la dott.ssa Nancy Marchetta e la dott.ssa Concetta Catalfamo, hanno preso la parola spiegando a grandi linee il fenomeno migratorio le cui origini temporali sono molto antiche, infatti risalgono all’epoca preistorica. La storia dell’uomo è segnata da ondate migratorie che si possono classificare secondo alcune diverse tipologie: migrazioni di conquista di nuovi territori (es. le invasioni barbariche); migrazioni come rifugio (es. le diaspore degli ebrei); migrazioni economiche (es. nel XIX sec. i contadini che abbandonano le campagne per lavorare nelle città industrializzate); migrazioni per ricongiungimento familiare (es. dopo la crisi petrolifera del 1973, molti Paesi europei bloccarono l’immigrazione per lavoro, permettendo però il ricongiungimento familiare).
Ai giorni nostri i migranti, che siano stati costretti a lasciare il loro Paese o abbiano scelto volontariamente di partire, aspirano tutti alla stessa cosa: migliorare le proprie condizioni di vita. Molti abbandonano un Paese povero, segnato da mancanza di lavoro e carestie, alla ricerca di una vita più facile. Altri fuggono da guerre od oppressioni di cui sono vittime a causa della loro etnia, della loro religione o delle loro idee. La maggior parte dei migranti entra nel Paese di accoglienza con i documenti in regola. Arriva in aereo, in autobus, in treno o in nave. Per chi non riesce a ottenere un regolare permesso, invece, la strada diventa oggi molto difficile. La chiusura delle frontiere dei Paesi occidentali ha privato i profughi del diritto di asilo che è garantito loro dalle leggi internazionali.  Si è formata così un’organizzazione di “passatori” senza scrupoli (coloro che aiutano a passare il confine illegalmente in cambio di una grossa somma di denaro), che spesso trasportano i migranti in condizioni di pericolo, su barconi sovraffollati e inadatti alla navigazione. Uomini e donne si imbarcano nella speranza, non nella convinzione, di trovare un posto dove vivere meglio e dignitosamente.
Le migrazioni interessano in modo diretto il nostro Paese. L’Italia è infatti diventata, negli ultimi anni, terra di approdo per molti migranti, quelli che migrano in cerca di una vita migliore e coloro che invece sono costretti a fuggire per proteggere la propria vita. I primi saranno (semplicemente) “migranti”, persone che lo Stato potrà discrezionalmente respingere o allontanare dal territorio; mentre i secondi, a cui l’ordinamento italiano garantisce il diritto di accoglienza sul territorio, potranno ambire ad ottenere lo status di rifugiati o di titolari di protezione sussidiaria.  Il governo italiano ha creato gli Hotspot a Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto, che sono centri governativi di emergenza situati in aree più soggette a sbarchi, dove i migranti ricevono le prime cure mediche, pre-identificazione e fotosegnalamento, nonché informazioni sulle procedure di richiesta d’asilo. I migranti che fanno domanda di asilo, vengono trasferiti nei Centri di prima accoglienza dove vengono accolti e assistiti con servizi di vitto, alloggio e iniziano l’iter legale per l’ottenimento di alcuni documenti. La seconda fase si svolge, invece, nei Centri di seconda accoglienza (Sai, ex Sprar), gestiti da una rete di enti locali no profit che coinvolgono anche l’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci). Qui, si punta al raggiungimento dell’autonomia delle persone accolte attraverso un percorso emancipante che restituisce dignità e favorisce il raggiungimento di una posizione da protagonisti nella propria vita. Il periodo di permanenza nel Centro di accoglienza Sai offre, a tale scopo, una adeguata formazione linguistica attraverso l’erogazione di almeno 15 ore settimanali di corsi di lingua italiana, le informazioni, l’assistenza e l’accompagnamento ai servizi del territorio per quanto riguarda l’orientamento lavorativo, abitativo e ai servizi pubblici essenziali, oltre che la conoscenza dei diritti e dei doveri fondamentali sanciti dalla Costituzione.

Dopo la presentazione del fenomeno migratorio, gli studenti hanno ascoltato la testimonianza di Joy, una donna nigeriana che, insieme al marito, è fuggita dal proprio Paese, in quanto ha rifiutato un matrimonio forzato con un uomo molto più grande di lei. Inoltre, lei e il marito sono stati perseguitati dalle rispettive famiglie musulmane per motivi religiosi, dopo che entrambi hanno deciso di convertirsi al cattolicesimo. Dopo aver superato grandi difficoltà, ma non riuscendo a trovare la stabilità e la pace che tanto desideravano, Joy e il marito erano stanchi di essere sempre in fuga, perciò hanno deciso insieme di lasciare la Nigeria. Hanno iniziato una nuova vita in Libia, dove sono rimasti per un periodo abbastanza lungo e dove il marito aveva trovato una buona opportunità di lavoro. Ma la situazione politica instabile li ha costretti ad allontanarsi di nuovo. Dopo un lungo viaggio per mare sono stati messi in salvo dalla Guardia Costiera Italiana che li ha scortati fino a Lampedusa. In Sicilia hanno iniziato il percorso di accoglienza presso lo SPRAR di Capo d’Orlando dove sono rimasti per circa 8 mesi. Ma Joy era incinta e viveva insieme al marito ed al figlio in una stanza molto piccola. Si sentivano abbandonati e non assistiti in maniera adeguata. Hanno deciso, quindi, di abbandonare la Sicilia e si sono trasferiti in Germania dove hanno vissuto per circa quattro anni e dove sono nati gli altri due bambini della coppia. Tutti si stavano adeguatamente integrando, andando a scuola e lavorando ma purtroppo, in virtù delle condizioni del Trattato di Dublino, hanno dovuto far ritorno in Italia che era stato il primo Paese a cui avevano richiesto protezione. In base al Regolamento di Dublino, un trattato che si occupa del tema dell’asilo, il primo Stato in cui il migrante approda deve far fronte al sistema d’accoglienza e alla richiesta d’asilo, impedendo così allo straniero di poter far domanda di protezione internazionale in più Stati dell’Unione europea. Lasciare la Germania è stato un duro colpo per tutta la famiglia, ma non è stato possibile poter annullare o cambiare la decisione del governo tedesco.

Da settembre 2021 sono residenti a Rodì Milici dove tutto l’iter burocratico per l’ottenimento dei documenti è ripartito dall’inizio. I bambini più grandi vanno a scuola, i genitori frequentano il corso di lingua italiana e il CPIA e prendono parte attiva a tutte le attività proposte dall’equipé multidisciplinare. Sono stati ascoltati dalla Commissione Territoriale e sono in attesa di sapere che tipo di protezione gli verrà riconosciuta. Joy ha intrapreso un percorso di sostegno psicologico per superare i traumi causati dalle violenze subite.

La storia di Joy e della sua famiglia è a lieto fine: lei e il marito non solo sono sopravvissuti all’insidioso viaggio di traversata del deserto e del mare, ma hanno combattuto contro l’incertezza, le ristrettezze economiche, le discriminazioni. Loro hanno abbandonato la loro casa, senza avere la minima colpa. Il coraggio, la forza e la capacità di resistenza con cui hanno affrontato l’incertezza di un futuro migliore ci riportano la speranza in una vita migliore, non solo per loro ma per tutti noi.

Ringraziamenti:
Ringraziamo la dirigente scolastica, dott.ssa Carmela Pino, che ha accolto e sostenuto con entusiasmo la proposta; la professoressa di lettere Laura Lemmo Gallo, che ha organizzato l’incontro con la preziosa collaborazione della prof.ssa  Francesca Abbriano e del prof. Giuseppe Zanghì.
Siamo grati al Centro di Accoglienza SAI SIPROIMI di Rodì Milici per la professionalità, la disponibilità e la pazienza dimostrate anche in altre occasioni di collaborazione.
Siamo estremamente grati a Joy per aver condiviso la sua storia e per aver rappresentato per noi un esempio di grande coraggio e resilienza.

Articolo di Emanuele Catalfamo
Classe III B
Scuola Secondaria di Primo Grado G. Verga